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«Se la Lombardia avesse voluto, avrebbe potuto fare di Alzano e Nembro zona rossa». Il premier Giuseppe Conte lancia un vero e proprio missile contro il governatore Attilio Fontana. Lo fa armando la penna per scrivere una lettera indirizzata al quotidiano online Tpi.it, che da giorni ha puntato la lente sulla spinosa questione, aperta in precedenza anche da Avvenire, attraverso la denuncia di alcuni operatori sanitari sull’anomala situazione creatasi nell’ospedale della bassa Val Seriana dopo il primo caso di Covid–19.
«Non vi è argomento da parte della Regione Lombardia – ha sottolineato Conte – per muovere contestazioni al governo nazionale o ad altre autorità locali. Se la Regione Lombardia ritiene che la creazione di nuove zone rosse andasse disposta prima, con riguardo all’intero territorio regionale o a singoli comuni, avrebbe potuto tranquillamente creare “zone rosse”, in piena autonomia».
Come del resto, rincara Conte, hanno fatto «altre Regioni come il Lazio, la Basilicata e la Calabria», disponendo zone off limits «limitatamente a specifici comuni » attraverso un’ordinanza che, secondo la legge 833 del 1978 (art. 32), spetta non solo ai governatori ma addirittura agli stessi sindaci quando si tratta di prendere decisioni “contingibili e urgenti” in materia di igiene e sanità pubblica. Un testo richiamato, non a caso, nell’ordinanza emessa da Stefano Bonaccini per recintare Medicina.
Fontana non ha gradito, rispedendo le critiche al mittente dai microfoni del Tg4: «Al di là del fatto che, ammesso che ci sia una colpa, la colpa eventualmente è di entrambi, io non ritengo che ci siano delle colpe in questa situazione. Forse – ha ammesso Fontana – su Alzano si sarebbe potuto fare qualcosa di più rigoroso ma dopo che era stata istituita una zona rossa» in tutta la Lombardia «noi non avevamo neanche da un punto di vista giuridico modo di intervenire ».
La Lega infatti ritiene che il potere di ordinanza sia stato sospeso dalla proclamazione dello stato d’emergenza del 31 gennaio. Ma Conte, giurista come Fontana, non la pensa così. Per questo ha avallato senza problemi le ordinanze regionali più restrittive. E lo ha ribadito anche durante la conferenza stampa di ieri sera. «Nessuno ha mai impedito a Fontana di adottare misure più restrittive». Poi ha spiegato perché, nonostante le insistenze del comitato tecnico scientifico, non sia stato il governo a prendere la decisione su Alzano e Nembro: «Il 6 marzo la situazione dei contagi si era già aggravata, rendendo necessario chiudere l’intera Lombardia». Dopo aver precisato di non voler fare polemiche, ha spiegato che comunque «ci sarà il tempo per giudicare quanto è stato fatto, io per primo non mi sottrarrò ». Se Fontana ha reagito in modo tutto sommato morbido, l’ala dura della Lega non è però andata per il sottile. «Adesso basta – ha tuonato Roberto Calderoli –, ognuno si assuma la sua responsabilità. Anche sulla mancata decisione di fare la zona rossa ad Alzano e Nembro, una chiusura che probabilmente avrebbe salvato centinaia di vite nella bergamasca, una chiusura di competenza esclusiva statale. Adesso basta, il governo e il premier Conte, che avevano la responsabilità di decidere, non giochino a scaricabarile sulla Regione Lombardia».
Se sul fronte politico è bufera, su quello sanitario si comincia a vedere un po’ di sereno. L’ondata del Covid–19 a Bergamo sembra infatti finalmente abbassarsi: ieri si sono contati 103 nuovi positivi, ma la curva è in calo costante. Le notizie migliori arrivano proprio da Nembro dove, in base ai dati della Regione, da cinque giorni non si registrano nuovi contagi. Nel paese epicentro dell’epidemia, dal 27 marzo si sono contati solo 3 nuovi positivi, per un totale di 207 casi ufficiali attuali. Anche nei pronto soccorso bergamaschi la pressione si è allentata: al Papa Giovanni XXIII nel pomeriggio c’erano solo due codici rossi, contro una media di 10–15 di alcuni giorni fa. E ieri sera è entrato in funzione l’ospedale da campo allestito dagli alpini in Fiera. Alle 19.27 sono arrivati i primi pazienti non gravi, subito presi in carico dai medici militari russi. Il presidio, dotato di 142 letti, andrà a regime gradualmente.