Una scena de "La seconda via" di Alessandro Garilli
«La ritirata di Russia ha un’ampia letteratura, ma non è mai stata raccontata in un film. Mancava, a mio avviso, un’iconografia filmica di quella tragedia perché, in un’epoca dominata dai media visivi, non possedere un’immagine equivale a cancellare un ricordo». Così il regista Alessandro Garilli ha presentato questa mattina alla Sala Koch in Senato il film da lui scritto e diretto La seconda via, sua opera prima, in occasione dell’ottantesimo della ritirata di Russia e della prima Giornata nazionale della memoria e del sacrificio alpino.
«La memoria che questo film vuole rievocare ci appartiene. Abbiamo sempre avuto nel cuore il sacrificio di quei militari italiani, che tra l'altro consentirono anche la ritirata di quanti poterono ritornare a casa - ha detto il presidente del Senato, Ignazio La Russa - Il numero di coloro che rimasero per sempre in quella tragedia su altissimo. Il loro sacrificio deve rimanere a imperituro ricordo». Sono poi sono intervenuti i produttori Mariella Li Sacchi per Quality film, Claudio Zamarion per Angelika Vision che produce con Rs Production e Paolo Del Brocco di Rai Cinema. Oltre a Federico Di Marzo vicepresidente vicario dell’Ana - Associazione nazionale alpini che ha collaborato al film che patrocina insieme anche a Stato maggiore Esercito e Ministero della Difesa e che sarà nelle sale da oggi e presto nelle scuole.
«È stato iniziato in percorso affinché La seconda via sia proiettato nelle scuole medie, inferiori e superiori – aggiunge il regista –. I ragazzi conoscono la guerra del Vietnam tramite i film, ma non sanno quasi nulla della campagna di Russia, costata la vita a centinaia di migliaia di giovani soldati italiani e di alpini. La maggior parte di loro aveva tra i 18 e i 25 anni. Al centro del film c’è la sofferenza di chi ha compiuto questo surreale cammino: più che un film di guerra è un film di uomini nella guerra». La pellicola, che vede la partecipazione straordinaria di Neri Marcoré, è ambientata sul fronte russo nel gennaio 1943. La compagnia 604 si trova costretta ad attraversare la steppa per sfuggire all’accerchiamento nemico. Quando sopraggiunge la notte, però, di tutta la 604 non rimangono che sei alpini più un mulo, che avanzano in silenzio, sotto una neve incessante, mentre la temperatura tocca i trenta sotto zero. L’esasperante cammino, compiuto in quel deserto bianco, spinge gli uomini a perdere la percezione del tempo e li porta a rifugiarsi in una dimensione onirica dove esiste una “seconda via” fatta di sogni, incubi e ricordi.
«La storia è stata scritta di mio pugno, dentro però ci sono tante letture e testimonianze, dai libri di Giulio Bedeschi a quelli di Egisto Corradi e Mario Rigoni Stern, a quelle ascoltate dal mio amico Nelson Cenci, il “tenente Cenci” de Il sergente nella neve », aggiunge Garilli. La steppa russa è stata ricostruita nelle piane abruzzesi vicino Roccaraso e nella Maiella, oltreché in Veneto a Valeggio sul Mincio. Ma il regista conosce bene i luoghi originali: «La gestazione del film è durata 16 anni. Sono stato più volte nei luoghi in cui è avvenuta la ritirata: ho attraversato il territorio del Voronez (in estate caldo torrido a più 48 gradi, in inverno freddo glaciale a meno 36 gradi) e ho soggiornato varie volte in Ucraina. Quando il 24 febbraio 2022 l’esercito russo ha invaso l’Ucraina, esattamente un mese dopo il primo ciak delle riprese, ho sentito una coincidenza molto forte. Quando oggi sento nominare dalla radio e dalla tv città ucraine a pochissimi chilometri dalla rotta percorsa dagli alpini nel ’43, il mio pensiero va alle persone che stanno penando in questo momento e ai reduci. La seconda via è dedicato a chi non ha fatto ritorno, ma ora spero che possa diventare uno strumento capace di aprire vie di pace e fratellanza». © RIPRODUZIONE RISERVATA Presentata in Senato l’opera prima del regista Garilli, dedicata alla tragedia delle penne nere nella steppa gelata. Oggi la guerra è tornata in quelle terre: «Spero che il film apra strade di fratellanza».