La manovra porta tempesta sull’editoria delle idee e non profit. A rischio migliaia di posti di lavoro e il pluralismo.L’articolo 29 del decreto Monti stabilisce che dal primo gennaio verrà emanato un regolamento più rigoroso nell’assegnazione dei contributi. Terminerà in sostanza con la gestione 2013 l’attuale sistema di contribuzione diretta. Dal 2014 partiranno nuovi criteri per l’assegnazione delle risorse. La misura riguarda giornali di partito e di idee, oppure editi da cooperative o piccole testate come quelle diocesane. Per questi la contribuzione diretta «cessa alla data del 31 dicembre 2014». Il governo dall’1 gennaio riformerà il regolamento per l’assegnazione dei fondi, già tagliati dal precedente governo da 180 a 46 milioni, per «conseguire il risanamento della contribuzione pubblica, una più rigorosa selezione dell’accesso alle risorse, nonché risparmi». Il testo spiega che «i risparmi, compatibilmente con le esigenze di pareggio di bilancio, sono destinati alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all’innovazione tecnologica del settore, a contenere l’aumento del costo delle materie prime, a informatizzare la rete distributiva».Molto preoccupato Francesco Zanotti, presidente della Fisc, i settimanali cattolici. Ovvero 189 testate, un milione di copie e quattro milioni di lettori.«Si è parlato di rigore ed equità – sbotta – ma qui l’equità non si vede. Comprendiamo il clima politico, noi stessi chiediamo che l’accesso ai fondi sia selezionato. Le nostre testate, che sono la voce dell’Italia della provincia, hanno pealtro sempre preso le briciole. Ora in pratica accederanno solo coloro che investono, cioè le testate più forti. Non era quello lo spirito della legge sull’editoria, che finora sosteneva le realtà più deboli per riequilibrare un mercato pubblicitario dominato dall’oligopolio dei network. Spiace ritrovare nel decreto solo le posizioni della Fieg, la federazione degli editori, il cui ex presidente è ora sottosegretario all’editoria». C’è poi la questione dei posti di lavoro.«Rischiano di chiudere almeno 70 testate diocesane. E sono a rischio i settimanali più grossi, che hanno alle dipendenze giornalisti, grafici e collaboratori, perché avevano contributi più elevati».Concorde l’analisi di Lelio Grassucci di Mediacoop, che rappresenta l’editoria non profit.«Secondo me i contributi cesseranno già nel 2013 per esigenze di risparmio. Mediacoop ha suggerito l’introduzione di criteri più selettivi, ma a fronte della ricostituzione del Fondo che nasce per consentire a una particolare forma di informazione di esistere in un mercato discriminante. Questo sarà un fondo senza risorse e a tempo, che riforma è? Rischiamo di avere in mezzo alla strada 5000 lavoratori». Spazi di manovra? «Abbiamo pochi giorni per cambiare il testo in Parlamento. La prima emergenza è disporre delle risorse necessarie per il 2012. Al momento coprono solo il 26% di quanto erogato nel 2010. Resta il problema di riformare il settore. Perciò chiediamo di sopprimere il termine del 31 dicembre 2014 e di accelerare il confronto per arrivare alla riforma il prossimo anno».Duro sul decreto anche il segretario della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, Franco Siddi:«Non ci sfugge la necessità di risanare e procedere a una riqualificazione della spesa per creare sviluppo. Apprezzo la norma che vuole incoraggiare l’innovazione, ma senza risorse non c’è processo che si metta in moto. Anche perché, nell’attesa, centinaia di testate giornalistiche risulterebbero morte per asfissia e con essi cancellati migliaia di posti di lavoro. Il governo non può essere inerte, né limitarsi a registrare il disastro». Alternative? «L’esecutivo – risponde Siddi – deve avere coraggio e la saggezza di cancellare i regali sulle frequenze tv facendone pagare il giusto valore in un’asta veramente aperta». Altre proposte? «Una quota di prelievo sugli utili delle fondazioni bancarie da destinare al pluralismo informativo e un’aliquota sulla pubblicità televisiva come minima compensazione della distorsione del mercato». Prossime mosse, un incontro delle parti con il sottosegretario all’editoria e con il ministro per lo Sviluppo.