Si tratta dei big del gioco legale: Atlantis World Giocolegale limited, Snai spa, Sisal spa, Gmatica srl, Cogetech spa, Gamenet spa, Lottomatica Videolot Rete spa, Cirsa Italia srl, H.b.G. Srl e Codere spa. Le contestazioni riguardano, in particolare, il mancato collegamento degli apparecchi alla rete telematica dello Stato, gestita da Sogei. Nella sentenza depositata dalla Corte dei conti il 17 febbraio 2012 e contro cui le compagnie hanno depositato svariati ricorsi, viene spiegato che «alla data del 13 settembre 2004 le società concessionarie avrebbero dovuto collegare almeno il 5% degli apparecchi di gioco», per arrivare gradualmente a coprire l’intero parco degli apparecchi mangiasoldi. «La Procura rileva che – si legge ancora nella sentenza – per le società concessionarie ancora al primo novembre non risultava alcuna macchina collegata alla rete». Una ricostruzione giudicata «corretta» dai giudici contabili che però hanno ritenuto di procedere «ad una diversa quantificazione del danno e dei singoli addebiti, anche a causa delle omissioni nelle attività di controllo contestate a due dirigenti dei Monopoli di Stato».La connessione telematica ha il compito di rilevare il reale giro d’affari di ogni singola slot-machine in modo da determinare la correttezza del montepremi e il gettito erariale. L’esorbitante ammontare delle penali viene ricavato dalla convenzione di concessione stipulata nel 2004, che prevedeva (prima di una modifica nel 2008) una penale di 50 euro per ogni ora di mancato collegamento alla rete. Il numero degli apparecchi muniti di autorizzazione entro settembre del 2006 era raddoppiato e già a gennaio 2007 le macchinette da interrogare erano quasi 270mila. Con oltre 100 miliardi dal 2006 a oggi, le "new slot" rappresentano una fetta di poco superiore al 50% nella golosa torta dei giochi pubblici italiani. La battaglia per non pagare le penali va avanti su più piani: politico e giudiziario, coinvolgendo tanto le aule della cassazione quanto quelle del Parlamento, dove si è tentato di «rivedere retroattivamente» gli accordi di concessione, in modo da mettere al riparo i gestori. Comunque vada a finire questa storia, restano scolpite le parole della Corte dei conti, quando ribadisce che l’indagine della Guardia di Finanza «non ha evidenziato soltanto uno sperpero di risorse pubbliche a causa del pagamento per un servizio pubblico non reso, ovvero reso solo in parte, ma ha messo in luce gravissime illegalità che hanno escluso quasi del tutto l’esercizio del controllo pubblico sul gioco». Il banco, appunto, vince sempre. E lo Stato per anni è stato al gioco.
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