Disomogeneità, ritardi e inspiegabili ingiustizie. Il supporto alle disabilità gravi in Italia viaggia almeno a venti velocità diverse, in base a un labirintico sistema che incrocia leggi statali e disposizioni locali. Non esiste una regione in cui tutto funziona benissimo e una specifica graduatoria cambierebbe in base al tipo di intervento preso in considerazione. Sono virtuose secondo alcuni criteri (ad esempio gli assegni di cura) Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, altre zone presentano numerosi problemi. La Calabria è in affanno, così anche Puglia e Lazio.
Le associazioni cercano di intervenire con sostegni concreti e proponendo modifiche di regolamentazione per rendere un po’ meno travagliata la vita dei pazienti. Ma non sempre vengono ascoltate.
La prima disomogeneita riguarda il fondo per la non autosufficienza, istituito nel 2006. Stanziato a livello centrale, viene ripartito tra le Regioni, che adottano criteri disparati per gestirlo: quasi sempre 'assegni di cura', molto spesso in ritardo, con importi diversi e persino modalità di erogazione differenti.
«Una disparità inaccettabile – spiega Stefania Bastianello, direttore tecnico di Aisla, (Associazione italiana Sclerosi laterale amiotrofica) – che porta a situazioni incredibili. Persone che hanno gli stessi bisogni e problemi e la stessa situazione familiare accedono a misure molto diverse in base a dove abitano. In alcuni casi si procede in continuità per lo stesso paziente, in altri c’è un bando una volta l’anno: ma se è pubblicato a marzo e chiuso ad aprile chi si è aggravato a maggio dovrà aspettare fino all’anno successivo prima di poter chiedere un supporto.
E con malattie molto gravi potrebbe essere troppo tardi». Poi c’è la valutazione dell’invalidità. In alcune regioni richiede tempi biblici e per il riconoscimento di quanto previsto dalla legge 104 può trascorrere molto tempo. Continua Bastianelli: «Per malattie come la Sla non si possono aspettare mesi per essere convocati. Esiste un percorso accelerato per i malati oncologici, con la visita entro 15 giorni. È un modello che funziona e che sarebbe da estendere».
Situazione discontinua anche nel trattamento dei caregiver, i familiari che assistono un congiunto malato o disabile. Il fondo costituito (68 milioni di euro per tre anni) è stato suddiviso tra le Regioni, che hanno deliberato in modo eterogeneo: qualcuno somma l’importo agli assegni di cura, altri forniscono servizi o distribuiscono i soldi a chi non ha sostegni diversi. E ancora non sono previsti contributi figurativi per chi abbandona il lavoro per curare un proprio caro anche in condizioni gravi. «Un’attenta assistenza domestica – osserva il direttore tecnico Aisla – è molto difficile. Il terzo settore dà il suo enorme contributo ma non può sostituirsi allo Stato».
Tra le proposte più significative c’è l’adozione dei 'Pdta' (Percorsi diagnostico - terapeutici - assistenziali) per indirizzare in modo completo i processi relativi a patologie specifiche, partendo dalla fase diagnostica e arrivando al fine vita: in base allo stadio della malattia, si risponde così in modo adeguato ai bisogni della persona. «Stiamo provando a promuoverli in tutte le Regioni – conclude Bastianelli –, chiediamo un tavolo tecnico che contempli tutte le esigenze assistenziali. Finora ci hanno ascoltati in Toscana e Puglia, e gli altri? Le risorse non sono infinite ma conta saperle gestire nel migliore dei modi. Abbiamo dei problemi, sarebbe il momento di intraprendere azioni concrete per risolverli. Non bastano le buone intenzioni».