Draghi e il premier libico Abdulhamid Dbeibah - Ansa / Ufficio stampa Palazzo Chigi
«Rtengo sia un dovere morale, ma anche un interesse della Libia, assicurare il pieno rispetto dei diritti di rifugiati e migranti». È un messaggio esplicito, difficilmente equivocabile, quello che il presidente del Consiglio Mario Draghi affida al premier del governo libico di unità nazionale Abdulhamid Dbeibah, alla prima visita ufficiale in Italia. Un invito al rispetto dei diritti umani, ribadito in serata dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese all’omologo libico, Khaled al-Tajani Mazen, dopo i ripetuti warning dell’Onu sui campi di detenzione libici, in cui oltre migliaia di migranti sopravvivono in condizioni penose.
Visita ricambiata. A due mesi dalla missione di Draghi a Tripoli e a pochi giorni dall’ennesima visita-lampo del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il capo dell’esecutivo libico (con 7 ministri al seguito) ricambia la cortesia, arrivando a Roma con due dossier cruciali: il nodo migranti e la ripartenza economica del Paese. Il primo dossier, per via dell’aumento degli approdi di barconi sulle coste italiane per via della bella stagione, è stato rimesso sul tavolo dei Ventisette proprio da Draghi e sarà al centro del Consiglio europeo del 24-25 giugno. L’Italia, assicura Palazzo Chigi, «intende continuare a finanziare i rimpatri volontari assistiti e le evacuazioni umanitarie dalla Libia. E continuerà a fare la sua parte in termini di risorse e capacità formative, ma serve un’azione dell’Ue determinata e rapida». Il premier annuncia anche l’impegno italiano nella «costruzione di ospedali in Libia e nell’invio di personale sanitario», offrendo disponibilità ad accogliere «decine di bambini malati di cancro». Dal canto suo, dopo un’ora e mezza di faccia a faccia, Dbeibah parla di «ottime relazioni bilaterali» con un «Paese fratello, il miglior partner per la ricostruzione» e chiede di «riattivare tutti i memorandum di intesa, tutti gli accordi e incrementare lo scambio commerciale con l’Italia». Sui migranti, è il suo avvertimento all’Ue, «la responsabilità non è solo libica, maltese o italiana ma comune».
L’asse con Macron. Palazzo Chigi prosegue dunque nel lavoro di "semina" politico-diplomatica, con l’intento di puntellare la stabilizzazione di un Paese fiaccato da 10 anni di conflitto interno, in uno scenario in cui la figura del generale Khalifa Haftar resta ingombrante e dove si muovono ancora mercenari stranieri. «L’Italia sostiene la Libia in questa transizione complessa», afferma Draghi nella nota congiunta, forte della sintonia col presidente francese Emmanuel Macron: dopo Roma, ieri sera Dbeibah è atterrato a Parigi. E l’influenza francese è forte nella regione meridionale del Fezzan, di transito per i flussi migratori, ricca di fonti energetiche e nella quale la Farnesina sta per aprire un consolato onorario, insieme a un desk per le nostre imprese a Tripoli.
Iniziative volute dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, perché «le imprese italiane vogliono essere protagoniste della ricostruzione libica». In mattinata alla Farnesina, Dbeibah ha preso parte a un Business Forum coi rappresentanti di 30 colossi italiani (dall’Eni a Snam, Saipem, Terna, Ansaldo Energia, Fincantieri, Leonardo), interessati alla ricostruzione della Libia, che punta a estrarre, afferma Dbeibah, «3-4 milioni di barili» di greggio al giorno.
E nel tetris geopolitico in corso in Nordafrica, con Russia e Turchia giocatori-ombra, Roma scopre le sue carte: «Sosteniamo l’esigenza di incrementare il contributo dell’Ue» assicura Draghi, parlando dell’opportunità di ampliare la collaborazione in ambito energetico «nel quadro del Memorandum d’intesa in via di finalizzazione» e di favorire «gli investimenti, superando alcune criticità creditizie» per attirare gli imprenditori. Dal governo di Dbeibah, l’Italia si aspetta passi concreti: l’attuazione completa dell’accordo sul cessate il fuoco, a partire dal ritiro di tutte le forze e dei mercenari stranieri e dalla riapertura della strada costiera Sirte-Misurata; la riunificazione delle istituzioni politiche, economiche e di sicurezza; la realizzazione delle necessarie riforme, in vista del voto di fine anno; lo sviluppo del processo di riconciliazione nazionale. Una road map essenziale, insieme al rispetto dei diritti umani, per favorire il consolidamento dei rapporti economici con Roma e con l’Ue.