IL ministro della Difesa Crosetto - ANSA/GIUSEPPE LAMI
Il match sottotraccia fra le forze di governo sulle politiche migratorie potrebbe essere solo al primo round. Alle frizioni fra Lega e Fratelli d’Italia, precedenti all’intesa sulla bozza del decreto legge sui flussi legali e sulla lotta globale ai trafficanti licenziato dal Consiglio dei ministri a Cutro, ieri ha fatto seguito una giornata di armistizio e mezzi sospetti.
Il Carroccio - avendo incassato nel testo del dl le norme sul restringimento della “protezione speciale”, già presente nei decreti sicurezza salviniani del 2018 e poi riallargata da Lamorgese - si è mostrato favorevole a ritirare la sua proposta di legge in Commissione Affari Costituzionali della Camera sulla stretta dei permessi umanitari. Da giorni, la Lega puntava a inserire nel dl alcuni previsioni degli ex decreti sicurezza. E alla fine, nonostante i dubbi e le resistenze delle altre forze politiche, pare esserci riuscita. Nella conferenza stampa finita in baraonda a Cutro, l’immagine del vicepremier Matteo Salvini, visibilmente soddisfatto, ha fatto da contraltare a quella della premier Giorgia Meloni, forse per la prima volta in difficoltà e senza il self control indossato come un abito da quando è entrata a Palazzo Chigi.
E adesso? Nonostante la «compatezza» proclamata proprio da Salvini davanti ai cronisti, le frizioni resistono. La cancellazione dell’articolo 10 della prima bozza del decreto, che coinvolgeva nel meccanismo dei soccorsi in mare le navi della Marina militare, ha lasciato malumori, accentuati dalla quantità di sbarchi in arrivo in queste ore, che necessitano di un’ampia flotta di soccorritori. Il testo era stato stralciato con una doppia versione dei fatti. Il ministro Crosetto ha parlato di «anticipazioni infondate», mentre la premier Giorgia Meloni ha spiegato che la norma è stata presentata e poi ritirata dallo stesso titolare della Difesa. In realtà, il cortocircuito non è tra le loro due. Il testo, redatto sotto la regia del sottosegretario Alfredo Mantovano, era condiviso tra Meloni e Crosetto. L’impegno della Marina e delle navi militari consisteva nella disponibilità degli strumenti di monitoraggio molto avanzati delle navi militari, in modo da rendere più chiare le situazioni di pericolo in mare. Tuttavia, tale disposizione è stata vissuta come un problema, e come una sovrapposizione, da Salvini, che con il suo ministero delle Infrastrutture è responsabile dell’attività della Guardia costiera.
Così, ieri qualcuno ha letto come una frecciata la nota con cui la Difesa comunica l’intervento della nave Sirio nei salvataggi nel canale di Sicilia: «La Guardia costiera in difficoltà nell’area Sar italiana, a sud ovest della Sicilia orientale e a sud ovest del Mar Ionio, durante interventi di propria competenza, ha chiesto supporto alla Marina Militare» si legge. E perciò «è stato disposto l’immediato intervento di Nave Sirio, già presente nell’area per le proprie attività operative, ad integrazione dei mezzi della Guardia costiera attualmente impegnati sulla scena».
Ma fonti interpellate da Avvenire non avallano la lettura: si tratta di una nota asciutta e priva di qualsiasi riferimento politico. Tuttavia, la comunicazione arriva il giorno dopo lo stralcio di una norma che, secondo alcune fonti di Fdi, avrebbe potuto consentire al ministro Crosetto di concorerre, con le navi della Marina, a scongiurare altri naufragi, “soccorrendo”inoltre politicamente la premier e il governo, costretti sulla difensiva dalle critiche rispetto alla gestione della macchina dei soccorsi nel caso Summer Love. Sia come sia, il segnale è chiaro: con sbarchi che procedono a ritmo continuo, e che aumenteranno presumibilmente col bel tempo, l’aiuto delle navi militari è nei fatti, sebbene il Cdm non l’abbia formalizzato nel decreto. Allo stesso tempo, sarebbe un segnale per far vedere con chiarezza, senza “nasconderla”, l’azione dei mezzi di soccorso, togliendo forza alle obiezioni delle opposizioni. E d’altra parte che ci sarà un secondo tempo in maggioranza lo si capisce anche dal fatto che ancora non sono definiti i “flussi” legali del prossimo triennio.
Non è semplice per la premier gestire gli effetti della notte di Steccato di Cutro. L’invito riparatore a Palazzo Chigi non è stato ancora formalizzato ai parenti delle vittime: «Nessuno ci ha detto nulla. Non appena ci daranno l’autorizzazione per rimpatriare le salme, lasceremo l’Italia. E torneremo in Germania o negli altri Paesi da cui veniamo», dice alle agenzie di stampa Alauddin Mohibzad, 23enne afghano che nel naufragio ha perso una zia e tre cuginetti. Anche Habib Hamini, che ha perso la sorella Jomgh e il cognato Mohamed, concorda: «Nessuno ci ha detto nulla. Io dovrei tornare a lavorare in Germania. Vediamo cosa dicono gli altri parenti e poi decideremo».