Il volto più ' nuovo' dei religiosi oggi in Italia è dietro la grata. O comunque in una vita consacrata che privilegia il silenzio della preghiera al movimento dell’azione. Come se l’attrazione per l’intimità solitaria con l’Altissimo – presente, in forma diversa, fin dagli albori del cristianesimo, vedi i Padri del deserto – sia ritornata d’attualità nell’era della globalizzazione. «Le claustrali sono un esercito, 7.650, sparse da nord a sud, in aumento, mentre altre congregazioni si trovano a fare i conti con il calo numerico». La fotografia arriva da un viaggio lungo lo Stivale alla ricerca di «come sono cambiati frati e suore in Italia » , il sottotitolo di Per sempre?, saggio- inchiesta scritto da Fabrizio Mastrofini, giornalista di ' Radio Vaticana' e collaboratore di ' Avvenire', in uscita oggi per le Edizioni Cantagalli ( pp. 120, euro 13,50). Dalla ricerca si evince che le suore oggi in Italia sono circa 90 mila, i religiosi 24.422. Curiosità: questi ultimi sono più impegnati in ambito culturale che non in opere di assistenza: frati, fratelli e consacrati gestiscono 236 istituti scolastici con 73 mila studenti, 95 centri di formazione professionale con 24 mila alunni, 116 centri culturali, 70 librerie, 77 case editrici, 30 emittenti radio televisive e 332 riviste. Meditazione, silenzio, preghiera: che siano questi gli ingredienti che rendono attraenti anche per le ragazze d’oggi un’esistenza clausura? « Il fenomeno clausura è difficilmente calcolabile: alcuni monasteri, come le Trappiste di Vitorchiano, sono molto cresciuti, altri sono morti. La verità è che le giovani vanno là dove avvertono che possono vivere un’autentica vocazione»: Mastrofini raccoglie questa certezza da suor Viviana Ballarin, presidente dell’Usmi, Unione superiore maggiori italiane, che coordina le 627 con- gregazioni femminili. Quale linfa alimenta oggi l’esperienza claustrale? Prova a rispondere Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose: « A differenza delle religiose di vita diaconale e apostolica, non c’è per le monache di clausura una diminuzione degli effettivi, anzi, per le clarisse e le carmelitane – soggette a una clausura più stretta, detta ' papale' – vi è anche in Italia una crescita. Ciò indica che c’è ancora nella chiesa chi vuol vivere il primato di Dio nel nascondimento, nel deserto del chiostro » . Inoltre sembra, che il frastuono della contemporaneità spinga sempre più uomini e donne, anche non credenti, a trovare « ifugio» per qualche tempo – annota Mastrofini – nello spazio di un convento: « Esistono esperienze riuscite, innovative, risposte creative ai nuovi bisogni che emergono dal tessuto e dalle pieghe della società. E basate non su un generico impegno sociale e assistenziale quanto piuttosto su una profonda religiosità alimentata da una costante ricerca spirituale. Da nord a sud, abbiamo grandi conventi oggi forse un poco anacronistici, tuttavia capaci di riempirsi in estate e in inverno per accogliere persone di tutte le età in cerca di silenzio e ristoro spirituale». Gli esempi? « Camaldoli in Toscana è uno di questi luoghi, dove occorre prenotarsi con molti mesi di anticipo per trascorrere il periodo di Natale; Valledacqua nelle Marche è ugualmente richiesto, soprattutto nel periodo di Pasqua. La comunità monastica di Bose, in Piemonte, è una calamita che attira » . Mastrofini radiografa una situazione, quella della vita religiosa in Italia, ancora molto presente nel Belpaese, un po’ in crisi per numero e significato, o meglio, «in transizione», come certifica Giancarlo Rocca, paolino, il maggiore conoscitore dei consacrati in Italia. C’è un’altra dimensione – inedita – che si affaccia in Italia, foriera di ricchezze inaspettate ma anche di difficoltà oggettive: Mastrofini la definisce con l’espressione « suore e frati transculturali », ovvero la sempre maggiore presenza di religiosi che lavorano in Italia e provengono da altri continenti. «Il fenomeno della globalizzazione ha influito anche sulla vita religiosa e non sempre positivamente » annota fra’ Carlos A. Azpiroz Costa, maestro generale dei domenicani. « Sono innegabili le difficoltà prodotte da quella che con un linguaggio un po’ crudo è stata definita ' la tratta delle vocazioni' » . Costa non vede con favore tale fenomeno: « Se si allarga lo sguardo sul mondo, questa emigrazione verso il ricco Occidente può veramente apparire come una specie di razzia che impoverisce le nuove chiese locali » . Gli fa eco suor Victoria Gonzalez de Castejon, segretaria generale dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali ( Uisg), che sovrintende 1900 istituti femminili: «Non dobbiamo avere paura di cali numerici, piuttosto guardare all’aspetto universale della Chiesa».