Questa storia comincia nell’estate del 2003, quando l’attore Martin Sheen, durante una grande festa di famiglia, incontrò alcuni parenti irlandesi e li convinse a seguirlo in Spagna, sul Cammino di Santiago, detto anche la Via di San Giacomo, verso la Galizia. Il pellegrinaggio è sempre stato il suo grande sogno. Molti conoscono l’attore come attivista coinvolto a difendere nelle piazze pace e giustizia: la cronaca riferisce almeno 67 tra arresti e denunce per aver partecipato a manifestazioni non violente contro le politiche militari statunitensi, per l’assistenza ai poveri, la difesa dei diritti civili degli immigrati e la protezione dell’ambiente. Ma Sheen è soprattutto un grande credente, al quale l’Università di Notre Dame ha consegnato la
Laetare Medal, il premio più antico e prestigioso previsto per i cattolici americani «la cui genialità nobilita le arti e le scienze, riflette gli ideali della Chiesa e arricchisce l’umanità». L’attore ha incontrato Madre Teresa e Giovanni Paolo II, ha visitato il santuario di Lourdes e ha girato un film a Medugorje (
Gospa, diretto nel 1995 da Jacov Sedlar). Il Cammino di Santiago significava dunque la prosecuzione del suo percorso di fede. Ma come fare nei pochi giorni di vacanza a disposizione? «Ho fatto come il peggiore dei turisti americani – scherza Sheen – ho noleggiato una macchina per raggiungere ogni giorno delle tappe significative e camminare un po’, promettendomi di rifarlo in maniera più seria quando avessi avuto del tempo a disposizione. Ma nonostante tutto è stata un’esperienza così straordinaria che al mio ritorno ho parlato mio figlio Emilio e l’ho spinto a scrivere una sceneggiatura su questo viaggio, un viaggio fisico, umano e spirituale. Il viaggio di un padre e di un figlio, vicini per la prima volta». È nato così
Il cammino per Santiago, il film diretto da Emilio Estevez (nelle sale italiane da venerdì 29 giugno) in cui Sheen interpreta Tom, un padre costretto a fare i conti con l’improvvisa morte dell’unico fi- glio, Danny, al quale era legato da un rapporto assai conflittuale. Giunto sui Pirenei per recuperare la salma dell’uomo, vittima di un incidente proprio mentre percorreva il Cammino, Tom decide di far cremare i resti e proseguire il viaggio per spargere a ogni tappa le ceneri del figlio. Lungo la strada incontrerà un olandese deciso a perdere peso, una canadese con un doloroso passato di violenza alle spalle e uno scrittore irlandese in crisi creativa. In realtà tutte persone in cerca di se stesse, spinte a farsi domande che la caotica ci impedisce di formulare. «La cosa straordinaria del pellegrinaggio – aggiunge Sheen – è il fatto di coniugare un intimo viaggio interiore al bisogno di sentirsi parte di una comunità. Più ti avvicini a Santiago e più capisci te stesso. Comprendi improvvisamente che la vita stessa è un pellegrinaggio e noi non siamo soli». L’arrivo dei quattro pellegrini nella cattedrale è uno dei momenti più forti del film perché Estevez riesce a fotografare tra statue e navate quella forza misteriosa che avvolge non solo chi ha intrapreso il viaggio per motivi religiosi, ma anche chi è spinto da ragioni culturali o da semplice spirito di avventura. C’è qualcosa di speciale tra quelle mura, e nel film si vede. «Quando entri nella cattedrale – racconta ancora Sheen – capisci che nella vita esiste tanta gioia, e questo è già un grande miracolo. Emilio ci ha chiesto di fare quello che avremmo fatto non come attori, ma esseri umani ». E quindi vediamo (e qui citiamo i nomi degli interpreti, non quelli dei loro personaggi) Martin Sheen e Yorick Van Wageningen inginocchiarsi davanti alla statua e alle spoglie di san Giacomo, Deborah Kara Unger illuminarsi in viso per un’improvvisa serenità, James Nesbitt piangere. Mentre Emilio Estevez, che interpreta il figlio scomparso, la cui presenza è di tanto in tanto visibile, è tra i religiosi della cattedrale. Nei loro occhi stupore e meraviglia, speranza e sollievo, gratitudine e amore. «Spero che questo film sia di ispirazione a tutti – conclude Sheen – e
buen camino a tutti».