Società complesse e globali richiedono una preparazione complessa e articolata, soprattutto se vuole coltivare nei propri cittadini tolleranza, comprensione e democrazia. Eccessiva memorizzazione, scarso uso della lettura per insegnare a pensare e accettazione passiva del contenuto dei libri di testo sono tutti nemici di questo processo. Così come lo è trascurare storia, letteratura e filosofia a scapito di nozioni tecniche finalizzate al massimo rendimento professionale. La posizione pedagogica di Martha Nussbaum, filosofa statunitense e docente di Legge ed etica all’Università di Chicago, non si allontanano di molto dalla tradizione
liberal americana, che ha in odio il nozionismo passivo e aborre un’eccessiva enfasi sulle scienze a scapito delle arti. Nel suo libro
Not for profit. Why democracy needs the humanities (Princeton University Press), la Nussbaum però porta l’argomento un passo più in là. Teme che l’estrema importanza attribuita a test ed esami per misurare il rendimento scolastico nella maggior parte dei Paesi democratici stia preparando una generazione mentalmente chiusa e non in grado di affrontare i problemi filosofici e politici del suo tempo. A suo dire, «il futuro delle democrazie mondiali sta nel ritrovare l’equilibrio».
Professoressa Nussbaum, cosa manca nell’istruzione dei ragazzi di oggi? È un problema di contenuti o di metodo?«Il contenuto è importante: tutti i giovani dovrebbero apprendere gli elementi di base della storia del mondo e delle religioni, così come dovrebbero sapere come funziona l’economia globale. Ma è la pedagogia a insegnare loro capacità fondamentali come quella di discutere qualsiasi argomento con mente aperta e critica, e di mettersi nei panni altrui con spirito empatico. Queste non possono essere insegnate attraverso una pedagogia che vede gli studenti come contenitori passivi da riempire di fatti. Devono invece essere esercitate attraverso un insegnamento attivo e dialogico, di tipo socratico».
Le scienze umane a suo parere oggi vengono trascurate perché non considerate necessarie o perché si perdono nella necessità di insegnare dell’altro?«È la concentrazione sul bisogno di accumulare "capacita’" piuttosto che cultura in nome del profitto economico che spinge ad emarginare le scienze umane. Non è un caso, è un piano preciso».
Qual è la conseguenza principale della trascuratezza delle materie umanistiche nelle scuole?«Gli studenti non sviluppano capacità fondamentali per la salute di ogni nazione democratica ed essenziali per la comunità mondiale: criticare la tradizione e l’autorità, pensare come cittadini del mondo e immaginare le condizioni di vita di persone di razze, religioni e nazionalità diverse».
Che modello di insegnamento propone?«Possiamo imparare dai grandi educatori del passato, come Friedrich Froebel, John Dewey, e Rabindranath Tagore. Ma i loro insegnamenti devono essere tradotti nel mondo d’oggi».
Come Barack Obama ha fatto notare più di una volta, il sistema scolastico americano deve produrre professionisti in grado di competere con ingegneri cinesi o programmatori indiani, cresciuti in un ambiente finalizzato al rendimento economico. Insegnare lettere e arti può aiutare in questa competizione?«In realtà anche la Cina ha scoperto che anche se lo scopo è solo potenziare la crescita economica, insegnare nozioni da ripetere ciecamente non produce buoni risultati. E ha introdotto una riforma del sistema scolastico tesa a enfatizzare la creatività e l’innovazione, dove c’è un maggiore spazio per le arti e il dibattito critico – purché non vada a toccare argomenti politici. E la maggior parte delle scuole di business negli Usa sa da tempo che le scienze umane sono essenziali per insegnare la flessibilità e l’adattabilità».
Ci sono Paesi che eccellono nell’insegnamento che propone?«I
college e le università americani vanno abbastanza bene, grazie alla radicata tradizione
liberal nell’insegnamento e all’indipendenza di queste istituzioni dalla politica e dai governi, oltre ai loro legami con il mondo delle fondazioni provate. La Corea ha un ottimo sistema. Ma quanto alle scuole elementari, medie e soprattutto superiori, le condizioni non sono buone nella maggior parte dei Paesi democratici».
Lei ha scritto che un’istruzione equilibrata deve insegnare a vedere gli altri come "anime" piuttosto che come mezzi utili al proprio avanzamento. Non è esattamente il contrario di quello che s’impara usando siti di networking, dove le altre persone sono strumenti per costruire il proprio status in società?«Mi disturba molto il modo in cui internet induce a trattare le persone come cose. Sto per pubblicare una collezione di saggi sul tema: "Internet offensiva: libertà di parola, privacy e reputazione" in cui esploro con un collega possibili rimedi legali al problema. Uno può essere rendere i siti internet responsabili del loro contenuto, anche dei commenti. Se un giornale pubblica una lettera che contiene insulti e menzogne diffamatorie, può essere querelato. Un sito no. Ma anche la scuola ha un ruolo importante nel discutere gli effetti di internet».
Qual è lo scopo finale di un’educazione liberale e umanistica: creare un individuo completo ed equilibrato o un buon cittadino che si impegni a favore della giustizia sociale?«Entrambe le cose. Io mi concentro però sul concetto di cittadinanza, perché credo che sia qualcosa su cui tutti si possono trovare d’accordo».