«Dall’industria della musica non mi aspetto più nulla. L’unica è fare da sé quanto si riesce e quando se ne è contenti proporlo alla gente. Tanta o poca che sia, il suo responso è l’unico che mi interessi». A parlare così è Umberto Tozzi, 45 milioni di dischi venduti nel mondo, assente in Italia da Sanremo 2005. Cui approdò (già allora) dopo anni di cd incompresi che l’avevano portato alla depressione; ed a cui andò con un bel pezzo e ampie rassicurazioni della direzione artistica. Capitanata come quest’anno da Bonolis. Il risultato? Subito fuori, col conduttore ad attenderlo invano sul palco per commenti a caldo: in stile reality. Da allora Tozzi si è visto solo in progetti bizzarri, con Masini («Mi divertiva») e di musica per locali («Volevo sperimentare» ). Solo ora un nuovo vero disco, il doppio Non solo live. Da una parte immortali successi dal vivo, dall’altra inediti che ne confermano scrittura pop d’alto bordo (notevole Cerco ancora te), strumentali rock e due cover. Un pezzo di Billy Joel e Petite Marie del francese Cabrel, già numero uno su iTunes, i cui proventi andranno all’ospedale pediatrico di Nizza. Il filo della vicenda di Tozzi in Italia si riannoda qui. Tra un Sanremo da scordare e la nuova sfida di un album fatto appunto da sé, senza più le industrie alle spalle. E prodotto in casa dal figlio Gianluca.
Ripartiamo da quel Festival: la rigettò nel tunnel?No, ma l’amarezza per il comportamento di certa gente fu grande. La cancellai coi tour all’estero.
Quest’anno la direzione è la stessa di allora. Cosa consiglia ai colleghi che parteciperanno? Se hanno una carriera avviata, di non andare. Vorrei fare io il direttore artistico. Lì da anni chi decide non sa nulla di musica, ma non credo proprio non nascano più talenti. Ora come ora meglio X-Factor.
Lei vive all’estero ma lo Stato italiano l’ha da poco accusata di evasione fiscale. Una brutta storia. Guardi, c’è un documento all’ambasciata di Montecarlo che attesta che vivo lì dal 1992. Nelle sedi dovute risponderò all’accusa in modo congruo.
Parliamo, allora, del nuovo disco: che Tozzi è questo che torna? Uno che voleva proporre inediti vari, "tozziani" ed anomali. Prima però dovevo fare un live all’Olympia di Parigi, ma i discografici mi hanno impedito di usare le mie canzoni. Ora sono rientrato in loro possesso, però decide un mercato in crisi e potevo solo unire i due progetti: inediti e brani dal vivo del tour 2008. Sacrificando un po’ di entrambi».
Tra gli inediti più riusciti c’è «Forse credo in Dio». La definisco una preghiera laica, nata dalle troppe guerre fatte in nome di un Dio. Cui chiedo perché si usi il Suo nome così. È un grido personale, di smarrimento ma pure di speranza.
A fine febbraio uscirà anche un suo libro, dobbiamo aspettarci rivelazioni? «Racconterò la mia carriera: con ironia. Ma siccome non sono un buonista, denuncerò pure le brutture che stanno dietro la musica. Spero di mettere in guardia tanti giovani.
Scusi, Tozzi, ma ha ancora senso per lei fare musica? Finché qualcuno la apprezza… Avere già richieste per questo cd sui mercati tedesco, francese e spagnolo è una vittoria. Certo per farlo ha dovuto produrlo mio figlio… Che ha studiato, sia chiaro: ma soprattutto ha quell’entusiasmo e quel rispetto, che altrove non vedo più. —