Dalla Caratese alla Juve. Dai dilettanti della serie D a campione del mondo per club nel ’96. Per brevità, questa è stata la favola dell’infaticabile cursore Moreno Torricelli. Oggi a 39 anni la favola continua dalla panchina della Pistoiese - Prima divisione - che dall’ultimo posto ha portato a giocarsi la salvezza ai playout.
Da ex juventino e da collega di Ranieri come giudica il suo esonero? «Non me l’aspettavo. Sono un po’ perplesso, ma credo che sotto ci sia qualcosa di più. Magari il rapporto fortemente compromesso tra i giocatori e Ranieri».
Lei ha giocato con Ciro Ferrara sarà solo un traghettatore? «Difficile dirlo. Di sicuro in due settimane non potrà fare molto dal punto di vista tecnico; per la prossima stagione non so cosa abbia in mente la dirigenza bianconera».
Una dirigenza che non sempre sembra avere il polso della situazione... «Pagano lo scotto dei due anni in cui la squadra, che ha dato più giocatori alla finale mondiale 2006, si è frantumata. Ricostruire non è mai facile, specie quando non hai il potere di riacquistare quei campioni che gli altri club ti hanno razziato».
Ma prima era Luciano Moggi che “razziava” e tutti lo accusano di aver generato Calciopoli. «È da ingenui credere che Calciopoli sia stato il frutto di una sola mente. Milan e Inter spendono da sempre centinaia di milioni di euro e non credo che siano state così superficiali da affidare il giocattolo nelle mani di Moggi... La verità è che il nostro calcio è da sempre prigioniero della cultura del sospetto».
Il sospetto alla lunga genera scarsa fiducia nel sistema. «Quella io l’ho persa nei confronti degli arbitri, mi hanno deluso. Da giocatore li ho sempre rispettati e difesi, ritenendo che sbagliassero in buona fede. Su questo punto, dopo Calciopoli, nutro parecchi dubbi».
Molti continuano ad avere dubbi sul processo per doping alla Juve... «E fanno male. Quel processo io l’ho vissuto con estrema serenità, ho sempre saputo quello che prendevamo e come è stato dimostrato eravamo nel lecito».
Qual è il primo insegnamento che cerca di trasmettere ai suoi ragazzi? «Migliorarsi giorno dopo giorno e utilizzare questa mentalità come filosofia di vita. Ripeto spesso loro che preferisco “un asino sano a un cavallo zoppo” e che nessuno è indispensabile. A buon intenditor...».
C’è più Trap o più Lippi nei suoi metodi di allenamento? «Un po’ di tutti e due. Trapattoni è l’allenatore che mi ha dato di più a livello umano, tattico e della gestione del gruppo; Lippi è un maestro insuperato in Italia e non solo».
Superiore anche allo speciale José Mourinho? «Il portoghese è un gran bel personaggio, ma sul piano del gioco ancora non mi sembra che abbia portato nulla di nuovo all’Inter».
Parere identico ha dato anche il suo ex compagno Antonio Conte. Sarà lui l’erede di Ranieri? «Perché no... A Bari ha dimostrato di avere numeri importanti per puntare a un grande club come la Juve. Fra un paio d’anni - sorride - potrei essere pronto anch’io...».
Oggi è possibile nel calcio un’altra favola alla Torricelli? «È sempre più difficile, molti talenti di questa generazione mancano di personalità, si adagiano e ignorano lo spirito di sacrificio. Ma io lo scorso anno ho fatto esperimenti importanti con i giovani della Fiorentina...».
Cosa si è inventato? «Ragazzi di 13-14 anni, nei ritiri prima di un torneo, a turno dovevano servire il pranzo e la cena ai compagni. Sapersi adattare è una grande risorsa. Se non fosse arrivata la Juve, forse sarei rimasto a lavorare in falegnameria e avrei giocato in serie D, ma non per questo sarei stato un uomo meno felice e realizzato».
Un “mitomane” aveva messo in giro la voce che Torricelli non era affatto felice, perché malato di Sla. «È assurdo come sia potuta uscire una storia simile. Ho passato un brutto periodo. I miei parenti mi telefonavano preoccupati chiedendomi: “Moreno è sicuro che stai bene...?”. Io per fortuna sto bene e spero che il calcio serva da cassa di risonanza per aiutare a raccogliere i fondi per la ricerca e a far guarire tanti ragazzi come Stefano Borgonovo, che purtroppo la Sla ce l’hanno davvero».