Se non fosse che la questione è seria, anzi serissima, perché si tratta di lavoro e di precariato, si potrebbe parlare di contratti creativi, di fantasia al potere nel mettere nero su bianco le regole di ingaggio per i lavoratori a tempo determinato della musica classica: ci sono quelli definiti contratti a termine mobile, part time verticale, rapporti di lavoro che si interrompono il venerdì e vengono rinnovati il lunedì. Così può capitare che il datore di lavoro chieda la disponibilità (esclusiva compresa, con l’impossibilità di esibirsi in altri contesti) per un certo periodo di tempo, salvo poi interrompere il contratto nel momento in cui cessano le esigenze per le quali è stato firmato. Creatività figlia del Jobs act che il Decreto dignità ha cercato di regolamentare. Il risultato, che interroga ancora di più subito dopo aver celebrato il 1° maggio, è che i lavoratori sono impegnati nel fare i conti perché il rischio è quello di non raggiungere i 26 giorni di lavoro mensile. Ma soprattutto diventa sempre più ampio ed evidente il divario tra lavoratori stabili e precari. Tanto che chi non riesce a vivere di musica (la depressione e la frustrazione poi è sempre in agguato) prova a reinventarsi un lavoro (ma non è sempre facile).
Teatri e orchestre cercano tutte le strade possibili per far fronte ai numerosi paletti messi negli anni dalla legge, dal Jobs act al Decreto dignità appunto, per regolamentare il lavoro, soprattutto quello a tempo determinato. L’ultimo esperimento (diventerà prassi?) a Roma con l’Accademia di Santa Cecilia che per l’Ottava di Bruckner diretta a fine aprile da Antonio Pappano ha chiamato a rinforzare i propri leggii alcuni musicisti dell’orchestra della Magna Grecia di Taranto. Il blocco dei contratti a termine aveva portato al cambio in corsa di alcuni titoli (proprio Santa Cecilia aveva rivoluzionato l’impaginato del Concerto di Natale) per l’impossibilità di assumere aggiunti tra orchestrali, coristi e ballerini e si era creato in seguito al Decreto dignità varato dal Parlamento il 7 agosto dello scorso anno, ma soprattutto dopo la sentenza del 25 ottobre 2018 con la quale la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato illegittima la normativa italiana nel passaggio in cui non prevede per le fondazioni lirico- sinfoniche nessun limite al rinnovo dei contratti né riguardo a un tetto massimo di durata degli stessi contratti né relativo a un obbligo di motivazione dei rinnovi.
Il nodo era stato subito aggirato da un accordo siglato a dicembre tra sindacati e Anfols, l’associazione che riunisce le fondazioni. Ora, però, un parere dell’Avvocatura generale dello Stato, rimette tutto in discussione. Nel pronunciamento si avverte che «in attesa di una soluzione normativa di sistema nel settore delle fondazioni lirico- sinfoniche, le soluzioni provvisorie previste dall’accordo quadro possono ritenersi conformi alla normativa di settore solo se interpretate nel rispetto dei limiti indicati nella clausola 5 dell’accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato». Una clausola che vuole prevenire «gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, richiedendo per tali rinnovi ragioni obiettive, durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti». L’accordo tra Anfols e sindacati secondo l’Avvocatura generale dello Stato può essere ritenuto conforme solo se rispetta il quadro normativo vigente, primo fra tutti «il vincolo inderogabile di durata massima di 24 mesi» dei contratti a tempo determinato. «La situazione è sempre difficile. L’equilibrio, nonostante tutti i teatri abbiano recepito l’accordo, resta sempre precario», riflette Cristiano Chiarot, sovrintendente del Maggio musicale fiorentino e presidente dell’Anfols per il quale «l’Avvocatura giudica positivamente il nostro accordo, ma nello stesso tempo mette in guardia dai rischi che potrebbero esserci senza una nuova legge». Rischio caos per un settore che impiega 137mila lavorato- ri (il 55% sono uomini, il 45% donne) la maggior parte dei quali sono giovani: il 71% ha meno di 45 anni con una retribuzione media annuale di poco più di 5mila euro. Un quadro che emerge da un’indagine della Cgil nella quale si evidenzia che l’80% ha contratti temporanei (nelle fondazioni il precariato è invece al 30% soprattutto per quel che riguarda orchestrali e coristi). Per Chiarot «il limite temporale è il prossimo 1 ottobre, entro quella data è necessario arrivare a un decreto legge che regolamenti il lavoro a tempo determinato per scongiurare la paralisi del settore», avverte il presidente dell’Anfols che insieme ai sindacati di Cgil, Cisl, Uil e Fials ha scritto una lettera al ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli nella quale si sollecita «un intervento legislativo che regoli le esigenze di flessibilità tipiche della produzione artistica nel rispetto dei principi di tutela espressi dalla Corte di giustizia europea e per favorire l’inserimento stabile del personale da tempo impegnato nelle fondazioni». Si attende una risposta del ministro che, in diverse occasioni, ha assicurato che «la ristrutturazione delle fondazioni lirico-sinfoniche non deve passare necessariamente per una riduzione del costo del lavoro» e che si è impegnato a stabilizzare orchestrali, coristi e tecnici che abbiamo superato 36 mesi di contratti a termine.
Precariato, dalla “creatività” del Jobs Act agli interventi della Corte europea: interessati in 137mila. I vincoli dell’accordo Anfols e sindacati. Chiarot: «Situazione difficile»
© Riproduzione riservata