La realtà è stata, ancora una volta, peggiore delle aspettative. Ieri mattina il ministro per i Beni e le attività culturali Lorenzo Ornaghi ha comunicato, esprimendo rammarico, alla Consulta dello Spettacolo le quote del Fondo Unico per lo Spettacolo per il 2013. Che ammontano a un totale di 389,8 milioni di euro. Ventuno in meno rispetto al 2012. E sette in meno rispetto alle previsioni che già non erano proprio rosee. E sarebbero ancora molti di meno se nel 2011 non fosse stato deciso di caricare una nuova accisa per la cultura alla benzina. Da quell’anno sono infatti circa 150 i milioni di euro che vanno a rimpinguare un Fus che altrimenti si arenerebbe poco sopra i 200 milioni. La nuova decurtazione, spiegano dal Mibac, è conseguenza delle misure di spending review ma anche della decisione (è suona come una beffa, nonostante l’ineccepibilità tecnica della motivazione) della Corte dei Conti di ottobre 2012 di reintegrare i tagli agli stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione sopra i 90 mila e i 150 mila euro. Ornaghi si è impegnato a lasciare al suo succesore una proposta di un reintegro da effettuare intorno a giugno, quando i bilanci del ministero hanno un assestamento. Sono rimaste invariate le ripartizioni tra le varie voci. La parte del leone la fa sempre l’opera, destinataria del 47% del Fondo unico per lo spettacolo: le Fondazioni liriche riceveranno in tutto 183.2 milioni di euro, 10 in meno rispetto all’anno scorso. Meno 3 segna la bilancia delle attività musicali, a cui vanno 55 milioni (pari al 14%). Il pareggio ottenuto dalla danza (anzi un leggerissimo miglioramento di 5.362 euro) che si porta a casa 10,2 milioni sembra al confronto un enorme segno più. Al teatro e alla prosa, a cui vanno il 6% del totale, vanno 62,5 milioni di euro (-3,6), al circo 5,4 milioni, al cinema 72,4 milioni, con un calo di 4. Grande preoccupazione ha espresso l’Agis (Associazione Generale Italiana Spettacolo) che ha manifestato, attraverso i componenti della Consulta, «forte contrarietà al continuo disinteresse nei confronti delle attività culturali dello spettacolo». Ed effettivamente non erano mancati nei giorni scorsi appelli alle forze politiche in campagna elettorale per valorizzare la cultura come motore economico, a partire dalla discussione sull’utilità di un ministero della Cultura. Ma in Italia manca ancora una revisione della legislazione del settore in un testo unico.E torna infatti ad invocarla l’Agis, «indispensabile per riformare tutto il settore con leggi e regole incisive che possano finalmente semplificare i rapporti con la pubblica amministrazione e facilitino la capacità gestionale delle imprese». Giudizio «del tutto negativo» è espresso anche da Slc Cgil che in una nota sottolinea come «il finanziamento statale così ridotto si somma a una riduzione generalizzata delle risorse pubbliche decentrate» vale a dire Regioni, Province e Comuni. Il sindacato ha però espresso «parere positivo sul decreto giacente in Senato in merito alle quote delle tv da destinarsi alla produzione cinematografica», evidenziando «la necessità nella prossima legislatura di trasformare il tax credit al cinema, in vigore per tutto il 2013, in provvedimento strutturale».