Debora Zuin, Antonio Rosti e, sullo sfondo, Giovanni Franzoni nello spettacolo tratto da «Solaris» di Lem Tarkovskij
Dei suoi “ospiti” Sartorius non parla volentieri. Gli è toccato riceverli, come a tutti gli astronauti in missione su Solaris dopo che gli esperimenti scientifici hanno risvegliato una forza oscura dall’oceano in cui il pianeta è avvolto. Sartorius è un uomo di scienza, una mente positiva. Proprio per questo non sopporta più le continue risurrezioni di Harey, sempre che sia davvero Harey – la moglie dell’altro astronauta, Kelvin – a risvegliarsi, e non un suo simulacro, un’immagine riflessa che per un momento diventa più reale della realtà stessa.
Bentornati su Solaris, appunto. L’ultima occasione per visitare questo inquieto oggetto astrale risaliva al 2002, quando lo statunitense Steven Soderbergh firmò la sua versione cinematografica di un racconto reso classico dal film girato esattamente trent’anni prima dal russo Andrej Tarkovskij. «Anche per me il punto di partenza è stato il Solaris di Tarkovskj», ammette il regista Paolo Bignamini che, dopo il successo riscosso al Meeting del 2015 con il suo innovativo allestimento dell’Annuncio a Maria di Paul Claudel, ora propone a Rimini la sua personale rilettura di questa parabola moderna (Teatro Novelli, 22 agosto, ore 21,30).
Prodotto da ScenAperta Altomilanese Teatri in collaborazione con la Compagnia Lombardi-Tiezzi, è un lavoro essenziale e complesso nello stesso tempo, che risale a ritroso fino al romanzo pubblicato nel 1961 dallo scrittore polacco Stanislaw Lem (in Italia è il Solaris originario in catalogo da Sellerio) per inserirlo in una più ampia riflessione teatrale incentrata sul tema del perdono. «Per me si tratta dello stesso nodo che Violaine, la protagonista, è chiamata a sciogliere nell’Annuncio a Maria – ribadisce Bignamini –, dello stesso assillo che caratterizza la Maria interpretata da Anna Scommegna nello spettacolo che abbiamo tratto da Magnificat di Alda Merini. Perdonare l’altro, perdonare Dio, perdonare se stessi: cambiano le situazioni, non l’intensità della sfida».
Nella drammaturgia elaborata da Fabrizio Sinisi per l’adattamento in programma al Meeting, Solaris si trasforma in una paradossale pièce cosmica da camera. Solo tre i personaggi, la cui vicenda si staglia sul fondale delle solitudini siderali. Sartorius (interpretato da un secco, efficacissimo Antonio Rosti) è l’ultimo superstite della missione iniziale e tocca a lui a spiegarci da dove arrivano i famosi ospiti. Che non sono persone in carne e ossa, nonostante le apparenze, ma proiezioni terribilmente verosimili dei pensieri e delle memorie umane, incarnazioni provvisorie del rimorso e del desiderio. L’oceano è stato bombardato per raccogliere nuovi dati, l’oceano ha cominciato a produrre questi fantasmi seducenti e terribili. Lui, Sartorius, ha imparato a tenerli a bada, mentre il suo compagno Ghibarian, sopraffatto dalle apparizioni, si è tolto la vita poco prima dell’arrivo dei rinforzi, rappresentati dal volenteroso Kelvin (un misurato e sofferente Giovanni Franzoni). Il problema è che anche Kelvin viaggia con un ospite al seguito, una presenza che resta invisibile fino a quando i vapori opachi di Solaris non riescono a riportarla in vita. Si tratta di Harey, la sposa abbandonata e morta a sua volta suicida, che sul palcoscenico allestito da Francesca Barattini e illuminato da Fabrizio Visconti – un antro cupo e spoglio, con inserti di materia grezza che coronano l’incastro di due parallelepipedi tanto simili a sepolcri – ha la fisicità magnetica e stralunata della bravissima Debora Zuin. Harey rinasce a ogni istante, sempre dimentica del suo destino e sempre attenta alla marea silenziosa dei sentimenti. Kelvin torna a innamorarsene, ma poi si spaventa, cerca di sbarazzarsene con la violenza, ma in Harey agisce una tenacia che va oltre la volontà. Difficilmente lo spettatore riesce a dimenticare il momento in cui, dal vuoto in cui la donna è precipitata, torna a levarsi la manica immacolata del suo abito nuziale trasformato in sudario.
«Tarkovskij ha suggerito un’interpretazione religiosa del romanzo di Lem, che ha invece una connotazione più dichiaratamente filosofica – avverte Bignamini –. Per quanto mi riguarda, ho preferito lasciare aperte tutte le possibilità. Alla fine, anche in questo caso, Kelvin decide di restare su Solaris, ma la sua non è una resa, tanto meno una sconfitta. Arrivato lassù convinto di non avere più nulla da perdere, si è accorto che esiste ancora qualcosa che va al di là della sua sofferenza e della sua capacità di sopportazione. Il teatro, a mio avviso, è oggi lo strumento ideale per esprimere questa eccedenza. Anche il perdono è un di più, un avvenimento che sfugge al nostro controllo e che proprio per questo rende ancora possibile la salvezza».
Gli eventi: nella Bibbia tra padri e figli
Molto ricco anche quest’anno il cartellone degli spettacoli proposti dal Meeting per l’amicizia tra i popoli. Si comincia domenica 20 agosto, primo giorno della kermesse, con Madama Butterfly in forma di concerto (Arena Spettacoli UnipolSai, ore 21,45) e si prosegue con i momenti dedicati a Enzo Jannacci (Teatro Novelli, 21 agosto, ore 21,30), alle canzoni di Fabrizio De Andrè riproposte da Neri Marcorè (Arena Spettacoli UnipolSai, 21 agosto, ore 21,45) e al repertorio dell’indimenticabile Claudio Chieffo (Arena Spettacoli UnipolSai, 22 agosto, ore 21,45). Di particolare interesse, il 23 agosto alle 21,45 presso l’Arena Spettacoli UnipolSai, Padre e figlio, un percorso drammaturgico sui rapporti familiari all’interno della Bibbia curato da Fabrizio Sinisi e interpretato da Massimo Popolizio. Da non perdere, infine, Un sussulto al cuore, il concerto per orchestra e coro composto e diretto da Emmanuele Lo Russo (Arena Spettacoli UnipolSai, 24 agosto, ore 21,45). Per informazioni: www.meetingrimini.org