martedì 28 febbraio 2017
Mentre i colossi televisivi discutono di diritti, Facebook e Twitter scendono in campo come probabili concorrenti delle pay-tv. E all’estero sono già realtà le dirette streaming sulle piazze virtuali
«Social football club». Il calcio più che in tv si guarda in Rete
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Vedere il calcio. Un concetto che, fatta logica eccezione dei fondamentali irriducibili che ancora si recano negli stadi, ha sempre avuto come sinonimo la fruizione televisiva e come conseguenza diretta il fiume sempre più gonfio di denaro chiesto e ottenuto dalle Leghe, leggi le società calcistiche. Oggidì, primavera 2017, si è alla vigilia dell’ennesima asta per l’assegnazione dei diritti triennali dal luglio 2018 a quello 2021 dei principali tornei - campionato e Coppa Italia da noi, Champions League ed Europa League a livello internazionale -, ma al tavolo del consueto Risiko tra i grandi player televisivi si proietta l’ombra di giganti provenienti da un altro luogo, e potenti, diffusi globalmente, forti di miliardi di persone e di dollari, in grado di raggiungere chiunque e dovunque. I social network, a cominciare da Re Facebook, entrano sul campo di calcio e vagliano se, e come andare progressivamente alla conquista del pallone vero, quello di Juventus o Real Madrid, dopo avere già sperimentato con successo in più di un Paese.

La più recente e importante notizia è venuta pochi giorni or sono dalla Spagna, dove il 17 febbraio, con il match tra Granada e Real Betis, sono nati i “venerdì di Facebook”: sulla piattaforma di Zuckerberg, la diretta streaming dagli account ufficiale della Lega professionistica - tramite il quale erano già state trasmesse delle gare di Coppa del Re - degli anticipi di campionato che verranno giocati in quella serata. È un segnale importante, importantissimo, perché si tratta di una partnership che potrebbe completare o addirittura risultare alternativa all’offerta delle paytv: il momento storico è particolare, il futuro è incerto, ci sono all’orizzonte anche possibili rischi di monopolio che complicherebbero parecchio sia la spartizione dei diritti, che - questo soprattutto interessa ai presidenti - la possibilità di accrescere ancora di più introiti che nella scorsa assegnazione hanno raggiunto livelli record, dai 700 milioni versati da Mediaset per tre anni di Champions League al miliardo e 200 milioni complessi- vamente incamerato per l’identico ciclo della Serie A.

Qual è il modello di business che può sostenere una simile rivoluzione? Facebook è interessato a investire, a essere supporter delle Leghe perché raggiungere platee ancora più ampie, ma soprattutto ancora più tracciabili commercialmente anche grazie alla passione calcistica può aprire nuove e ricche vie a un advertising rivoluzionario e interattivo: per esempio, si potrebbe proporre la sponsorizzazione e lo spot a seconda del Paese, oppure della squadra seguita, o della fascia di età. Un’occasione enorme per il mercato pubblicitario, con Lega e club che, diffondendo i match tramite i loro canali ufficiali social, potrebbero percepire denaro anche con la cosiddetta “revenue sharing”, ovvero con una entrata legata anche agli spazi venduti. Dal punto di vista tecnologico, le montagne sembrano già essere state ampiamente scavalcate, con la maggior parte della clientela - specie quella giovane - che dispone di smartphone con schermo da 5 pollici e oltre, ideali per una visione assolutamente qualitativa di una trasmissione ormai assimilabile a quella televisiva grazie all’alta definizione e alla banda larghissima. Chi rimane a casa, invece, sa benissimo che ormai è un gioco da ragazzi collegare il proprio device al televisore.

Ma non bastasse questo, Facebook sta per lanciare anche una nuova applicazione Tv dove sarà possibile crearsi un vero e proprio palinsesto tra contenuti selezionati dall’utente e proposte provenienti direttamente dal social - ed ecco dunque anche la possibilità di raggiungere anche l’appassionato più occasionale o semplicemente distratto. L’altro grande social network, Twitter, a dispetto di una parabola apparentemente discendente nel 2016 è già entrato sul terreno più difficile e ricco, vale a dire nello sport professionistico americano: in streaming sul social dei cinguettii sono passate una gara del campionato di Nfl, una tappa statunitense del circuito Pga di golf e sono avviate trattative con le leghe di baseball e hockey. Come possono i colossi della nostra tv respingere un simile sbarco, che rischia di intaccare in maniera letale ascolti e abbonamenti? Se il problema non si dovrà porre nella prossima, imminente asta, c’è comunque un orizzonte da decifrare. La qualità giornalistica, il contorno, il commento, la veste intorno all’evento è e deve continuare a essere lo snodo principale. O se no, davvero, bisognerà reinventarsi: Bt Sport, pay-tv inglese che detiene in esclusiva diritti della Champions League, da aprile trasmetterà in diretta le fasi finali del Mondiale di Fifa 2017: il videogioco, per intenderci. Se il virtuale del web si prende il calcio vero, non rimane che invertirsi la parte. Mentre i colossi televisivi discutono di diritti, Facebook e Twitter scendono in campo come probabili concorrenti delle pay-tv E all’estero sono già realtà le dirette streaming sulle piazze virtuali

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