domenica 20 febbraio 2022
De Prada offre 26 ritratti di autori che hanno unito fede e forza letteraria, da Bernanos a Chesterton e O’Connor E ribalta la sentenza di Gide: anche coi buoni sentimenti si fa grande letteratura
Gilbert K. Chesterton

Gilbert K. Chesterton - .

COMMENTA E CONDIVIDI

«Una piccola bomba»: così Le Figaro Littéraire ha definito pochi giorni fa il saggio La divine bibliothèque di Juan Manuel de Prada, pubblicato dalle edizioni Magnificat (pagine 194, euro 14,90). Lo scrittore spagnolo, autore di romanzi di grande successo anche in Italia, da Le maschere dell’eroe a La tempesta, da La vita invisibile a Il settimo velo, tutti tradotti da e/o (vedremo se la casa editrice romana oserà mandare in libreria anche questo suo ultimo volume!), ha dato vita a una vera e propria «introduzione alle grandi opere della letteratura cristiana», come recita il sottotitolo dell’edizione francese. Che riproduce 26 riletture di scrittori, in alcuni casi anche teologi, noti e meno noti in realtà, almeno al pubblico italiano: meno della metà del libro uscito in Spagna che ne riporta 60, edito sempre nel 2021 da Magnificat col titolo più felice Una biblioteca en el oasis (pagine 416, euro 19,90). Rivive così la grande stagione della letteratura cattolica del ’900, di stampo soprattutto francese ed anglosassone, che ha avuto Oltralpe fra i suoi massimi rappresentanti Bloy, Mauriac e Bernanos, mentre in Inghilterra Benson, Chesterton, Lewis, Waugh e Graham Greene. Senza dimenticare l’americana Flannery O’Connor. Proprio quest’ultima, di cui de Prada presenta i Racconti, è la perfetta testimonial dell’approccio del nostro autore alla letteratura «per la sua capacità di penetrare nelle profondità e negli abissi del cuore umano mostrando l’azione della grazia in un territorio in gran parte occupato dal Diavolo».

Per de Prada la vera letteratura, «anche quella divinamente ispirata », non può esimersi dal confrontarsi con il dramma delle conseguenze del male nella natura umana. Il suo sguardo critico mette in guardia da due pericoli: da una parte «l’infezione puritana» che ha provocato molti danni nella stessa sfera cattolica, dall’altra quella che chiama «la narrativa cinica», in cui il male diviene inesorabile ed invincibile. Non bisogna confondere la missione dello scrittore cattolico con quella dell’apologeta o dell’autore «pio che nasconde ai suoi lettori gli aspetti scabrosi della realtà», un atteggiamento che ha portato alla decadenza culturale del mondo cattolico, soprattutto in Occidente. «Negare queste ombre significa negare l’arte». Al tempo stesso, lo scrittore spagnolo rifiuta la sentenza di André Gide secondo cui «è con i buoni sentimenti che si fa cattiva letteratura».

Georges Bernanos

Georges Bernanos - .

Abbiamo a che fare con uno snodo davvero rilevante, almeno a parer mio, perché confesso che sono sempre stato portato a condividere il giudizio di Gide, per quanto tranchant. Anche la letteratura dei buoni sentimenti, ci dice de Prada, può essere alta letteratura, perché non è una letteratura senza problemi e può essa stessa suscitare interrogazioni, anche terribili. Ce ne porta un esempio illustrando un romanzo della scrittrice americana Betty Smith, Un albero cresce a Brooklyn, in Italia edito da Neri Pozza, e paragonandolo a Le ceneri di Angela di Frank McCourt. Entrambi i libri raccontano storie simili, vale a dire la vita quotidiana di due famiglie di origine europea nella New York del primo Novecento. Ma Betty Smith mostra uno sguardo benevolo, soprattutto nella figura della piccola Francie, che cresce nella povertà senza mai disperare, trovando anzi nella lettura la chiave di volta per un riscatto sociale. Sua mamma Katie, costretta a fare le pulizie perché il marito non ha un lavoro fisso ed è spesso ubriaco, legge ogni sera a lei e al fratellino una pagina della Bibbia e una di Shakespeare: così Francie è spinta a frequentare la biblioteca del quartiere di Williamsburg dove vive e comincia a leggere un libro al giorno. Evidente l’allusione autobiografica, così come nel romanzo di Mc-Court, dai toni molto più amari. Forse per questo, rileva de Prada, l’opera di Betty Smith almeno in Italia è stata in gran parte dimenticata mentre quella di McCourt è considerata un capolavoro. Non che non lo sia, ovviamente, ma «la disperazione della nostra epoca non sopporta che si ricordi che esistono delle ragioni per continuare a vivere» anche in contesti degradati.

Flannery O'Connor

Flannery O'Connor - .

Un’altra considerazione illuminante dell’autore spagnolo riguarda la «cristofobia» propria dei nostri tempi. Il fatto che Flannery O’Connor dichiarasse esplicitamente la propria fede cattolica l’ha discriminata profondamente e ha fatto sì che scrittori come Benson, Belloc e Waugh fossero poco considerati dopo la conversione. E se a Chesterton è attribuito un grande talento è «perché non è pienamente compreso», come accade in tanti critici e lettori de L’uomo che fu Giovedì. Nella sua folgorante rassegna Juan Manuel de Prada ci fa riscoprire la bellezza di romanzi indimenticabili come il Diario di un curato di campagna di Bernanos e Il nodo di vipere di Mauriac, Il potere e la gloria di Graham Greene e La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth. Tutte opere ove la lotta fra il male e la grazia tocca vertici forse ineguagliati.

La persecuzione dei cristiani è uno dei filoni delle opere presentate, da Barabba di Lagerkvist, quest’ultimo scritto da un autore non credente ma capace di scuotere la fede, a Quo vadis? di Sienkiewicz e a Silenzio di Shusaku Endo. Recuperato di recente grazie al film Silence di Scorsese, non esita a mostrarci le tribolazioni più terribili cui è sottoposta la fede nel Giappone del ’600: anche questo è uno dei motivi per cui i giurati del Nobel non hanno mai attribuito a Endo il premio, preferendogli il connazionale Kenzaburo Oe, «più docile alle mode e al politicamente corretto».

Graham Greene

Graham Greene - .

Un altro tema dominante è la distopia, da Padrone del mondo di Benson, opera spesso citata da Bergoglio, a un’altra meno nota di Gustave Thibon, il filosofo-contadino francese amico di Simone Weil, Vous serez comme dieux, una tragedia contro l’onnipotenza della tecnica. In questo contesto, incuriosiscono i romanzi fantapolitici dedicati ai papi, come Adriano VII di Frederick William Rolfe, noto come nom de plume di Baron Corvo, ove il papato è dipinto con grande sarcasmo, e L’Hote du Pape di Vladimir Volkoff, con protagonisti papa Luciani e Andropov e che prende spunto da un evento realmente accaduto, la morte improvvisa del metropolita di Leningrado Nikodim mentre era in udienza da Giovanni Paolo I, il 5 settembre 1978. In questa chiave, un autore poco conosciuto in Italia esaminato ed esaltato da de Prada è lo scrittore e teologo argentino Leonardo Castellani, gesuita poi espulso nel 1949 e al quale fu restituito il ministero sacerdotale nel 1966, «irresistibile umorista » capace di unire erudizione e poesia, autore di Las parabolas de Cristo e del romanzo fantareligioso Juan XXIII (XXIV) del 1964, in cui si immagina che dopo la morte di Roncalli venga eletto un pontefice argentino che rinuncia agli onori e decide di non abitare nei tradizionali appartamenti vaticani, promuovendo una riforma della Chiesa osteggiata dalla Curia. De Prada vi legge non a torto sorprendenti somiglianze col papato di Bergoglio e nel 2015 ne scrisse un articolo sulle pagine dell’Osservatore romano.

Infine, una citazione doverosa dei due unici autori viventi presenti nel volume di de Prada, vale a dire gli scrittori, il primo spagnolo e anche teologo, Pablo d’Ors, il secondo francese e soprattutto filosofo, Fabrice Hadjadj, fra i pochi capaci di imporsi oggi a livello intellettuale nel panorama culturale europeo, a dimostrazione che la fede ha ancora possibilità di incidere e trovare il giusto riconoscimento purché non sia ridotta a sentimentalismo o sociologismo e riesca a provocare, con immaginazione e anticonformismo, il pensiero dominante.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: