Già ragioniere, bancario, sindaco e
patron del calcio dilettantistico, Carlo Tavecchio, 71 anni, è
il nuovo presidente della Federcalcio. Partito largamente
favorito su Demetrio Albertini, il numero uno della Lega dilettanti
strada facendo ha rischiato di complicarsi la vita da solo. In
assenza di un vero avversario, se n'è creato uno immaginario:
quell'Optì Pobà, protagonista dell'infelice frase su giocatori stranieri e
banane. Incidente che ha reso accidentato un cammino altrimenti
in discesa, ma che non è bastato agli oppositori di Tavecchio
per recuperare lo svantaggio.
"È l'uomo del fare", dicono i suoi sostenitori. E con la
cultura del fare, il piccolo dirigente lombardo arrivato da
lontano ha sempre avuto confidenza, da qualunque punto di vista
lo si voglia guardare. La sua politica di promozione dei campi
sintetici tre le società dilettantistiche, con le polemiche
sull'omologazione, affidata ad un unico laboratorio ed i presunti
conflitti di interesse riportati un auge da una puntata del
programma della Rai "Report", è in un certo senso il simbolo dello
sviluppo della Lega Dilettanti, quella Lega che sotto la sua guida è
diventata una vera corazzata.
Sindaco democristiano di Ponte Lambro (frazione di Erba,
provincia di Como, dove è nato il 13 luglio '43) per quattro
mandati consecutivi (dal 1976 al 1995), Tavecchio ha iniziato la
sua lunga marcia da dirigente sportivo con l'incarico di
consigliere del Comitato regionale Lombardia della Lnd (dal 1987
al 1992). Nei quattro anni successivi è vicepresidente e nel
1996 è eletto al vertice del Comitato della Lombardia. Il 29
maggio 1999, a seguito delle dimissioni del suo predecessore
Elio Giulivi, diventa presidente della Lega dilettanti.
Sotto la sua guida la Lnd è cresciuta fino a 1,3 milioni di
tesserati, 14mila società iscritte e un fatturato complessivo
che lo stesso Tavecchio stima in 700 milioni di euro l'anno. Dal
maggio 2007 è anche vicepresidente della Figc, assumendone la
funzione di vicepresidente vicario nel 2009.
Prima di dedicarsi alla carriera da dirigente sportivo,
Tavecchio, è stato esponente della Dc e
dirigente presso la Banca di Credito Cooperativo dell'Alta
Brianza. Ha svolto anche il ruolo di consulente del ministero
dell'Economia per le problematiche di natura fiscale e
tributaria riguardo all'attività sportiva dilettantistica.
Dalle accuse di razzismo si è difeso ricordando il suo
"trentennale" impegno in Africa, dove si vanta di aver
contribuito a far aprire un ospedale, oltre ad aver adottato a
distanza tre bambini. E anche il giovane camerunense della
Lazio, Joseph Minala, gli ha manifestato la sua gratitudine per
averlo aiutato "quando sono arrivato dall'Africa e sono stato
abbandonato da un procuratore". Ora, da presidente della Figc, a
Tavecchio non mancheranno le occasioni per tutelare i tesserati,
si chiamino Optì Pobà o Mario Rossi.