La palla ovale sì sa, fa rimbalzi strani, molto più irregolari di quella da calcio. Eppure a volte le storie di quelli che le inseguono e le calciano, si incontrano in un cammino che dal campo sportivo, attraversando il sentiero della fede, porta all’ingresso del seminario. È il percorso che sta facendo
Ruggero Trevisan, 25enne, giocatore professionista della Benetton Treviso. Un azzurro, con trascorsi a Viadana (Aironi) e Parma con le franchigie dei Crociati e le Zebre. Da estremo in campo, alla scelta estrema: via dallo spogliatoio del club veneto per passare a quello della nuova “squadra”, la Fraternità san Carlo Borromeo, quartiere Boccea, Roma. «Cèo, no te ‘ndarà miga a far el prete?», gli hanno detto ridendo i suoi ex compagni della Benetton, ma dinanzi alla “Chiamata”, da gentiluomini del rugby, hanno taciuto, e rispettato, in religioso silenzio la scelta di Ruggero. «È una decisione strana di questi tempi, me ne rendo conto. Fino a quattro anni fa non ero credente - ha spiegato Trevisan - . Da ragazzino non avevo nemmeno fatto la Cresima. Allora andavo avanti e indietro da Caorle a San Donà per gli allenamenti, tempo per il catechismo non ne avevo. Ma così come il rugby allora mi portava via dalla spiritualità, più tardi me l’avrebbe fatta incontrare». Fatale per la scelta di Ruggero non sono stati i tre infortuni e le altrettante operazioni subite, né una storia d’amore finita con l’ex fidanzata, ma l’incontro con un gruppo di Comunione e Liberazione. «Sono rimasto folgorato dalla dedizione che hanno per il prossimo», da qui l’esperienza del volontariato e dall’8 settembre, firmerà il suo personale “armistizio” con il passato da professionista del rugby per dedicarsi, nei prossimi sei anni, agli studi di filosofia e teologia, inframezzati da quella che è la sua prossima meta agognata: «Voglio fare il missionario. Ma la palla ovale la porterò con me, ovunque andrò». È ciò che ha fatto
padre Eugenio Schenato, missionario in Madagascar che vanta due stagioni nella serie A del rugby negli anni ’70, con il Cus Genova, all’epoca seconda forza dietro al Petrarca Padova (club fondato dai gesuiti). Il rugby come strumento di integrazione e di insegnamento delle regole lo sperimenta da sempre don Andrea Bonsignori, direttore a Torino di quell’oasi scolastica del Cottolengo. Don Andrea non ha mai rinunciato alla sua passione per l’ovale, trasmettendola ai piccoli della GiuCo ’97 e gettandosi nella mischia con “La Drola” («in piemontese vuol dire roba scadente, ma è anche l’acronimo del grido di allarme: “al ladro!”», dice ridendo) il quindici dei reclusi del carcere torinese de le Vallette. Sfide tra
amateur lo sport preferito da papa Francesco e anche dal vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi che, tre anni fa, nel giorno dell’ordinazione sacerdotale di
Daniele Del Gaudio, ex talento del calcio, ricordava dal pulpito: «Caro don Daniele, non molti anni fa sei stato giocatore della nostra sventurata Triestina. Ora permettimi di farti una consegna calcistica: insegna ai nostri giovani a fare gol, dribblando il male e il demonio, calciando il pallone della loro esistenza dritto nella porta della fede». In quella porta ha continuato a fare gol fra’ Stefano Albanesi. Il cappellano dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, prima di portare il conforto quotidiano ai malati si occupava del centrocampo del Pescara. L’estate del 1999, l’allora 24enne Albanesi fece l’annuncio “choc” al mondo pallonaro, che da sempre pone al vertice il dio denaro: «Non vado in ritiro con la squadra, ma in convento». Il più turbato fu il suo allenatore, il “Profeta” dell’Adriatico Giovanni Galeone che si lasciò sfuggire un ironico «per fortuna che l’abbiamo scoperto prima, altrimenti mi convertiva tutto lo spogliatoio...». A Pesaro quando giocava nella Vis, fra’ Stefano aveva già capito che alla convocazione del mister avrebbe anteposto la Chiamata dall’Alto. Durante il ritiro prepartita recitava il rosario con le “vecchiette” della città e fu anche l’unico della rosa pesarese a rispondere all’appello di un incontro con i giovani promosso dall’allora vescovo della città marchigiana, il futuro cardinale Angelo Bagnasco. «Fu una bella esperienza di Chiesa. Al termine Bagnasco mi accompagnò in cappella e mi diede la benedizione», ha raccontato fra’ Stefano che non ha mai avuto rimpianti per aver appeso così presto gli scarpini al chiodo e tanto meno l’aver rinunciato - «per sposare “sorella povertà”» - ai 250 milioni di vecchie lire a cui ammontava l’ingaggio: «Soldi con cui si potrebbe rendere felici tante persone bisognose». Quelle a cui va incontro anche il suo “collega” francescano, padre Graziano Lorusso, cappellano dell’ospedale a Copertino. La sua storia l’ha raccontata (assieme ad altri 15 ritratti di ex sportivi “prestati alla Chiesa”) Lorenzo Galliani nel libro
Un assist dal cielo (Elledici). Lorusso da ragazzino lasciò la sua Gravina in Puglia per trasferirsi a Bologna dove sotto la guida di mister Davide Ballardini vinse lo scudetto con i Giovanissimi del club rossoblù. Sembrava un predestinato padre Graziano, specie quando il 22 agosto 1991 scese in campo con la Nazionale under 17, che in attacco schierava Eddy Baggio (fratello di Roberto) e quell’Alex Del Piero, futuro Pinturicchio del calcio mondiale. Quel giorno contro gli azzurrini c’era l’Argentina di Juan Sebastian Veron che passò il turno, ma il miglior giocatore, all’unanimità venne votato lui. La promessa bolognese Lorusso, dopo la gavetta (in prestito in C: Rimini, Baracca Lugo e Iperzola) a 24 anni dai campi di calcio si trasferì nella chiesa di san Francesco. Sport e fede continuano a conciliarsi nel quotidiano di suor Giovanna Saporiti, la “presidentessa” dell’Agil Volley Igor Novara, società che milita nel campionato femminile di Serie A1. Suor “Giò”, come la chiamano le sue ragazze, a vent’anni entrò nella comunità delle sorelle dell’ordine delle Ministre della Carità di San Vincenzo De’ Paoli di Trecate. Ed è lì che nell’estate del 1983 iniziò il “sogno”: «C’era da decidere, se utilizzare un nostro terreno incolto per costruire una casa di cura per anziani o una comunità per il recupero dei tossicodipendenti, oppure un centro sportivo per i giovani. Ha vinto lo sport, ed è nata la squadra di pallavolo». Dall’Italvolley, argento con la selezione azzurra under 17 - assieme a Francesca Piccinini - , alla clausura, è stato il salto sotto rete di suor Michela Amadori. Ed è stata azzurra dell’atletica, 1.500 e 3.000 metri, anche Elena Rastello, salesiana, missionaria in Kenya e Tanzania. Dall’Africa a La Verna, lì dove suor Fabiana Benedettini nel 2006 ha preso i voti appena smesso di andare a canestro con l’Acli Livorno basket (serie A2). La sfida più bella, quella dell’anima, per Trevisan è appena iniziata, ma saranno tanti gli ex sportivi a correre assieme a lui, verso la prossima meta.