Antony van Dick, "Santa Rosalia", particolare. Madrid, Museo del Prado - WikiCommons
Quattro momenti della vita e della devozione della vergine sono riletti nel rispetto della tradizione e alla luce dei temi del presente Quattro donne, quattro compositrici raccontano in musica santa Rosalia. Corinne Latteur, Giulia Tagliavia, Valentina Casesa e Maria Mannone tornano alle radici del culto della santa di Palermo. Riprendendo, oggi, un’antica tradizione, quella degli oratori dedicati alla patrona del capoluogo siciliano. Quattro donne, dunque, tutte legate alla città, palermitane di origine o di adozione (per studi e scelte di vita), per la santa eremita alla quale da secoli la sua città dedica il Festino, celebrazione riconosciuta come Patrimonio immateriale d’Italia e che quest’anno celebra la sua quattrocentesima edizione. Edizione, quella del 2024, che abbraccia quasi tutto l’anno per celebrare i 400 anni dalla scoperta delle spoglie della santa. Edizione che culminerà domani con i Quattro canti per Santa Rosalia, oratorio in quattro parti che il Teatro Massimo ha commissionato a quattro compositrici per celebrare, andando alle radici del culto, la santa palermitana. «Il nostro oratorio vuole contribuire a rinnovare il rito che celebra da quattrocento anni la devozione per la patrona di Palermo e a ridare nuova vita a testi antichi di oratori e cantate per santa Rosalia di cui non ci sono giunte le musiche, base per la costruzione di un’opera nuova, collettiva come mettere insieme con quattro canti tutte le anime del mondo» racconta il sovrintendente e direttore artistico del Massimo, Marco Betta.
Quattro canti per Santa Rosalia, che inaugura domani alle 21 la stagione di spettacoli estivi della fondazione lirica palermitana, è un oratorio in quattro parti per soprano, mezzosoprano, voce narrante e orchestra con la drammaturgia e i testi di Fabrizio Lupo. «Il titolo Quattro canti evoca non solo una composizione musicale, ma anche un luogo simbolo della città di Palermo e del Festino, quel Teatro del Sole dove si incrociano le due strade principali del centro storico cittadino. Quattro canti sono anche le musiche originali che il Teatro Massimo ha commissionato per l’occasione, quattro composizioni originali che rivestiranno di nuove note i testi degli oratori e delle cantate ritrovati negli archivi della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana Bombace e della Biblioteca Comunale di Palermo Sciascia e individuati da Consuelo Giglio» spiega ancora Betta. Che ha affidato alle quattro compositrici il lavoro scientifico di ricostruzione letteraria sui testi. «Quattro pagine – racconta il sovrintendente del Massimo – legate insieme in un grande oratorio dai testi di Fabrizio Lupo, ispirati a quattro momenti della vita della santa e suddivisi in quattro numeri musicali che vengono declinati dalle compositrici secondo le loro diverse ispirazioni». Si ascoltano così il Canto della città bambina, il Canto dello sposo, il Canto pellegrino e il Canto della roccia che fotografano quattro momenti della vita di Rosalia, la nascita, la scelta di fede, l’eremitaggio e la morte della santa. «Sin dall’inizio con la forma di oratorio mi sono potuto concentrare sulla narrazione in musica che prende corpo solo attraverso il suono. Ho ripartito le quattro parti del libretto in quattro numeri musicali. Un’apertura musicale, una narrazione della vita, un canto e infine una preghiera. Ogni parte e composta da un momento musicale seguito da una narrazione della favola di Rosalia. A chiusura di ogni parte una preghiera, per scacciare i mali che ci affliggono, come nella tradizionale invocazione a santa Rosalia: Scansanni ri fame, guerra, peste e terremoti» dice Fabrizio Lupo, studioso della tradizione siciliana delle feste popolari, che ha curato la drammaturgia. Uno sguardo alla tradizione che si incarna nel presente. «Ecco la fame, simboleggiata dai migranti che abbandonano il deserto che avanza, la guerra, che uccide ancora oggi i bambini come nella strage degli innocenti, la peste, che abbiamo vissuto da poco con la pandemia e i terremoti, che chiamo cataclismi a causa del nostro operato sciagurato per il quale dovremmo chiedere a Rosalia, patrona della biodiversità, di perdonarci» riflette ancora Lupo i cui testi, insieme a quelli dei libretti degli oratori ritrovati nelle biblioteche palermitane, saranno affidati alla voce recitante dell’attore Filippo Luna.
Sul palco l’orchestra del Teatro Massimo diretta da Alberto Maniaci insieme alle voci soliste del soprano Maria Cristina Napoli e del mezzosoprano Marta Di Stefano. Il Primo canto, quello della Città bambina, ha la firma di Corinne Latteur, origine belga ma diplomata a Palermo in composizione e in direzione d’Orchestra, prima donna in Sicilia ad ottenere i titoli in entrambe le discipline. «Una pagina il cui cuore è un’aria per soprano e orchestra dove si canta tutto l’amore di Rosalia verso la propria città, Panormo mia citate amata ...non temer strali fatali» racconta Corinne Latteur. La seconda pala del polittico in musica è affidata Giulia Tagliavia, autrice di colonne sonore per il cinema, ma anche di fiction Rai e serie tv Netflix. «Nel mio Canto dello sposo le voci di Rosalia, affidata al soprano, e del Demonio, incarnato dal mezzosoprano, rappresentano il conflitto della santa tra vocazione e tentazione» spiega Giulia Tagliavia che chiude la sua pagina con un corale che è una Preghiera contro la peste. A Valentina Casesa, autrice di musica strumentale e di pagine d’opera e di danza, è affidato il Canto pellegrino. «Con un linguaggio tonale e semplice si vuole fare un elogio alla semplicità e alla vita umile della santa. E nel finale si sale con Rosalia in cima al Monte attraverso un crescendo costruito su onde sonore sempre più ampie» racconta Valentina Casesa, che passa poi il testimone per il Quarto canto a Maria Mannone, laureata in fisica teorica, ricercatrice del Cnr, docente di Neuroscienze e diagnostica avanzata dell’Università di Palermo, un master all’Ircam della Sorbonne di Parigi e un dottorato in Composition presso la University of Minnesota. «Il mio Panormus Divae Rosaliae è una composizione per soprano, mezzosoprano e piccola orchestra, basata sul testo in latino del Canto della roccia, dove la tradizione classica del contrappunto vocale dialoga con la modernità armonica dei passaggi orchestrali».
Omaggio alla santa palermitana anche il 30 giugno. Due repliche, alle 18 e alle 21, di Per amore di Rosalia, spettacolo di Giovanni ed Elisa Parrinello che vedrà in scena più di 230 ragazzi, i musicisti della Massimo Kids Orchestra, gli artisti del Ditirammu lab, le voci della Cantoria e del Coro di voci bianche del Teatro Massimo. Insieme a Enzo Mancuso del Teatro dell’opera dei Pupi Carlo Magno e guidati dalla bacchetta di Michele De Luca proporranno musiche della tradizione popolare legate alla figura di Rosalia.