mercoledì 10 giugno 2009
In un convegno di studi resa nota una lettera del 1938 (alla fine però non spedita) in cui Papa Ratti dichiara al Duce la sua decisa contrarietà all’antisemitismo. Pontificato in due fasi: prima il concordato col regime, poi il rifiuto forte dei totalitarismi perché «il destino della Chiesa è inscindibile da quello dell’umanità»
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Il «no» fermo di Pio XI alle leggi raz­ziali volute da Mussolini fu espres­so in una lettera che il cardinale Pa­celli, futuro Pio XII, aveva scritto nel-­l’estate 1938 a nome del Pontefice per­ché fosse consegnata personalmente al Duce. La lettera, che non fu mai spe­dita, è stata ritrovata negli archivi del­la Fondazione per le Scienze religiose «Giovanni XXIII» di Bologna e resa no­ta ieri dalla ricercatrice Raffaella Pe­rin nel corso del colloquio internazio­nale di studio su Papa Ratti svoltosi al­l’Ambrosianeum di Milano. Il convegno è stato introdotto dallo sto­rico tedesco Hubert Wolf, per il quale Pio XI «si colloca, a torto, all’ombra del suo predecessore, Benedetto XV, e so­prattutto del suo successore, Pio XII. Il suo pontificato merita invece una trat­tazione scientifica autonoma, non po­tendo essere il ruolo di Pio XI limitato alle questioni ecclesiastiche interne». L’incontro di studio si è articolato su tre parole chiave: «Totalitarismo, morale, Russia», nelle quali si può leggere e ri­valutare – a 360 gradi e con rigorosi cri­teri scientifici, fuori da ogni criterio dogmatico – un magistero che, secon­do alcuni, si sarebbe occupato solo dei totalitarismi (il fascismo, il nazional­socialismo, il comunismo) privile­giando in pratica i rapporti politici e diplomatici tra la Santa Sede e il na­zionalismo degli Stati. Invece «grazie all’apertura dell’Archivio Segreto Vati­cano – come dice il professor Alberto Melloni, segretario della Fondazione bolognese – ci viene presentato (e le ricerche sono tuttora in corso) un Pio XI sottratto al confronto con Papa Pa­celli e ci vengono restituite invece la complessità e anche le ricchezze di un pontificato che toccano aspetti signi­ficativi come il rapporto con i vescovi, il ruolo del laicato, quello con le altre Chiese e comunità religiose, l’ecume­nismo, la dimensione missionaria, il tema della pace, quello della famiglia e della donna, il riconoscimento degli ebrei come 'fratelli maggiori'». Puntualizza il professore Wolf: «La stra­tegia di Pio XI e della sua Curia nella lotta ai totalitarismi del XX secolo può essere esaminata a fondo e in modo a­deguato solo in una prospettiva di con­fronto internazionale». Nella quale la cura delle anime e la tutela dei diritti umani vengono tradotte dal Papa in u­na affermazione che può essere con­siderata provocatoria: la Chiesa è l’u­nica istituzione che, legittimamente, può definirsi totalitaria per la sua di­mensione spirituale. Un’altra storica, Emma Fattorini, spie­ga: «Il pontificato di Pio XI passa per due fasi diverse. La prima è quella de­gli anni ’20, quando Ratti cerca di tro­vare una soluzione con il regime fasci­sta; il Concordato è l’apice di questa fase. Ma già nella metà degli anni ’30, soprattutto con il nazismo ma non so­lo, il Pontefice esplicita un rifiuto tota­le, profondo verso i totalitarismi. Non c’è più in lui la ricerca di una cristia­nità, come quella che si voleva realiz­zare in Spagna, in Portogallo, in altre nazioni. Diventa più chiara la sua let­tura della storia: il destino della Chie­sa è inscindibile da quello del genere umano». L’apertura degli Archivi Vaticani ha messo in moto, con la partecipazione di studiosi e di istituti scientifici di va­ri Paesi, una serie di ricerche i cui pri­mi risultati sono stati presentati nel colloquio apertosi ieri (proseguirà og­gi) in uno spettro di relazioni e comu­nicazioni che parte dall’edizione criti­ca «on line» dei rapporti di Eugenio Pa­celli negli anni della Nunziatura, dal 1917 al 1929, a Monaco e poi a Berlino a cavallo tra i pontificati di Benedetto XV e Pio XI. Si tratta di ben 6500 tra re­lazioni, documenti che costituiscono una nutrita miniera di informazioni, valutazioni sulla realtà politica e so­ciale della Germa­nia di quegli anni, con notazioni an­che curiose come quando monsignor Pacelli scrive, a pro­posito di un veico­lo messo a disposi­zione della Nunzia­tura, che « l’auto­mobile è degna di un rappresentante del Papa». In questa serie di rapporti si possono intravedere anche i futuri in­terventi di Pio XI e poi di Pio XII. Nelle diverse comunicazioni della gior­nata non sono mancati ovviamente i riferimenti ai contrasti, ai silenzi, ai fiancheggiamenti che segnarono i rap­porti tra la Santa Sede e l’impero fa­scista, così come le reazioni del Vati­cano alla guerra civile spagnola, con i timori di una deriva totalitaria. E si toc­cano anche aspetti meno noti come il concordato con la Romania o la situa­zione della Cecoslovacchia (nodo cru­ciale della politica internazionale alla vigilia della guerra). Anche la redazio­ne dell’enciclica Divini Redemptoris, di condanna del comunismo interna­zionale, trova negli archivi vaticani un’ampia documentazione che spie­ga non solo la diffusione del docu­mento, ma anche la presa del bolsce­vismo in tutto il mondo, Alaska com­presa (e perfino in qualche seminario). Come nota lo storico Carlo Felice Ca­sula, l’enciclica rivela anche come il rapporto tra Vaticano e Unione sovie­tica è ritenuto negli anni Trenta «poco importante». A latere dell’enciclica, c’è la vicenda della «mano tesa» ai catto­lici avanzata per la seconda volta nel­l’ottobre 1937 dal leader comunista francese, Thorez. Nella Pasqua prece­dente Pio XI aveva respinto ogni forma di collaborazione; invece il 7 novem­bre, parlando ai ve­scovi francesi, il Pa­pa conferma la condanna ma – lo rile­va la ricercatrice francese Marie Le­vant – non in modo così fermo. E a Pa­celli, segretario di Stato, spiega: «Oc­corre che episcopato, clero e buoni cat­tolici si rendano conto della realtà del­le cose. Vale a dire che non ci rimane che dare l’esempio dell’attuazione del­le idee cristiane». Ma l’indicazione del Papa cadde nel vuoto. Le ultimi notazioni riguardano gli interventi di Pio XI sulla famiglia, sulla formazione delle élites femminili cat­toliche nel periodo tra le due guerre, sui rapporti tra il cattolicesimo ameri­cano, la Santa Sede e gli Stati Uniti. A­spetti di un pontificato meno noto fuo­ri da ogni ufficialità.
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