lunedì 18 novembre 2013
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Quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due, Metti la canottiera, Il valzer del moscerino, Il coccodrillo come fa. Canzoni immortali destinate a rimanere nella memoria collettiva legate a un unico nome: il Piccolo Coro dell’Antoniano che quest’anno compie mezzo secolo. Cinquant’anni di musica, di televisione e, soprattutto, di scuola. «Sì perché il Piccolo Coro è una scuola – ci tiene a mettere in chiaro fin da subito Sabrina Simoni, la direttrice che ha preso il posto della fondatrice Mariele Ventre dopo la sua morte prematura nel 1995 –. Non uno show. Cinquantadue bambini, dai tre agli undici anni, due ore di lezione al giorno, tre volte alla settimana. Si studia, si canta e si impara a stare insieme». Stessa filosofia educativa da cinquant’anni, quella della "fatina" Mariele Ventre, che del Piccolo Coro aveva fatto la sua missione di vita. Tutto comincia nel 1961 quando la ventenne Mariele, appena diplomata con successo al Conservatorio di Milano, viene ingaggiata da padre Berardo Rossi, storico frate francescano dell’Antoniano, recentemente scomparso, per dirigere la prima edizione made in Bologna dello Zecchino d’Oro, oggi arrivato alla sua 56esima. Pochi bambini, tutti piccolissimi, diretti da Mariele solo per la puntata televisiva che da subito appassiona moltissimi italiani. Poi l’idea della fondatrice di renderla un’esperienza stabile, indipendente dalla trasmissione della Rai. Nel 1963 nasce, quindi, il Piccolo Coro così come lo conosciamo ancora oggi. «Mariele desiderava che non fosse solo un’esperienza saltuaria quella del coro per i bambini, perché si era resa conto che portava loro molti benefici – racconta Maria Antonietta Ventre, sorella della "fatina" e direttrice della Fondazione –. Con l’aiuto di padre Berardo è riuscita a creare una scuola permanente dove si insegna il canto naturale, senza sforzi nella voce, e a leggere e imparare la musica. Insieme a tanti valori indispensabili per la crescita». Mano a mano i bambini sono aumentati, fino ad arrivare al consistente numero di oggi. Negli ultimi anni ne sono venuti da tutto il mondo: dalla Colombia, dal Brasile, dal Bangladesh, dalla Repubblica Domenicana, dall’Ecuador, dall’India, dall’Argentina, dal Perù, dalla Polonia e dall’Ucraina. Bimbi di fede cattolica, protestante e anche musulmana. «Le famiglie si fidano, perché sanno che il rispetto è uno dei nostri valori fondamentali», racconta Sabrina. Questa ricchezza vocale e culturale si amplia di anno in anno grazie ai nuovi ingressi. Cambia molto, invece, la provenienza dei bimbi "locali". «Oggi arrivano soprattutto dalla provincia di Bologna – racconta padre Alessandro Caspoli, responsabile dell’Antoniano –. Anche dai paesi colpiti dal terremoto dell’anno scorso, come Mirandola, che dista quasi 60 chilometri da Bologna». Un lungo viaggio per portare i propri bambini a cantare. È vero che le famiglie non pagano quote di iscrizione, ma è anche sacrosanto che i genitori non ambiscano a far diventare i figli delle star canore. Il sogno di vederli prima o poi ricchi e famosi. «Il Piccolo Coro è tutto fuorché un talent show – continua Maria Antonietta Ventre –. Anzi, nasce proprio contro il divismo. Nelle prime edizioni dello Zecchino, Mariele si era resa conto che i solisti in gara, alle volte, facevano un po’ i "baby divi" e così ha pensato di affiancarli con il coro. In questo modo non vinceva il singolo, ma tutti quanti erano vincitori». Un’educazione a trecentosessanta gradi, come dimostrano anche i testi delle canzoni, alcune composte da cantautori di fama. Se il Carletto che fa la pipì nel letto per fare uno scherzetto a mamma e papà ribadisce i diritti dei bambini, i 44 gatti in fila per sei con il resto di due ricordano che l’accoglienza è importante e che i due mici un po’ più sfortunati, che sarebbero di "resto", in realtà sono fondamentali per far quadrare i conti. Il valzer del moscerino è un inno alla fragilità dei sogni e il coccodrillo che mangia troppo e non mette mai il cappotto è uno dei paladini contro il pregiudizio.
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