sabato 17 maggio 2014
​Gli umbri tornano in "B" dopo nove anni.
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​Nel calcio c’è chi stramaledice l’infausto 5 maggio (vedi Inter Hector Cuper che nel 2002 perse uno scudetto già vinto all’Olimpico, 4-2 con la Lazio) e chi come il Perugia d’ora in poi glorificherà il “4 maggio 2014”. È stata la domenica del volo di ritorno del Grifo umbro «nella categoria che gli compete, la Serie B», dice entusiasta il suo giovin patron Massimiliano Santopadre.Il 45enne romano, presidente del Perugia, è riuscito a sanare con questa promozione la ferita ancora aperta di quella sfumata «immeritatamente» lo scorso anno ai play-off (pari beffardo - 2-2 - segnato dal Pisa a 5 minuti dalla fine). «Ricominciare dopo una delusione come quella non era per niente facile, ma ero convinto delle nostre potenzialità e così siamo riusciti a cancellare ogni malessere passato...». Infatti, al gol-promozione di Moscati (nella sfida-spareggio con il Frosinone) è svanito di colpo un decennio carico di amarezze, con due fallimenti societari (nel 2005 e nel 2010) e la dura ripartenza dal dilettantismo. Già, perchè il Grifo era sprofondato laggiù, in serie D, fino all’approdo di questo splendido quarantenne morettiano, ex calciatore e appassionato del pallone: «A Roma gioco ancora tutti i sabati a calciotto con gli amici». Prima di rilevare il Perugia Santopadre è partito dal basso: presidente dell’Atletico 2000 e del Testaccio «Avere a che fare tutti i giorni con 500 ragazzini e le rispettive famiglie è molto più difficile che gestire un club professionistico. Molti presidenti arrivano digiuni al grande calcio, mentre invece io penso che la gavetta vale per tutti, dirigenti compresi». Da figlio del popolo, «papà maresciallo dell’aviazione, mamma sarta», Santopadre ha fatto la gavetta anche da imprenditore, ramo abbigliamento: dai mercati rionali della capitale «a vendere jeans», al lancio del marchio “Ireland” (azienda leader nel mondo dello streetwear giovanile) e “Frankie Garage”. «Non sono il classico presidente ricco di famiglia che può buttare i soldi di papà nel pallone. Io sono arrivato in B facendo dei sacrifici e sono consapevole che adesso il gioco, sul piano economico, si fa ancora più duro e vince davvero solo chi sa fare il passo secondo la gamba». Del resto, la salary cap del torneo cadetto impone ingaggi per i calciatori con tetto massimo fissato a 140mila euro netti e il tecnico del Perugia - (1° assoluto nella Lega Pro: battuta anche l’Entella nella Supercoppa: Andrea Camplone, quest’anno aveva un contratto da 50mila euro.«Metà squadra - mercato permettendo - verrà confermata», spiega il presidente, e con qualche gioiello, come Fabinho, «si dovrà trattare il “riscatto” con la società di appartenenza», nel caso del funambolico brasiliano con l’Udinese. Idee chiare e decise, come quando a inizio stagione ha esonerato Cristiano Lucarelli per richiamare la coppia Camplone-Di Cara. «Non mi piacevano le idee tecniche di Lucarelli. Esonerandolo gli ho permesso di non stare fermo e di andare poi ad allenare il Viareggio. Con Camplone e Di Cara ho agito sull’onda emotiva della delusione per la promozione mancata, ma poi mi sono reso conto di aver sbagliato e che erano loro le persone giuste per ritentare la scalata. Ho avuto ragione...».

Convinzione del “presidente-tifoso” che per ds ha scelto un ex baby prodigio del Perugia come Roberto Goretti (classe 1976, solo due anni meno del capitano Gianluca Comotto) e che si è appena fatto tatuare il Grifo sulla spalla sinistra: «Quel tatuaggio l’ho fatto prima della partita del Frosinone, perché ho pensato: nel calcio non sai mai quanto può durare il trend positivo, ma qualsiasi cosa accadrà da qui in avanti, ciò che ho fatto per questa squadra e per questa città lo porterò con me per sempre».Amore eterno per Perugia e la sua gente: «All’inizio non è stato facile, venivo guardato con sospetto. Ma la mia famiglia è di tradizione contadina - radici ciociare, di Arce - e so che se se coltivi il rispetto e la serietà, dalla terra su cui stai lavorando ti tornerà indietro solo del bene ». In questa terra perugina aveva lavorato e con successo “Big Luciano” Gaucci che dopo aver riportato il Perugia in A e in Europa (vittoria dell’Intertoto nel 2003) ha dovuto abbandonare la baracca e vivere da latitante a Santo Domingo. «Gaucci nel bene e nel male ha fatto la storia del Perugia. Io ho studiato a fondo la storia di questo club e vorrei tanto riproporre un modello di società come quella che negli anni ’70 riuscì a costruire il presidente Franco D’Attoma».Quello era il “Perugia dei miracoli” di Ilario Castagner che nella stagione 1978-’79 chiuse al 2° posto - dietro al Milan della stella - da imbattuto (30 gare senza sconfitte) e che l’anno dopo alle “buste” dal Vicenza strappò Paolo Rossi alla Juventus, richiamando al Curi 40mila spettatori. «Noi partiamo dai 3mila abbonati di quest’anno e l’obiettivo, anzi il sogno, è averne il doppio la prossima stagione». Nell’ultima partita con il Frosinone al Renato Curi si sono presentati in 22mila. Trentamila sono rimasti fuori per sold out e hanno assistito alla partita dallo schermo gigante Altri 5mila perugini il 4 maggio erano al PalaEvangelisti, dirimpettaio del Curi, per la finale scudetto di pallavolo tra la Sir Safety Umbria e la Lube Macerata, poi vinta dai marchigiani. «Con il presidente della Sir Perugia, Gino Sirci, siamo d’accordo per incontrarci e vedere di creare una sinergia. Molti tifosi del Perugia già vengono alla partita e poi seguono anche la pallavolo. Questa comunità sta rinascendo grazie allo sport e spero tanto che i successi in campo servano ad allontanare la falsa immagine di Perugia “città degli spacciatori” o dei ”gialli criminali” (vedi omicidio di Meredith Kercher, ndr)». Perugia infattti è città d’arte, universitaria e patria di Aldo Capitini, filosofo del pacifismo e del movimento della non-violenza (il “Ghandi italiano”). La stessa linea di pensiero che sposa il presidente Santopadre, il quale tende già la mano ai cugini ed eterni rivali della Ternana, con i quali il prossimo anno sarà derby. «Confesso che sono già preoccupato per quella partita. Ma confido molto nei nostri tifosi che da quando ci sono io si sono sempre comportati con la massima civiltà. Il Perugia ha una tifoseria molto responsabile che ci appoggia allo stadio e che collabora alle tante attività sociali che abbiamo messo in campo».  L’ultimo progetto è il “Residence Ac Perugia” all’interno del Comitato per la Vita Daniele Chianelli, un’Associazione - per la cura, la ricerca e l’assistenza dei malati di leucemie e tumori di bambini e adulti - di Serie A. Quella massima serie che Perugia ha vissuto per 13 stagioni e che adesso tutti sognano di rivivere presto.

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