Il regista svedese Ruben Östlund. Il suo film, «The Square», ha vinto la Palma d'Oro
È andato così il Festival di Cannes quest’anno, con un concorso al di sotto delle aspettative, una giuria assai divisa e i premi sbagliati ai film giusti. A sorpresa Pedro Almodóvar e i suoi compagni di lavoro, tra cui Paolo Sorrentino, hanno assegnato la Palma d’Oro allo svedese Ruben Östlund per il suo The Square, uno dei film più interessanti della competizione, ma che forse avrebbe meritato qualcosa in meno, perché se la prima parte concentrata sull’ipocrisia dell’arte contemporanea e il cinismo dell’oggi funziona, nella seconda la storia si smarrisce. Molti più applausi e una standing ovation hanno invece accolto il Grand Prix a 120 battements par minute di Robin Campillo sul gruppo di attivisti che negli anni Novanta lottarono contro il governo francese ancora indifferente al dramma dell’Aids. Il premio della regia è per Sofia Coppola che ne L’inganno ha diretto un cast d’eccezione capeggiato da Nicole Kidman la quale, sulla Croisette con ben quattro lavori, ha ottenuto dalla giuria un Premio Speciale del 70° anniversario.
Il bellissimo Loveless del russo Andrej Zvjagincev, il film migliore secondo la maggior parte dei critici, ritratto cupo e doloroso di un società spietata e devota solo al denaro, si è invece dovuto accontentare di un ben più modesto Premio della Giuria. I migliori attori sono Diane Kruger, la superfavorita della vigilia, diretta da Fatih Akin in In the fade, dove interpreta una donna colpita al cuore da un attentato neonazista che ha ucciso marito e figlioletto («Il mio pensiero va a tutte le persone travolte dal terrorismo, che hanno continuato a vivere dopo le orribili perdite subite »), e Joaquin Phoenix, impegnato a salvare ragazzine dal racket della prostituzione infantile in You where never really here di Lynne Ramsay, film che ha vinto anche per la migliore sceneggiatura, ex aequo con The killing of a Sacred Deer di Yorgos Lanthimos, il più fischiato della competizione.