Peter Handke riceverà oggi il premio per la Letteratura: polemiche per il suo appoggio ai serbi nell’ex Jugoslavia
Lo scrittore Peter Handke riceverà oggi il premio Nobel per la Letteratura. Polemiche in tutto il mondo. Perché Handke ha scritto in favore di serbi autori del genocidio culminato a Srebrenica, ha partecipato ai funerali di Miloševic, il presidente serbo arrestato per quella immensa colpa e imprigionato per essere giudicato dal tribunale dell’Aia, e morto in prigione. Era amico di Mladic, il comandante militare che guidava le truppe serbe. In un filmato abbiamo visto il generale Mladic dritto in tuta mimetica accanto a una siepe, nella siepe c’è un buco, attraverso il buco si vede un villaggio addormentato, è notte, il reparto che deve sterminare il villaggio bruciando le case arriva in fila indiana, ogni soldato che giunge in faccia al generale s’inchina e gli bacia la mano, con quel bacio si assolve dal crimine che sta per compiere.
La figlia di Mladic s’è impiccata per questo. Handke lo esalta. Handke ha difeso quei serbi (per i quali sentiva totale vicinanza etnica, perché lui è nato in Austria, ma la madre era serba), che il tribunale dell’Aia e tutta l’umanità ritengono colpevoli, e ha sostenuto la tesi che a Srebrenica i serbi non massacrarono nessuno, ma i musulmani si massacrarono fra loro, per poi dare la colpa ai serbi. Per questa tesi, cinica e beffarda, Salman Rushdie definì Handke «un bugiardo mondiale» e Susan Sontag invitò l’Accademia svedese a tornare sui suoi passi e ritirargli il premio. Gesto tecnicamente non possibile. I critici letterari che ritengono il premio ben assegnato non discutono sugli errori politici e morali dell’autore, ma affermano la separatezza tra lo scrittore e il politico. Ritengono che lo scrittore deve scrivere bei libri, non fare buone azioni. Uno scrittore geniale ma criminale resta un grande scrittore. La criminalità riguarda l’uomo, non l’artista. Parlano di Caravaggio, grande pittore ma uomo criminoso, di García Márquez, grande narratore ma amico di Fidel Castro che imprigionava i dissidenti, di Borges, poeta raffinato ma amico di dittatori, di Roman Polanski, regista di film indimenticabili ma accusato e reo confesso di violenza su una bambina di 13 anni e da quel momento esule per il mondo per non scontare la pena, di Woody Allen, che in questo momento ha un film delizioso che gira per le sale ma non dappertutto viene accolto perché il movimento del #metoo lo boicotta.
In realtà tutti questi casi, e gli altri come questi, sono diversi. Perché con Peter Handke ciò di cui si discute non è il suo diritto di scrivere un libro, di vederlo tradotto in giro per il mondo, acquistato dalle biblioteche, non è il diritto di sostenere che Mladic e Miloševic sono innocenti, no, ma è il suo diritto di ricevere il Nobel.
Perché il Nobel ha uno statuto e lo statuto ne vieta l’assegnazione se porta un vantaggio al fascismo, al nazismo, o un danno all'umanità. E se uno afferma che gli autori della strage di Srebrenica sono innocenti, poiché indagini internazionali hanno accertato che quegli autori hanno radunato ottomila prigionieri civili in una cittadina della Bosnia, gli hanno sparato a raffica, li hanno buttati nelle fosse e li hanno sepolti, se costui è uno scrittore si può premiarlo col Nobel? No, chi difende una strage ri-commette quella strage. Fa un’offesa all'umanità. Ma in questo momento si può ritirargli il premio? No, non più. E allora? E allora gli diano oggi il premio, ma da oggi il premio non è più quello.