Sacco a pelo e dinosauri. L’avventura si chiama
Dino Snores e richiama migliaia di ragazzi al Natural History Museum di Londra per una immersione notturna nella preistoria: ingresso dopo la chiusura ufficiale del museo, una serie di attività didattiche, cena e poi tutti a dormire sotto l’enorme scheletro di un Diplodoco. All’alba, sicuramente con poche ore di sonno, si può continuare la visita o tornare a casa. Alcuni dei più famosi musei americani e inglesi (ma anche il Museo delle Scienze di Trento) hanno ugualmente creato speciali programmi notturni: quelli di Storia Naturale di Los Angeles e di Chicago, l’Academy of Sciences di San Francisco, il Museo Marittimo di San Diego, il PennMuseum di Filadelfia, a Washington si può prenotare la duplice esperienza degli
Smithsonian Sleepovers al Museo Nazionale di Storia Americana e a quello di Storia Naturale, che aprono le loro porte soltanto ai bambini tra gli 8 e i 12 anni, mentre agli adulti è riservata l’inconsueta emozione di dormire nelle sale dell’Archivio Nazionale. Le gallerie e le mostre d’arte, invece, hanno scelto di percorrere una strada inversa: andare con le loro opere direttamente in sala, affidandosi alle mani di grandi registi. È accaduto per la National Gallery di Londra che Frederick Wiseman – il suo film uscirà nella sola giornata dell’11 marzo – ha voluto ritrarre come un luogo della memoria e del presente, soffermandosi non solo sui volti ritratti in tanti dei 2.400 capolavori custoditi nel museo, ma anche su quelli di chi ogni giorno vi lavora o lo visita. Questo dialogo è stato coltivato con successo dalla Nexo Digital che ha programmato nei prossimi mesi alcuni appuntamenti di rilievo chiamati
Grande Arte sul Grande Schermo:
Rembrandt (10 febbraio),
Van Gogh (14 aprile),
Cattedrali della Cultura 3D di Wim Wenders (21 aprile),
Gli Impressionisti (26 maggio). Una scelta premiata dal successo: dopo
Hermitage, Musei Vaticani 3D, prodotto da Sky 3D e Sky Arte, distribuito in 56 paesi, con oltre 160.000 spettatori e più di 1,5 milioni di euro al box office, è stato il documentario d’arte più visto nella storia del cinema a livello internazionale. Tutto questo non sarebbe forse accaduto se nel 2006 Ben Stiller non avesse iniziato a vivere, con
Una notte al museo, la prima delle sue fantastiche avventure proprio nell’American Museum of Natural History di New York. Il film – in cui personaggi storici, di fantasia e animali estinti prendevano misteriosamente vita al calar del sole – ha incassato 250 milioni di dollari solo negli Stati Uniti, ma più che il successo commerciale ha sorpreso il rinnovato interesse dei più giovani per i musei. Tre anni dopo è uscito il seguito,
Una notte al museo 2 – La fuga e ora dal 28 gennaio arriva nelle sale italiane
Una notte al museo 3 – Il segreto del Faraone, sempre con Stiller nei panni della guardia notturna Larry Daley, accompagnato ancora una volta dagli scomparsi Robin Williams e Mickey Rooney, da Owen Wilson e Steve Coogan minuscole figure di un cowboy e un antico romano, mentre nuovi personaggi sono quelli di Dan Stevens che presta il suo avvenente fisico a Sir Lancillotto e Ben Kingsley il suo profilo orientale al faraone del titolo, Merenkhare, il solo in grado di rivitalizzare la tavoletta dorata che porta in vita gli ospiti immobili dei musei, ma sempre più a corto di magica energia. La sua tomba, però, si trova al British Museum di Londra e questa volta saranno le sue sale ad essere sconvolte per una nuova notte di divertente follia. Proprio grazie al film la Direzione del famoso museo ha cominciato a organizzare speciali “sleepover”, mentre il londinese Museo delle Scienze organizza una volta al mese delle richiestissime
Science Nights.Ci sono alcuni motivi per i quali il regista Shawn Levy ha deciso di “occupare” le sale del British. «In verità, avevamo preso in considerazione il Museo del Cairo e poi il Louvre di Parigi, ma siamo finiti a Londra prima di tutto perché le avventure di
Notte al museo, che assecondano il fascino collettivo per la vita segreta di oggetti e figure storiche del passato, dovevano avere una dimensione internazionale. E dovevamo trovare un museo conosciuto da tutti e con una sorprendente collezione egizia». Il film è stato l’ultimo che ha visto Robin Williams realmente su un set. «La sua interpretazione di Teddy Roosevelt – ricorda il regista – è intensa e commovente. Sfido chiunque a trovare un attore come lui capace di essere contemporaneamente spassoso e malinconico». La produzione si è spostata a Londra occupando il British Museum per una intera settimana. «Durante le riprese Robin ha raggiunto me e Kingsley mentre eravamo vicini alla Stele di Rosetta, con il museo completamente vuoto e silenzioso perché erano le tre del mattino. Ci ha fatto notare quanto fosse incredibile quell’istante. Forse, più di tutti noi, Robin era intensamente in sintonia con quel meraviglioso stupore che nasce dalla storia e dalle sue icone. Lo ricorderò proprio così, per sempre».