L’agenda continua a dettarla lui. Perché, alla vigilia dell’inizio della stagione 2018 del Motomondiale (domani in Qatar, il primo Gp sul circuito di Losail) le copertine non sono sul campione uscente Marc Márquez, cannibale del Mondiale in quattro delle ultime cinque edizioni, né su una Ducati che riprova l’assalto al titolo, meno che mai sulla proiezione effettiva dei segnali ricavati dai test degli ultimi mesi. No: è ancora Valentino Rossi a prendersi la scena, con un timing da perfetto sorpasso in staccata, grazie all’annuncio del rinnovo con Yamaha fino al 2020.
La notizia insomma è ancora e sempre lui, il Dottore, che avrà così ancora tre stagioni per inseguire la decima iride della sua leggendaria carriera, perpetuerà la sua immanente presenza sino alla soglia dei 42 anni e, allo stesso tempo, permetterà al Motomondiale di spostare ancora più in là il giorno in cui tutto il movimento dovrà ripensare a sé stesso a fronte dell’addio dell’uomo che da più di vent’anni ormai ne è il nume tutelare. Un rinnovo che è anche un rilancio, un’idea maturata sulla base dei risultati della scorsa stagione, quando il rider di Tavullia, pur avendo vinto solamente la gara di Assen, avrebbe verosimilmente chiuso sul podio se non avesse dovuto fare i conti con la caduta in allenamento sulla moto da cross che lo aveva costretto a saltare il Gp di San Marino e a fare i conti, dopo il frettoloso rientro, con i postumi di quell’infortunio.
Sono in tanti, oggi, a sostenere che Valentino sarà protagonista nella stagione che sta per iniziare: la M1 punta al riscatto dopo un’annata nella quale l’andatura l’hanno fatta Honda e Ducati e le impressioni della vigilia raccontano di un Mondiale che non ha un vero e proprio favorito, anche se i rapporti di forza per quanto concerne le moto non sembrano molto diversi da quelli di un anno fa e Yamaha pare dover rincorrere. Il resto lo faranno circostanze e motivazioni, e in questo senso ecco tornare alla ribalta, come candidato al titolo e non più come outsider, un Andrea Dovizioso che ha compiuto il salto di qualità sotto l’aspetto mentale. È andato vicinissimo al titolo nel 2017, vincendo quanto Márquez (6 gare a testa) e restando in gioco sino a tre gare dal termine, quando il tredicesimo posto di Phillip Island ha compromesso tutto. Ma ha dimostrato di saper domare la Ducati come nessuno mai era riuscito a fare dai tempi di Stoner, ed è legittimo pensare che possa ritentare quella che oggi sembra una missione possibile, a maggior ragione se Jorge Lorenzo - uno che difficilmente lotterà tra i primi riuscirà a mettersi alle spalle i problemi di adattamento alla Desmosedici, considerando che a quel punto Dovizioso avrebbe un alleato prezioso.
Quattro allora i contendenti, con Márquez e Dovizioso favoriti nel pronostico sulla coppia della Yamaha formata da Viñales e Rossi, non necessariamente in quest’ordine. Due italiani e due spagnoli, niente di nuovo, anche se le ambizioni tricolori oggi sembrano più vigorose di quanto non ap- parissero all’alba del Mondiale 2017, quando il forlivese della Ducati non era considerato altro che una seconda linea e, sebbene Valentino fosse sempre Valentino, sulla M1 i fari fossero puntati sul suo compagno di squadra iberico. Ma l’azzurro non finisce qui: Iannone, dopo il primo anno in Suzuki, mira a far parlare di sé di nuovo su pista e non solo sulle riviste di gossip, Petrucci dal canto suo è all’ultima stagione in Pramac e - a bordo di una Desmosedici ufficiale - sogna la stagione perfetta per volare sulla Ducati vera e propria, magari facendo le scarpe a Lorenzo.
La curiosità è poi tutta per il debutto nella classe regina di Franco Morbidelli, iridato lo scorso autunno in Moto2 ed esordiente fra i grandi con la Honda del team Marc VDS. È stato lui a riportare in Italia un titolo che, in assoluto, mancava dal 2009 (Rossi, e chi se no?) e nella classe media dal 2008 quando trionfò Marco Simoncelli. Morbidelli - che potrebbe essere la sorpresa della stagione, come Zarco lo è stato di quella precedente - realizza il sogno di correre accanto a Valentino, per lui una sorta di padrino motociclistico, e proprio in questo sta l’immanenza del Dottore nel futuro della MotoGp, perché quando lascerà lui - e tempo ancora ce n’è - è pressoché scontata la presenza di un suo team. Del resto Morbidelli è il primo pilota formato dalla VR46 Riders Academy a fare il salto nella classe regina, dove nel 2019 arriverà anche un altro figlioccio di Rossi, Francesco Bagnaia forte di un contratto già firmato con la Pramac Ducati e punta della truppa italiana che si cimenterà da domani nelle gare di Moto2 con il team SkyVR46 accanto a Luca Marini, il fratello di Vale. Nella classe di mezzo sono 9 gli italiani, e fra questi c’è anche Romano Fenati, rookie in categoria, uno che però con VR46 aveva rotto ma che, avendo talento, di lì è passato comunque e si è rimesso in carreggiata la scorsa stagione in Moto 3, dove ora tocca a Bastianini e Dalla Porta dare filo da torcere ai favoriti Aron Canet e Jorge Martin.