Giovanni Battista Montini, papa Paolo VI - Ansa
Alcune date. 1925: tra gli ispiratori della fondazione della editrice Morcelliana c’è un giovane sacerdote, Giovanni Battista Montini, legato da amicizia spirituale e culturale con i fondatori Fausto Minelli, Giulio Bevilacqua e Mario Bendiscioli. 1928: tra le prime traduzioni della nuova casa editrice compare di Jacques Maritain, un filosofo francese poco conosciuto in Italia, I tre riformatori. Lutero, Cartesio Rousseau, curato da Montini. Da quella traduzione nacque un sodalizio intellettuale con Maritain che durò tutta la vita. Fine anni Venti, primi anni Trenta: Montini diviene assistente nazionale della Fuci e inizia un rapporto con la rivista e le edizioni Studium, edizioni che gli furono a tal punto a cuore da raccomandare, quando divenne papa, all’editrice La Scuola di farsene carico. 1947: in Morcelliana giunge da Roma un cospicuo assegno, a firma 'G. B. Montini', divenuto nel frattempo Sostituto della Segreteria di Stato vaticana, per promuovere la traduzione in prima mondiale del Diario di Kierkegaard e della Storia del Concilio di Trento di Hubert Jedin. 1964: la Morcelliana promuove una nuova traduzione dei Tre riformatori. Montini scrive al direttore, Stefano Minelli, e a Giulio Colombi, redattore, di voler seguire personalmente la revisione della traduzione, correggendone le bozze! Cosa che, come ha testimoniato Giulio Colombi in un memorabile saggio su 'Humanitas', puntualmente avvenne, con l’invio delle bozze al papa, poi ritirate da Stefano Minelli in colloqui personali nei palazzi vaticani.
È una storia che ha dell’incredibile solo per chi non conosca la cultura e la passione editoriale di Montini, che è stato, caso raro tra i papi, insieme traduttore, mecenate di editori, redattore e correttore di bozze. Una passione che lo porterà a comparare il lavoro dell’editore con l’arte del fornaio, che deve sfornare il libro ogni giorno, «fresco come il pane quotidiano». Dove l’aggettivo «quotidiano» rimanda al Padre nostro, e ha il significato di ciò che è essenziale per l’uomo, a tal punto da indicare nel pane, e quindi nel libro, un bene che dona una scheggia di eternità. Quale migliore definizione del lavoro editoriale? In tal senso, c’è da chiedersi se Paolo VI non debba di diritto essere riconosciuto - al fianco di san Giovanni Evangelista, san Girolamo e san Giovanni Bosco - tra i santi protettori degli editori, dei traduttori, ma anche, e questa e la sua specificità, dei redattori e correttori di bozze.