Ero un ragazzino di 16 anni, vederla nel ruolo di Olimpia nel magico Orlando furioso di Ronconi fu un evento, incancellabile, una di quelle apparizioni in cui il teatro ti tatua. Recitava con attori di alto livello, lei si staccava, perché straordinariamente diede volto e voce a un personaggio che avevo letto solo sulla pagina, e compresi che Olimpia era lei, intendo quella immaginata e conosciuta nel pensiero creante da Ariosto. Favorita dai tratti somatici, dalla loro particolarità asciutta ma non spigolosa, pareva proprio un personaggio del carillon ariostesco, nata per apparire e scomparire, per guardare fissamente l’orizzonte come verso una linea immaginaria e forse inesistente, come le trame di Ludovico. Confesso che vederla pochi anni dopo al cinema e per di più in film che non ho mai apprezzato, come La classe operaia va in paradiso e Todo modo , mi creò un senso di delusione. Vederla immersa in quel realismo caricaturale mi parve un tradimento. Ero un ragazzo e quindi non ancora in grado di considerare la professione e la professionalità di un attore. Ma presto, superato quel risentimento eccessivo e adolescenziale, mi accorsi che proprio quella sua presenza d’attrice fuggente, asentimentale, modernamente e minimalisticamente ieratica, la rendeva una originale, unica interprete cinematografica. Capace anche di portare comicità e collera a livelli parossistici: era un’attrice nuova di teatro e cinema, meglio la sua nuova presenza, piuttosto che il tentativo di replicare quella mitica di Alida Valli. Credo che i suoi capolavori siano in scena, a prescindere dal miracolo ronconiano, una scena dove passava da Medea alla Bisbetica domata con un suo particolare naturalismo fiabesco, che nel cinema la vide eccellente con il più consentaneo dei registi in tal senso, Pupi Avati. La sua natura eclettica e il suo naturale virtuosismo non manierato la condussero anche a esperienze a mio parere non necessarie, come quella con Giorgio Gaber; immagino volesse manifestare ulteriormente una versatilità attoriale completa e priva di pregiudizi. Che immagino corrispondesse al personaggio che descrive chi ha avuto la fortuna di conoscerla, intensa e mai melodrammatica, mutevole come un artista e solida come un professionista. Era inoltre simpatica e il suo volto, fuori dalla scena e dal set, manifestava capacità di riso e improvvisi, malinconici oscuramenti. Almeno così mi immagino, in parte, l’Olimpia che vidi a 16 anni.