"Si alza il vento". Il 'vento caldo dell’animazione', il vento che
Hayao Miyazaki ha portato nella storia del cinema, regalando allo spettatore la gioia del sogno, la gioia dell’amore e la gioia di avere una passione e coltivarla come un dono.
Si alza il vento è l’ultimo film del maestro giapponese (nelle sale italiane dal prossimo 14 settembre per Lucky Red) che racchiude in due ore indimenticabili il suo testamento cinematografico. E per non smettere di sognare con il cinema di Miyazaki, Lucky Red ha deciso di riportare, con un nuovo doppiaggio e un nuovo restauro digitale, due capolavori del passato:
La Principessa Mononoke, distribuita dall’8 al 15 maggio, mentre dal 25 al 27 giugno
La Città incantata, Orso d’oro al festival di Berlino nel 2002 e Oscar nel 2003. Tre uscite importanti e coraggiose, distribuite durante tutto l’anno, che rimettono al centro la capacità che ha avuto Hayao Miyazaki di ribaltare un’arte troppe volte relegata al mondo spettacolare e divertente per l’infanzia. E mentre il mondo della letteratura giapponese sembra farsi sempre più confinato nel nichilismo, il mondo dell’arte cinematografica nipponica, grazie alle opere di Miyazaki e dei suoi collaboratori, è diventato un universo dove trovano spazio gli adulti con le loro sofferenze, le loro impotenze, ma anche i loro sogni e la loro fantasia. Basta pensare alla doppia citazione del suo film testamento,
Si alza il vento. La prima, ispirata dalla poesia
Il cimitero marino di Paul Valery («Il vento si alza. E bisogna provare a vivere»), e la seconda che trae spunto dal ghibli, ovvero il vento caldo del Sahara, che dà il nome allo Studio Ghibli, la casa di produzione fondata nel 1985 da Miyazaki insieme a Isao Takahata. Creatore di cartoni animati entrati nell’immaginario collettivo come
Heidi, Lupin, Conan il ragazzo del futuro, Miyazaki, ispirato dai manga e dalla letteratura per l’infanzia, dà vita a mondi e creature fantasiose, ma sempre piene di significato. E ogni pellicola diventa un viaggio dove il protagonista impara ad avere fiducia in sé e nel bene che c’è negli altri. Come Chihiro, la ragazza protagonista de
La città incantata, chiamata a liberare i genitori da un incantesimo che li ha trasformati in suini. O come Ashitaka, coprotagonista de
La principessa Mononoke, che, pur essendo vittima di una maledizione, si trova a dover far comprendere alle creature del bosco e agli uomini che il male è il risultato del rancore, della paura e di un cuore ingordo. E se si deve parlare di un antagonista, Miyazaki non ha mai avuto dubbi: l’origine del male è sempre l’egoismo e l’incapacità di rispettare i desideri e le necessità degli altri. Capacità che hanno invece le protagoniste femminili, nel loro delicato apporto per sostenere e redimere l’uomo. Occupa un posto importante anche la vecchiaia, mai raccontata, a differenza di alcuni canoni estetici contemporanei, come un limite o un peso. Emblema di questo topos è il personaggio di Sophie de
Il castello errante di Howl, trasformata in un’anziana per un incantesimo a opera della strega delle Lande. Le debolezze della condizione fisica, perciò, non diminuiscono la grandezza d’animo di Sophie e il passaggio da un’età all’altra migliora la sua personalità. La fantasia, cifra stilistica di tutte le storie di Miyazaki, raggiunge il culmine con gli aerei, che hanno un posto privilegiato anche in
Si alza il vento. Miyazaki, che conosceva il peso delle contraddizioni dell’uomo, non ha avuto paura di fare vedere le conseguenze devastanti della tecnologia: gli aerei di avanguardia, gli Zero, modello Mitsubishi A6M (inventati dal protagonista Jiro Horikoshi e realizzati, in parte, dall’industria fondata dal padre e dallo zio dello stesso regista) furono utilizzati dai kamikaze durante la seconda guerra mondiale. Ma allo stesso tempo quelle macchine da guerra sono, prima di tutto, per Miyazaki lo strumento ideale che l’uomo ha per volare alto, per conquistare indipendenza e libertà, e per non smettere di vivere e di sognare. Con
Si alza il vento il settantatreenne maestro giapponese ha scelto di dare il suo addio all’animazione, lasciando la certezza che l’arte cinematografica è un’avventura poetica e appassionata dove la vita ha sempre significato.