giovedì 16 maggio 2024
Dopo un disastro devastante, un architetto ecologista vuole costruire una metropoli utopica capace di “connettere” una moderna New York all'antica Roma
“Megalopolis”: la favola urbana di Coppola stupisce Cannes

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Erano quarant’anni che sognava di realizzare Megalopolis, una favola urbana che creasse una sorta di legame ideale tra una moderna New York e l’antica Roma. Più volte interrotto per varie vicissitudini (tra cui l’attentato dell’11 settembre, enormi problemi di budget, la pandemia), il film più atteso degli ultimi due decenni ha finalmente visto il buio della sala, sugli schermi del Festival di Cannes, fiero di accogliere in competizione la nuova e quasi certamente ultima fatica di Francis Ford Coppola, regista della saga de Il padrino e di Apocalypse Now, che sulla Croisette ha già conquistato due Palme d’oro, una nel 1979 per il travagliatissimo kolossal sulla guerra in Vietnam e l’altra nel 1964 con La conversazione. Autofinanziato con 120 milioni di dollari, caratterizzato da una lunga e travagliata lavorazione che ha richiesto tra l’altro, almeno così narrano le leggende, di almeno trecento versioni della sceneggiatura, minacciato da una mancata distribuzione americana (in Italia arriverà nelle sale con Eagle dopo l’estate, come annunciato qualche giorno fa), funestato da una serie di polemiche e accuse, Megalopolis, interpretato da Adam Driver, Giancarlo Esposito, Nathalie Emmanuel, Jon Voight, Laurence Fishburne, Shia LaBeouf, Dustin Hoffman, Talia Shire e Jason Schwartzman (rispettivamente sorella e nipote di Francis Ford), dedicato dal regista all’amata moglie Eleanor, recentemente scomparsa, racconta di un architetto ecologista, Cesar Catilina, che grazie a un materiale edile innovativo e futuristico vuole ricostruire una utopica New York City dopo un disastro devastante, negli anni Ottanta, ispirandosi alle epopee dell’antica Roma, il cui destino ossessiona un mondo moderno, incapace di risolvere gravi problemi sociali. A ostacolarlo c’è l’avido e corrotto sindaco della città, Franklyn Cicero, interessato a mantenere uno stagnante status quo, nonostante la figlia Julia sia innamorata di Cesar, per il quale è disposta a mettere in discussione la propria lealtà verso il padre. Si tratta dunque una storia epica di ambizioni politiche, giochi di potere e amori conflittuali, menzogne e svelamenti, tormenti morali, vendette e giustizia, che alla fine trionfa. Coppola aveva già affermato di pensare spesso all’antica Roma perché «la Repubblica romana è servita da esempio alle istituzioni del mio Paese».

Difficile raccontare in maniera esaustiva un’opera visionaria e caotica, ambiziosissima, che spesso si smarrisce nei meandri di una narrazione ipertrofica, ma che non smette mai di credere con lucidità e passione nel potere del cinema, capace di portare altrove lo spettatore disposto a sintonizzarsi sull’immaginario di un autore che non ha mai avuto paura di esagerare. Altrove si è svolta anche la proiezione per la stampa internazionale, invitata godere dell’anteprima mondiale del film nella sala Imax del Cineum, poco fuori Cannes, come se neppure il magnifico schermo della Salle Lumière, tra i più belli al mondo, fosse in grado di contenere le dimensioni di un progetto ciclopico e strabordante anche sotto il profilo produttivo. Per assicurarsi totale autonomia creativa, il regista americano ha pagato il film di tasca sua, ma non si stupirà di questo chi ricorda che per riuscire a portare a termine Apocalypse Now, Francis Ford si indebitò fino al collo ipotecando persino la casa. Ed è anche il coraggio di mettersi completamente in gioco, ancora una volta, a commuovere di questo cineasta geniale, temerario e ostinato, che in una industria non più disposta a rischiare, abituata ormai a costruire a tavolino successi più o meno annunciati, si getta nel vuoto confidando in un’arte che è il senso di una vita, la sua, spiegando le ali e invitando il pubblico a volare insieme a lui.

Coppola mescola dunque la storia romana, con tanto di citazioni da Marco Aurelio, alle tragedie shakespeariane, il rock al pop, il noir al romance, il dramma alla fantascienza, senza mettere limiti alla propria immaginazione. Si tratta di una favola, e come una favola termina questa storia ingarbugliata e bulimica, affamata di pace, giustizia e lieto fine, che tanto chiede al pubblico e altrettanto si aspetta di restituire. Non è un film commerciale adatto per tutti i palati, Megalopolis, ma un’opera da consigliare a chi al cinema chiede qualcosa in più della solita rassicurante medietà che caratterizza tanti film nelle nostre sale in questi ultimi mesi. Vedremo poi che peso verrà dato alle polemiche che hanno accompagnato il film durante la lavorazione e che rischiano di rendergli il cammino più difficile al momento dell’uscita. Nel contesto di un gioco al massacro che ormai sembra precedere ogni Festival, il quotidiano inglese The Guardian riporta accuse di comportamenti inappropriati di Coppola sul set, fermamente negate dal produttore esecutivo Darren Demetre. Le controversie nate sl set avevano già raggiunto nei mesi scorsi le pagine di cronaca, a partire dai difficili rapporti con il turbolento Shia LaBeouf (che di problemi sembra averne con tutti i registi con cui lavora) per proseguire con discutibili ed eccessivamente esigenti metodi di lavorazione: disorganizzazione, lunghe attese, pretese e improvvisazioni insostenibili. La norma, forse, per tanti registi di una generazione pionieristica, quella a cui appartiene anche George Lucas, atteso a Cannes per la Palma d’oro alla Carriera, che ha sempre mescolato arte, professione e vita, trasformando in leggenda tutto ciò che oggi nessuno è più disposto ad accettare. Neppure da una leggenda vivente come Coppola.

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