Matera (Foto Francesco Giase)
Il 19 gennaio 2019 Matera sarà Capitale europea della cultura, titolo che condividerà con la città bulgara Plovdiv. Un privilegio toccato, nel nostro Paese, solo a Genova (2004), Bologna (2000) e Firenze (1986). Ma per la città lucana il 2019 avrà il sapore di uno storico e definitivo riscatto. 71 anni dopo lo «schiaffo» - che oggi sappiamo è stato salutare - subìto da Palmiro Togliatti, desideroso di denunciare le condizioni di arretratezza in cui aveva trovato il capoluogo. Il leader comunista arriva in città per tenere un comizio l’1 aprile 1948. Togliatti visita i Sassi, i rioni scavati nel tufo (abitati da 10.000 anni) dove vivono 16mila persone; e lì, constata miseria, promiscuità di vita tra uomo e animale e fame, carenza di igiene e malattie. Quei rioni, da poco descritti da Carlo Levi nel suo romanzo Cristo si è fermato ad Eboli, suscitano “terrore”.
Togliatti è incredulo, tanta è la povertà che gli si para dinanzi e non nasconde il suo imbarazzo e la schietta indignazione quando dice: «Matera è l’infamia nazionale». Parole urlate che arrivano il cui eco arriva a Roma. Le ascolta Alcide De Gasperi, che, nel 1950, raggiunge Matera. È il Capo del governo ma, precisa, «vengo qui a Matera come “esploratore”». C’è chi definisce i Sassi come l’«inferno dantesco».
De Gasperi vuole capire. Scende nei vicoli assolati della città sotterranea, resta in silenzio davanti alle grotte, chiede umilmente di potere entrare nelle “case” di contadini sorpresi e intimoriti. E si commuove passeggiando nei 30 ettari urbani con il più alto tasso di mortalità infantile in Italia. Ai giornalisti il presidente non esita a definire Matera come «la vergogna nazionale».
È il 23 luglio 1950. Il premier prende una decisione senza precedenti in Italia: ordina l’evacuazione coatta di tutti gli aggrottati verso i nuovi quartieri cittadini. Nel 1952 i Sassi, questo singolare insediamento abitativo primordiale basato su case-grotte scavate nella pietra e in cui insistono decine di chiese rupestri con affreschi medievali meravigliosi, di colpo si svuotano. Le abitazioni vengono murate. Restano mute, per circa 25 anni. I rioni Sassi diventano il più grande centro storico abbandonato d’Europa.
Solo negli anni ’80 tornano a vivere e, da vergogna, diventano per lo Stato bene di «preminente interesse nazionale», mentre l’Unesco li eleva a «Patrimonio culturale dell’Umanità» (1993). «Per la verità, già negli ’70 – dice oggi il sindaco 82enne Raffaello De Ruggieri – , molti studiosi, architetti, artisti, in un documento scrivevano: «Chi sono i materani? Sono i figli della miseria o sono forse i figli della storia?». Ci avevano visto lungo…». Tra quegli artisti anche fotografi e registi. Che immortalano, innamorandosene, la «dolente bellezza» della città, come scrive Levi. Tra loro c’è il fotografo Henry Cartier Bresson.
È incuriosito dagli “anatemi” di Togliatti e De Gasperi e parte per Matera. È il 1951. Arriva quando è sera e va a dormire nell’unico albergo del posto. Il mattino seguente esce presto, fa pochi passi e si ferma davanti a una chiesa, quella del Purgatorio. La osserva e poi si rivolge alla sua guida: «Amico mio – gli dice – , una città che ha una chiesa del genere non può essere una città miserabile». Nei Sassi si spengono i lampioni ma si accendono i riflettori del cinema. La prima troupe arriva in città nel 1949, quando Carlo Lizzani gira Nel mezzogiorno qualcosa è cambiato con una finalità di racconto piuttosto realistica e che finisce per descrivere il divario tra quella lucana e le realtà più avanzate del Paese. Da quel momento, tra corto e lungometraggi, docufilm e film per la tv, Matera diventa il più gettonato set a cielo aperto. Qui sono state girate ben 87 opere cinematografiche, buona parte delle quali sono favorite da una sorta di misticismo evocato dai Sassi “spopolati”.
In questa location assolutamente originale vengono impresse pellicole che occupano un posto di rilievo nella storia italiana della settima arte. A Matera arrivano registi che sfruttano la magia dei rioni dall’aspetto spettrale: Alberto Lattuada vi ambienta La lupa (1953), mentre Roberto Rossellini gira le scene di Viva l’Italia! (1961) e Anno uno( 1974). E se Luigi Zampa ( Gli anni ruggenti, 1962) e i fratelli Taviani ( Allonsanfàn, 1974) dirigono ottimi attori in filoni - la commedia e il dramma - ampiamente battuti nella stessa Matera anche da Lina Wertmuller, Francesco Rosi o Giuseppe Tornatore, nel 1964 Pier Paolo Pasolini ne inventa uno tagliato sartorialmente sui Sassi: quello“biblico-religioso”.
Matera suscita nel poeta-regista una fascinazione mistica e ancestrale diventando Gerusalemme, mentre il territorio circostante è una credibile Palestina nel suo Il Vangelo secondo Matteo. Pasolini è colpito da questo set a cielo aperto, dirige scene a lungo studiate dai suoi colleghi, come quella della crocifissione in cui regala al grande schermo una Maria con il volto scavato e sofferente assai diversa da quella delle precedenti pellicole. Pasolini dice di aver trovato a Matera «il sole, il sole vero, il sole ferocemente antico». Venti anni dopo Pasolini, Hollywood scopre la città lucana: Bruce Beresford gira King David in cui lavora il 36enne Richard Gere. Ma il regista che consacra il ruolo di Matera nella settima arte è Mel Gibson che nel 2003 dirige La Passione di Cristo (inaugurando in città un florido cineturismo): un’opera cruda e che suscita non poche polemiche con la comunità ebraica.
Gli Usa non lasciano più la città. Pochi anni dopo Gibson, Catherine Hardwicke firma The Nativity Story; nel 2015 è la volta di Abel Ferrara con Mary e l’anno dopo arriva in città mister Morgan Freeman che lavora al remake del kolossal Ben-Hur di Timur Bekmambetov. Nel 2016 esce The Young Messiah di Cyrus Nowrasteh. È invece di quest’anno Mary Magdalene, di Garth Davis. Il filone biblico è trattato anche in realtà virtuale: David Hansen che ambienta a Matera Jesus VR The Story of Christ, mentre due anni dopo la stessa tecnologia è utilizzata per le scene di 7 Miracles cooproduzione italo- americana diretta dal brasiliano Rodrigo Cerqueira e il nostro Marco Spagnoli. Il set è sempre aperto, le riprese continuano in questa “nuova cinecittà” a sud di Roma, ma soprattutto splendido centro risanato e degna Capitale europea della cultura.
Il programma
Il ministro Bonisoli: «Un polo d'attrazione mondiale che dovrà durare nel tempo»
Mentre, in piazza Duomo, le macchine da presa con ottica 8K della Magnitudo Film riprendono le ultime scene del film documentario Mathera (nei cinema italiani dal prossimo gennaio), nella vicina piazza del Sedile della città dei Sassi, il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli prende parte alla presentazione del programma di “Matera Capitale europea della cultura 2019”. Tra pochi mesi «avremo gli occhi del mondo puntati sulla città», dice. Il vero obiettivo è non fermarsi al 2019 ma avviare «un ciclo positivo che può andare avanti decenni», attraverso «un’offerta culturale che attiri le persone in un polo di attrazione del Sud a livello mondiale».
Riferendosi alla complessità dei progetti culturali e infrastrutturali, il ministro osserva che «non tutto è stato realizzato» ma quella «che abbiamo di fronte è un’opportunità unica per dimostrare ciò che siamo capaci di fare. E lo faremo». Bonisoli evidenzia che sta raccogliendo disponibilità da tutto il Paese per realizzare eventi. A tal proposito ricorda che la Scala di Milano porterà tra i Sassi due “opere tascabili”: Il flauto magico ed Elisir d’amore. «Probabile, ammette, che sarà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad aprire gli eventi di Matera 2019 il prossimo 19 gennaio.
Intanto il programma culturale «è pronto. Anzi: siamo in anticipo e quindi lo abbiamo ulteriormente arricchito», specifica il direttore della Fondazione Matera-Basilicata 2019, Paolo Verri. L’anno si dipanerà come un grande racconto della storia dell’umanità. La cerimonia di apertura sarà affidata a 54 bande italiane ed estere. Poi, 48 settimane di eventi, 60 progetti originali per i quali concorreranno 8.000 operatori. Centrali le collaborazione con l’altra capitale della cultura, la bulgara Plovdiv (in Italia la sinergia maggiore è con Ravenna per il programma Purgatorio - Chiamata pubblica per la Divina Commedia) e con quattro nazioni: Giappone, Argentina, Giordania e Tunisia. Gli allestimenti saranno curati dall’Open Design School, un laboratorio internazionali di professionisti. Internazionali saranno anche gli artisti che daranno vita al progetto “I-Dea”, una sorta di “archivio degli archivi” che culminerà in 5 grandi installazioni pubbliche.
Suggestiva la sinergia con il Teatro San Carlo di Napoli con cui la Fondazione produrrà la Cavalleria rusticana nei Sassi. Spiccano 4 grandi mostre: Ars Excavandi, sulle città rupestri nel mondo; Rinascimento visto da Sud, sulle grandi emergenze culturali; La poetica dei numeri primi, sulla scienza e la matematica con un focus su Pitagora; Stratigrafie. Osservatorio dell’Antropocene, che indaga la nuova era geologica definita dalle azioni dell’uomo. Anche l’arcidiocesi di Matera-Irsina avrà un ruolo importante con I Cammini: alla scoperta delle tracce di religiosità nel territorio Matera-Basilicata. Per i circa 800mila visitatori attesi, la Fondazione sta preparando il Passaporto 2019 con il quale si diventa «cittadino temporaneo di Matera»: costa 19 euro e dà diritto all’accesso a tutti gli eventi dell’anno. Ne vale la pena, promettono gli organizzatori, «i nostri visitatori saranno chiamati a svolgere ben cinque attività al giorno».