Il pubblico che affolla gli appuntamenti di "RisorgiMarche", la rassegna diretta da Neri Marcorè
«Vento d’estate / io vado al mare e voi che fate?», canta Niccolò Fabi – accompagnato dagli Gnu Quartet – davanti al pubblico di Spelonga. Qualche migliaio di persone quel giorno, era lo scorso 25 giugno, facevano la loro bella e salutare camminata sotto il sole di un pomeriggio d’estate per essere presenti al concerto inaugurale di RisorgiMarche. Tredici appuntamenti musicali pensati per ridare linfa vitale e uno sprazzo di normalità al territorio marchigiano che, come quello della Valnerina, abruzzese e reatino, è stato fortemente ferito dall’ultimo sisma del 2016. Un lembo importante e pieno di fascino, uno scrigno d’arte e cultura del Centro Italia, quello delle Marche, che ha subito circa il 60% dei danni del totale delle aree colpite da una «natura che non ci è nemica, né matrigna ma che dobbiamo imparare più che mai a rispettare », dice un riflessivo Neri Marcorè. L’istrione teatrale, l’attore del piccolo e grande schermo, marchigiano di Porto Sant’Elpidio, è il direttore artistico, il presentatore di tutti gli appuntamenti live e l’anima di questo viaggio all’interno delle “Marche segrete”, alla ricerca del sorriso e del ritmo vitale perduto. Un viaggio della speranza ritrovata, quasi un anno dopo il suo primo approdo ad Arquata del Tronto ridotta a un cumulo di macerie. «Ero andato ad Arquata per rendermi conto di persona dei danni subiti dal paese – racconta Marcorè –. Arrivai dopo la scossa del 30 ottobre 2016, in incognito perché non volevo essere di intralcio in un momento in cui la precedenza spettava ai soccorsi. E, quel giorno, ho capito che muovermi con iniziative singole non cambiava la sostanza delle cose, bisognava che mi impegnassi in un progetto corale, farmi portavoce di una terra che aveva bisogno più che mai di visibilità per accelerare il processo di ricostruzione. E la musica, gli artisti, gli amici a cui mi sono rivolto, erano il volano migliore per ripartire in qualche maniera». Far ripartire una regione che ha avuto 131 comuni su 229 interessati da un terremoto di intensità e frequenza impressionante, che ha costretto trentaduemila persone a sfollare e a lasciare le proprie abitazioni, il proprio borgo natio. Oltre il 30% degli occupati marchigiani sono vittime del sisma. Un “mostro” subdolo e sotterraneo con il quale la gente di qui, a fatica e con la paura costante di repliche ancora più forti, ha ormai imparato a convivere. Perciò, zaino in spalla la carovana artistica capeggiata da Neri Marcorè ha invitato tutti a mettersi in cammino.
La ripartenza è coincisa con la prima camminata (1 ora e 40 minuti) tra i castagni che conducono in cima all’altipiano di Spelonga (440 metri), arrivando da una strada bianca sul crinale che si affaccia su tre parchi: i nazionali dei Monti Sibillini, del Gran Sasso e i Monti della Laga. Una selezione, quella dei percorsi, che va nella direzione della riscoperta dei luoghi: «Ma per il sottoscritto – spiega Neri Marcorè –, così come per molti marchigiani, trattasi di un’autentica scoperta. Di una prima volta assoluta dinanzi a questi magnifici scenari della provincia di Macerata, Ascoli Piceno e Fermo, scelti per la loro bellezza e per la giusta dislocazione: un’ora al massimo d’auto dal mare e si ha la possibilità di immergersi in un’altra dimensione. Di riappropriarsi di ritmi più lenti, più umani, ed ammirare paesaggi, eremi, chiese [oltre mille sono state lesionate, ndr] che a volte per distrazione o per mancanza di tempo ci sfuggono completamente ». Un entusiasmo contagioso quello che accompagna le persone nel tragitto e che dopo il concerto resterebbero ancora lì, sdraiati su un prato in dolce contemplazione dello spettacolo naturale. «Se lo vuoi, rimani», ha cantato Malika Ayane a Cingoli, dinanzi alla maestà del “balcone delle Marche”, presso la Domus San Bonfilio che custodisce una gemma pittorica del ’500 come la Madonna del Rosario di Lorenzo Lotto. Estasi senza tormento, finalmente, e ristoro garantito all’Isola del Gusto. «Ad ogni concerto – continua Marcorè – ci sono gli stand delle bontà enogastronomiche. Sono i prodotti di aziende che magari hanno visto crollare il loro negozio o lo stabilimento dove operavano e in cui avevano investito i sacrifici e i risparmi di tutta una vita». Ma non pensiamoci, almeno il tempo di uno show, che sì sa, deve andare avanti. E lo spettacolo prosegue nel cuore dei Sibillini a Propezzano nel comune di Montegallo, con l’ “X factor” dei Daiana Lou. Acqua che zampilla dalla forra dell’Acquasanta, a Pintura di Bolognola dove Ron ha ricordato a tutti che «il mondo avrà una grande anima / sarà una grande anima».
Anime cristalline, quelle dei camminatori liberi per questi sentieri, che si sono specchiate nelle acque del lago di Fiastra per raggiungere le cime di Sarnano e i piani di Ragnolo e ascoltare la voce graffiante di Paola Turci che chiede alle donne, specie quelle avvilite e dimesse delle zone terremotate, di continuare a «farsi belle per sé». Da Amandola a Campolungo, con Enrico Ruggeri per capire che non è mai tardi per «togliere la polvere» lasciata da questa calamità. Mentre si fa sempre più sostenibile e interessante la salita, specie quando è condivisa e porta a San Ginesio, al “balcone dei Sibillini” di Monte Rocca di Colonnata: qui canta Bungaro, una delle voci più suadenti e meno comprese di questa intronata routine del cantar leggero. Generosità del viandante e anche quella dell’artista: «La mia direzione artistica così come i concerti è gratuita – puntualizza Marcorè –. Tutti i cantanti si esibiscono senza compenso. Molti hanno interrotto per un giorno il loro tour pur di essere qui a RisorgiMarche che è stato possibile realizzare grazie a degli sponsor che coprono le spese. Alla Regione non viene sottratto un euro per ciò che attiene alla ricostruzione ». Tutto è stato fatto alla luce del sole, e «che sia benedetta / per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta», avverte giustamente Fiorella Mannoia che, in coppia con Luca Barbarossa, ha appena fatto tappa a Morro. Di divismo pop nemmeno quassù l’ombra: gli artisti e la gente che accorre ad ascoltarli dal vivo stanno sullo stesso identico piano. «Per questo motivo non abbiamo voluto che ci fosse un palco rialzato – continua Marcorè –. Il messaggio è che siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo remare insieme per uscire da certi abissi». Intanto si arriva alla Foce (Montemonaco) e nella magia che pervade le grotte delle Sibille ci si è abbeverati con le note del giovane cantautorato, quelle di Brunori Sas. Da lì si riprende la via, come il pastore errante di Leopardi, che riecheggia a Montefortino: da lì, la carovana ha raggiunto Rubbiano per la performance di Daniele Silvestri.
Domani sull’altipiano di Montelago è attesa la scalata dello scanzonatissimo e altrettanto poetico Max Gazzè. Poi, il 3 agosto sarà la volta di Francesco De Gregori (accompagnato dagli Gnu Quartet) che svetterà come il suo Generale dietro la collina del santuario di Macereto, a una decina di chilometri dall’altro avamposto leopardiano, quello di Visso che fu residenza estiva della nobile famiglia del poeta di Recanati. E la poesia, di questa estate di RisorgiMarche, si percepisce ad ogni incontro, specie al tramonto. Quando la musica è finita e gli amici se ne vanno a casa, qualcosa rimane, sempre. «Resta questa folla spontanea di oltre ventimila persone, tante quelle accorse nelle prime sette date (l’ultima sarà il 4 agosto, Samuele Bersani a Pian dell’Elmo). Restano i sorrisi e le parole di gratitudine degli stranieri, persino cinesi, dei tanti ragazzi e dei loro genitori saliti a piedi o in bicicletta, delle giovani mamme e i papà che arrivano in cima con i loro bimbi nei portabebè. I messaggi che mi stanno arrivando ci danno grande energia per il futuro, fanno capire che insieme possiamo fare davvero qualcosa di buono per questa terra ». È il saluto di Marcorè che racchiude tutto l’impegno, l’umiltà e l’altruismo del popolo marchigiano. Che però non è tanto diverso dal romano, solidale, arrivato fin quassù e che se ne va canticchiando la canzone “trilussiana” di Silvestri che è un inno a non arrendersi, e che fa: «Io so’ testardo / c’ho la capoccia dura e per natura non abbasso mai lo sguardo / è un’esigenza perché c’ho ’na pazienza da leopardo / e so’ testardo...».