Non c’è dubbio che oggi ci troviamo di fronte a un mutamento radicale del funzionamento mentale e della configurazione lessicale del mondo, che richiederebbe un approccio completamente nuovo alla strategia d’analisi della realtà e dei modi dell’apprendimento. Non riesco a parlare con un giovane immerso nella logica dell’istantaneità sui temi della tradizione storica, della lettura per successione di eventi. C’è uno scarto linguistico che rischia la rottura della comunicazione fra generazioni. In realtà noi non parliamo coi nostri figli perché essi vivono in un altro universo linguistico, perché la società si è disintegrata sotto l’azione dei mutamenti epocali che vengono rappresentati come globalizzazione e pensiero unico, ma che ancora non sono compresi in una adeguata rappresentazione del mondo. L’uomo ha dimenticato di essere un granello infinitesimale rispetto all’immensità sconosciuta dell’universo e si è arrogato il potere di creare la vita senza la vita. Certo, i frutti del sapere razionale sono enormi e le tecnologie consentono prestazioni prima inimmaginabili. Il progresso scientifico è stato il traguardo di sforzi inauditi e in esso sono state riposte le speranze di un mondo migliore. Il prezzo pagato per questo vero e proprio delirio di onnipotenza è, però, che la razionalità si è trasformata in una macchina costruita secondo principi logico- matematici che consentono di calcolare funzioni e prestazioni producendo continuamente strutture idonee a operare secondo impulsi codificati in appositi programmi operazionali. Il mondo è sistema e gli uomini sono inclusi nella logica sistemica: macchine per sopravvivere senza vivere. La ragione ha disintegrato l’uomo e ne ha fatto oggetto di studio. La psicologia, l’economia, la politica e via via il cuore, il fegato, i polmoni, il pancreas, gli occhi, sono diventati oggetto di sapere, guidati dall’unico metodo scientifico che si conosce: il riconoscimento della stessa comunità degli scienziati. Umberto Veronesi, sul «Corriere della Sera» di qualche mese fa, ha scritto che nel giro di qualche generazione la differenza sessuale fra uomini e donne perderà ogni significato, che l’umanità si riprodurrà senza bisogno dell’accoppiamento di un uomo e di una donna, ma attraverso l’inseminazione artificiale e la clonazione, che l’evoluzione naturale della società ci porta oltre i confini dei tradizionali comportamenti sessuali e ci destina a nuove forme di relazioni interpersonali. Così, in una qualsiasi pagina di giornale, viene annunciata senza alcun clamore la fine delle leggi che hanno fin qui governato il problema della riproduzione sociale, del ruolo della generazione, della responsabilità verso il futuro. Nel proclama di Veronesi, di una umanità senza differenze, è lo spazio, lo spazio della memoria e del sogno, che viene negato e distrutto. Nell’universo indifferente ciascuno vive per se stesso, per il proprio godimento immediato che è garantito dalle nuove possibilità offerte dalla scienza, dalle biotecnologie, dalla chimica, dalla fisica e dalle neuroscienze. Veronesi non annuncia il futuro della libertà umana, ma la morte dell’immagine dell’uomo che è stata faticosamente costruita nella storia dell’Occidente. L’indifferenza ses- suale non è un progetto di umanizzazione della società e della natura, non è un progetto di sviluppo della consapevolezza del significato del nostro essere al mondo, ma la cancellazione di ogni spazio mentale, non riducibile a sinapsi e a neuroni, dove possa svilupparsi la domanda umana sul senso della vita, sul valore squisitamente umano del sogno di un futuro diverso, sulle speranze di un avvenire di salvezza dall’ingiustizia e dalla sofferenza. Oggi la scienza e la filosofia non sopportano il mondo delle passioni e dei sentimenti (a meno che non si riducano a formule chimiche o a errori logici) perché esso ci porta dentro una dimensione che non riesce a conciliarsi con la loro pretesa di assoluto e di eternità: la temporalità caduca e divoratrice. Per la scienza come per tutti gli assoluti non esiste il tempo, il tempo della nascita né il tempo della morte, il tempo della gioia né il tempo del dolore. Ciò che accade, accade per caso o per necessità. Non è un problema di coscienza, né una questione che riguarda soltanto ogni singolo individuo, ma la stessa domanda del chi siamo e del perché viviamo. Non si tratta soltanto di rievocare le grandi storie che ci hanno appassionato e formato: le passioni terribili che hanno scatenato le guerre antiche e moderne, gli amori tragici di Paolo e Francesca, di Tristano e Isotta, di Giulietta e Romeo, ma l’intero clima culturale in cui si è venuto sviluppando nell’Occidente lo spazio specifico dell’essere umano combattuto fra le forze primordiali della natura, fra la implacabile legge dell’Eros senza limiti, e il bisogno di un ordine che sanzioni anche la responsabilità verso la progenie chiamata a raccogliere il testimone della vita. Gli dei greci, il Dio del cristianesimo, hanno reso possibile agli uomini istituire lo spazio mondano dell’interrogazione sulla verità come domanda sul senso della vita. In questo spazio sono apparse 'figure' che non hanno nulla a che fare col divino, né col naturale: la tenerezza dei corpi che si stringono, la bellezza di un neonato dalla pelle rosata, la coscienza del tramonto del vigore giovanile, la nostalgia e la memoria, il sapere e la speranza, la sofferenza e la gioia, l’estasi e il tormento. Attraverso di essi l’uomo ha cercato di sfuggire ad ogni statuto di necessità e di assumere sempre più la responsabilità della propria esistenza. Tutti sono bravi a descrivere la globalizzazione, i mercati finanziari, il problema delle borse, i nuovi orizzonti interculturali, la scoperta delle cause di tutte le malattie, ma nessuno è più capace di parlare a un bambino mutilato da una bomba americana caduta per caso su un villaggio pacifico o ai superstiti di un attentato kamikaze che ha stroncato la vita di giovani in festa in un piccolo centro israeliano. Perché abbiamo perduto il senso della vita, le domande tragiche che nascono dal dolore senza spiegazioni? Perché abbiamo confuso, forse intenzionalmente, la ragione con il pensiero e la conoscenza con la comprensione. Questa è un’epoca in cui la ragione ha distrutto il pensiero e la cognizione ha soppresso l’intesa affettiva.