E' Senza alcun dubbio il film più atteso del 2012, sospirato dai tanti fan orfani de Il signore degli anelli, cinematograficamente conclusosi ormai quasi dieci anni fa con in tasca un 'tesssoro' di tre miliardi di dollari in tutto il mondo. Lo Hobbit - Un viaggio inatteso ha rischiato però di non vedere mai la luce a causa delle turbolenze economiche della MGM, poi il progetto è ripartito passando dalle mani di Guillermo Del Toro a quelle di Peter Jackson e della Warner, che da domani lo distribuisce nelle sale. L’omonimo romanzo breve di Tolkien, scritto nel 1937 con in mente lettori giovanissimi e ambientato 60 anni prima della trilogia, racconta come Bilbo Baggins (Martin Freeman), eroe per caso, abbia affrontato in compagnia di un gruppo di nani e dello stregone Gandalf (sempre Ian McKellen, ma questa volta con la voce di Gigi Proietti) il drago Smaug nella montagna di Eribor e di come sia entrato in possesso dell’anello perduto da Gollum. Un materiale non sufficiente per realizzare ben tre film di quasi tre ore ciascuno (i prossimi arriveranno a Natale 2013 e a luglio 2014), ragione per cui Jackson è ricorso alle numerose appendici aggiunte da Tolkien alla trilogia e conosciute solo dallo zoccolo duro dei fan della letteratura fantasy, annotazioni che offrono molti retroscena necessari a ricostruire il passato dei personaggi. Un’operazione che però lascia perplessi dal momento che il film impiega almeno un’ora a decollare. Nei primi sessanta minuti infatti assistiamo a un lunghissimo prologo che sembra estrapolato dalla trilogia, all’incontro di Bilbo e i nani, all’avvio lento e piuttosto noioso di un viaggio che entra nel vivo troppo tardi e che si concede lunghi intermezzi dalla comicità un po’ infantile. L’impressione insomma è quella di assistere a scene che Jackson avrebbe certamente tagliato ne Il signore degli anelli o avrebbe al massimo relegato nella versione 'estesa' del dvd. Attitudine che si inserisce nella tendenza un po’ frustrante di strizzare fino all’ultima goccia il materiale di partenza biforcando ( Harry Potter, Twilight ) e addirittura triforcando i romanzi. Quando poi il gioco si fa duro e la compagnia di nani comincia a fare i conti con troll e orchi, allora, solo allora riconosciamo la mano esperta di Jackson che torna a ricreare l’epica della Terra di Mezzo. Qui ritroviamo gli elfi Elrond (Hugo Weaving) e Galandriel (Cate Blanchet), il mago Saruman (Christopher Lee) e Gollum (Andy Serkis). Alcune scene, non ci sono dubbi, rimangono scolpite nella mente dello spettatore come quella delle montagne sulle quali si arrampicano i protagonisti, che si rivelano in realtà giganti di pietra in lotta tra loro. O quella delle enormi aquile che ci fanno volare come fossimo davvero sulle loro ali. Ma l’impressione è che questa volta allo stesso regista stia più a cuore suscitare stupore con la tecnologia che incantare con il fascino della storia. L’obiettivo è quello di aumentare la distanza tra la visione cinematografica e quella casalinga per spingere i più giovani a frequentare le sale. I miracoli tecnologici sono il valore aggiunto che spingerebbe il pubblico a pagare un biglietto più alto per una qualità irraggiungibile su altri supporti. E in effetti l’esperienza visiva di Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato è del tutto nuova, rivoluzionaria (ma non tutti i cinema proietteranno il film con questo standard). Jackson usa 48 fotogrammi al secondo invece di 24 (come si fa dal 1927), uno standard che si sposa perfettamente con il 3D. Al di là di possibili disturbi come nausea e mal di testa lamentati dai primi spettatori del film, a Wellington (a noi però non è successo) ne risulta una visione talmente vivida da spingerti a credere di essere davvero all’interno della scena. Ma paradossalmente questo iperrealismo sottrae magia e mistero alle immagini che diventano come quelle di una tv ad altissima definizione o di un video in un parco giochi. È tutto così nitido da essere artificiale al punto da intuire che le armature sono di alluminio e le pietre di gommapiuma.