mercoledì 12 dicembre 2012
​Il regista punta molto sulla tecnologia ma non riesce a bissare il fascino del «Signore degli Anelli». E la scelta di spalmare il racconto in una trilogia non fa decollare la storia.
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E' Senza alcun dubbio il film più atteso del 2012, sospirato dai tanti fan orfani de Il signore degli anelli, cinematografica­mente conclusosi ormai quasi dieci anni fa con in tasca un 'tesssoro' di tre miliardi di dollari in tutto il mondo. Lo Hobbit - Un viag­gio inatteso ha rischiato però di non vedere mai la luce a causa delle turbolenze econo­miche della MGM, poi il progetto è ripartito passando dalle mani di Guillermo Del Toro a quelle di Peter Jackson e della Warner, che da domani lo distribuisce nelle sale. L’omo­nimo romanzo breve di Tolkien, scritto nel 1937 con in mente lettori giovanissimi e am­bientato 60 anni prima della trilogia, racconta come Bilbo Baggins (Martin Freeman), eroe per caso, abbia affrontato in compagnia di un gruppo di nani e dello stregone Gandalf (sempre Ian McKellen, ma questa volta con la voce di Gigi Proietti) il drago Smaug nella montagna di Eribor e di come sia entrato in possesso dell’anello perduto da Gollum. Un materiale non sufficiente per realizzare ben tre film di quasi tre ore ciascuno (i pro­s­simi arriveranno a Natale 2013 e a luglio 2014), ragione per cui Jackson è ricorso alle numerose appendici aggiunte da Tolkien al­la trilogia e conosciute solo dallo zoccolo du­ro dei fan della letteratura fantasy, annota­zioni che offrono molti retroscena necessari a ricostruire il passato dei personaggi. Un’o­perazione che però lascia perplessi dal mo­mento che il film impiega almeno un’ora a decollare. Nei primi sessanta minuti infatti assistiamo a un lunghissimo prologo che sembra estrapolato dalla trilogia, all’incon­tro di Bilbo e i nani, all’avvio lento e piutto­sto noioso di un viaggio che entra nel vivo troppo tardi e che si concede lunghi inter­mezzi dalla comicità un po’ infantile. L’im­pressione insomma è quella di assistere a sce­ne che Jackson avrebbe certamente tagliato ne Il signore degli anelli o avrebbe al massi­mo relegato nella versione 'estesa' del dvd. Attitudine che si inserisce nella tendenza un po’ frustrante di strizzare fino all’ultima goc­cia il materiale di partenza biforcando ( Harry Potter, Twilight ) e addirittura triforcando i romanzi. Quando poi il gioco si fa duro e la compa­gnia di nani comincia a fare i conti con troll e orchi, allora, solo allora riconosciamo la mano esperta di Jackson che torna a ricrea­re l’epica della Terra di Mezzo. Qui ritrovia­mo gli elfi Elrond (Hugo Weaving) e Galan­driel (Cate Blanchet), il mago Saruman (Ch­ristopher Lee) e Gollum (Andy Serkis). Alcu­ne scene, non ci sono dubbi, rimangono scol­pite nella mente dello spettatore come quel­la delle montagne sulle quali si arrampicano i protagonisti, che si rivelano in realtà gigan­ti di pietra in lotta tra loro. O quella delle e­normi aquile che ci fanno volare come fossi­mo davvero sulle loro ali. Ma l’impressione è che questa volta allo stesso regista stia più a cuore suscitare stupore con la tecnologia che incantare con il fascino della storia. L’obiettivo è quello di aumentare la distanza tra la visione cinematografica e quella casa­linga per spingere i più giovani a frequenta­re le sale. I miracoli tecnologici sono il valo­re aggiunto che spingerebbe il pubblico a pa­gare un biglietto più alto per una qualità ir­raggiungibile su altri supporti. E in effetti l’e­sperienza visiva di Lo Hobbit - Un viaggio i­naspettato è del tutto nuova, rivoluzionaria (ma non tutti i cinema proietteranno il film con questo standard). Jackson usa 48 foto­grammi al secondo invece di 24 (come si fa dal 1927), uno standard che si sposa perfet­tamente con il 3D. Al di là di possibili distur­bi come nausea e mal di testa lamentati dai primi spettatori del film, a Wellington (a noi però non è successo) ne risulta una visione talmente vivida da spingerti a credere di es­sere davvero all’interno della scena. Ma pa­radossalmente questo iperrealismo sottrae magia e mistero alle immagini che diventa­no come quelle di una tv ad altissima defini­zione o di un video in un parco giochi. È tut­to così nitido da essere artificiale al punto da intuire che le armature sono di alluminio e le pietre di gommapiuma.
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