Il n.1 del Comitato paralimpico italiano Luca Pancalli alla sua 14ª Paralimpiade - Ansa
Altro che veleno. Stavolta nella coda c’è la gioia massima. Il podio dei 100 metri femminili completamente tricolore è l’immagine più bella che la Paralimpiade di Tokyo regala all’Italia. Un sogno, prima cullato, poi realizzato. Un’istantanea che esalta la spedizione azzurra in terra nipponica. L’oro di Ambra Sabatini, l’argento di Martina Caironi e il bronzo di Monica Contraffatto sono le tre ciliegine su altrettante torte che in totale assommano 69 medaglie: 14 del metallo più prezioso, 29 secondi posti e 26 gradini più bassi del podio. Oggi i Giochi paralimpici si chiudono, regalando all’Italia una certezza: il modello organizzativo è quello giusto. I grandi risultati sono arrivati innanzitutto perché il lavoro è stato organizzato mixando il background olimpico con le peculiarità paralimpiche. Delle trenta federazioni coinvolte nell’operazione Tokyo 2020+1, ben 23 sono olimpiche, con al loro interno la costola paralimpica, mentre le altre sette sono specifiche.
Ciò ha consentito di reclutare lungo lo Stivale tanti giovani atleti che mai avrebbero immaginato l’esistenza di questo mondo. Dei 115 spediti in Giappone, ben 69 erano esordienti, a dimostrazione di come per ottenere le medaglie occorra allargare la base. Ma il cambiamento più grande è stato nella mentalità. Si è finito di cavalcare l’onda compassionevole e si è puntato tutto sul rispetto della dignità, la quale è stata anteposta alla disabilità. Ciò ha fatto scoccare negli atleti l’orgoglio di essere paralimpici e la considerazione di essere l’altra faccia della medaglia olimpica.
Il punto di svolta del movimento avverrà sarà a gennaio 2022, quando gli atleti paralimpici potranno entrare, a seguito di un bando di concorso, nei corpi militari. Non saranno armati, ma avranno un regolare contratto di assunzione e saranno equiparati in termini di stipendio ai colleghi olimpici. Per poter conquistare questo traguardo, il presidente Luca Pancalli ha fatto la mossa giusta, quella cioè di coinvolgere per tempo i Corpi dello Stato e di farli innamorare del mondo paralimpico: «Semplicemente il Cip ha chiesto ai gruppi sportivi militari di supportare l’allenamento dei nostri più forti paralimpici, mettendo a disposizione strutture e tecnici. Questa genialità si è trasformata in un cavallo di Troia, perché i due mondi si sono subito amati e di conseguenza i tempi che hanno portato all’emanazione della legge si sono accorciati. Il merito delle medaglie va quindi anche attribuito ai corpi che hanno accolto e aiutato i nostri atleti», racconta al telefono un emozionato Pancalli, ancora frastornato dalla tripletta nei 100 metri.
Ora è il momento della raccolta. Tra un paio di settimane, come è normale che sia, i riflettori sull’universo paralimpico si spegneranno, ma le medaglie raccolte a Tokyo e dintorni dovranno servire per attirare sponsor e aziende desiderose di investire nello sport. Intanto però i medagliati di Tokyo riceveranno un premio non indifferente (75mila euro per le medaglie d’oro, 40mila per gli argenti e 25mila per i bronzi) seppur inferiore a quello recapitato agli olimpici. Da qui al futuro si cercherà di equiparare anche il trattamento economico.
«Ci sono state tante polemiche – spiega il numero uno del Cip – sulla disparità dei premi tra Olimpiadi e Paralimpiadi, ma non è un aspetto che ci tocca. Purtroppo era già stato stabilito così sin dalle precedenti Paralimpiadi, quindi non si è potuto far nulla. Per le prossime edizioni, sin dai Giochi invernali di Pechino 2022, si lavorerà per migliorare la situazione».
Intanto è bene vedere i punti di forza, ma non si possono nascondere le debolezze. A cominciare dalle difficoltà incontrate dai bambini disabili che vogliono avvicinarsi allo sport. «A frenarli – osserva Pancalli – sono gli elevati costi di acquisto degli ausili sportivi. L’auspicio è che ci sia una riforma del nomenclatore tariffario che possa riuscire a garantire un diritto allo sport esigibile da qualsiasi ragazzo disabile indipendentemente che diventi o meno un campione».
A livello di singole discipline, l’acqua di Tokyo ha magnificato il nuoto tricolore, capace di acciuffare 39 medaglie. «I numerosi podi sono il frutto di dodici anni di impegno e della tenacia delle società diffuse sul territorio che hanno tenuto duro anche durante il lockdown». Da qui al 2024 l’auspicio è di incrementare sia il numero di atleti, sia le discipline rappresentate. Su questo fronte l’ambizione di Pancalli è di vedere sotto la Torre Eiffel «anche i cestisti azzurri in carrozzina». Tokyo saluta, ma la mente è già a Parigi.