La polizia cinese a guardia degli impianti delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 - Reuters
Il primo impatto con la bolla olimpica è a diecimila chilometri di distanza dalla capitale cinese. Basta scendere dall’autobus sulla pista di decollo dell’aeroporto di partenza per comprendere a cosa si andrà incontro durante i Giochi più blindati della storia. Ad accogliere gli accreditati ci sono steward e hostess vestiti come coloro che sono alle prese con una emergenza radioattiva. Tute bianche dalla testa ai piedi, occhiali di plastica, guanti di lattice e doppia mascherina. Non c’è un centimetro del corpo visibile di questi uomini e donne che si occupano di accompagnare gli addetti ai lavori a bordo dei charter appositamente allestiti.
Disinfestazione delle mani, misurazione della temperatura e poi via verso la meta. Le nove ore di volo scorrono per lo più al buio, con l’alba che fa capolino quando dagli oblò si scorge il deserto del Gobi. All’atterraggio a dare il benvenuto sono operatori vestiti allo stesso modo del personale volante. Sintetiche indicazioni per aiutare gli avventori a districarsi nella selva dei controlli, per fortuna velocizzati dall’uso dei codici a barre. La sosta più lunga è l’attesa per il bagaglio, dopodiché si sale sulla navetta con destinazione il proprio albergo.
Il percorso lambisce la pista di atterraggio, con vetture della polizia che scortano i bus fino all’uscita dallo scalo. Non c’è infatti possibilità di mischiarsi con i viaggiatori normali, né tanto meno di seguire altri percorsi per raggiungere le proprie destinazioni. Tutti sugli autobus dell’organizzazione, che stavolta rispetto a Tokyo 2020 sono marchiati con il logo di Beijing 2022. Lo stesso logo che campeggia più volte lungo gli ampi vialoni cittadini. Occorre arrivare nei pressi del parco olimpico per vedere – ovviamente dal finestrino dell’autobus e non faccia a faccia – un po’ di gente vestita normalmente. In tanti approfittano della bella giornata di sole, seppur gelida con la colonnina di mercurio a cinque gradi sotto lo zero, per scattare qualche selfie con la gigantografia delle mascotte sullo sfondo. Qualcuno abbozza anche un saluto agli stranieri, i quali ricambiano standosene a distanza. L’elemento che qualifica la bolla ermetica è la recinzione che corre lungo il perimetro degli hotel.
Atmosfera molto cupa nella capitale cinese dove oggi alle 13 si alza il sipario olimpico con la cerimonia di apertura. Molte ombre e poche luci intorno a questo gigantismo
Non c’è alcun accesso pedonale: si entra e si esce solo a bordo delle vetture ufficiali. Alla reception l’invito è di recarsi subito in camera e rimanere chiusi fino alla telefonata dell’addetto alla sicurezza. Lo squillo arriva puntuale nel primo pomeriggio: chi riceve la notizia che il suo test molecolare all’aeroporto sia negativo può recarsi sul proprio luogo di lavoro, per i positivi scatta invece il trasloco negli alberghi deputati all’isolamento. Il centro stampa è il più mastodontico che un’Olimpiade invernale ricordi. Spazi immensi perché i cinesi nell’organizzare questi Giochi - per alcuni versi assurdi e incongruenti - non hanno badato al senso delle proporzioni. In città sono stati convertiti agli sport del ghiaccio impianti già usati nei Giochi estivi del 2008: in tema di record oggi Pechino diventerà la prima città nella storia ad ospitare entrambe le tipologie di evento a cinque cerchi. Così il Cubo d’acqua è diventata una pista da curling, l’arena del volley si è trasformata nella casa di pattinaggio artistico e short track e quelle di basket e ginnastica ospitano ora gli hockeisti. Laddove sorgevano gli impianti temporanei di hockey su prato e tiro con l’arco è sorto invece l’unico impianto ad hoc per questa rassegna: l’anello coperto per il pattinaggio velocità.
Alle 13 italiane di oggi la cerimonia d’apertura andrà in scena nel Nido d’Uccello reso celebre dalle imprese di Usain Bolt. La squadra italiana, capitanata dalla portabandiera Michela Moioli, sfilerà per penultima, seguita solo dai padroni di casa, poiché tra quattro anni il nostro Paese avrà l’onore e l’onore di organizzare l’evento tra Milano, Cortina e tante altre località alpine. In tribuna ci saranno solo gli addetti ai lavori, pochi invitati e i rappresentanti politici e diplomatici. Tra questi spiccherà il presidente russo Vladimir Putin, che però non potrà applaudire il suo vessillo giacché per le note vicende legate al doping di Stato il nome Russia è bandito dal contesto a cinque cerchi, così come l’inno e la bandiera: gli atleti gareggeranno come indipendenti sotto la sigla “atleti olimpici russi”.
È questo uno dei tanti paradossi di questi Giochi, sui quali il presidente cinese Xi Jinping aveva investito tanto, con l’obiettivo, tra gli altri, di far appassionare la sua gente allo sci e di conseguenza aprire nuovi mercati per i produttori di articoli legati alla neve. Tra Yanqing, 70 chilometri dalla capitale, e Zhangjiakou, a 200 chilometri, andranno in scena il resto delle specialità: sci alpino e discipline del budello nella prima, sci nordico, biathlon, freestyle e snowboard nella seconda. Per gli spostamenti è stato pensato un treno veloce, che comunque non porta direttamente sui campi, non necessità di utilizzare altre navette e anche una funivia. Tutto rigorosamente dentro la bolla, dalla quale non si potrà mai uscire, neanche trascorsi i canonici 14 giorni, come invece era stato a Tokyo. Dall’estate all’inverno le regole sono diventare più stringenti.