Nata a Milano, formatasi al centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Giulia Lazzarini debutta in televisione, negli anni Cinquanta, inizio di un’età favolosa della Rai: nascono i grandi sceneggiati televisivi che porteranno nelle case degli italiani tanti capolavori della letteratura universale, interpretati da grandissimi attori. I nomi di Sandro Bolchi e Anton Giulio Majano restano memorabili per quell’epopea della televisione. Che non conosce solo l’invenzione dello sceneggiato (si ricordi almeno
I miserabili di Victor Hugo, con Giulia Lazzarini accanto a Tino Carraro e Gastone Moschin), ma una ricca produzione di teatro televisivo, dove tra l’altro Giulia Lazzarini spicca in
Casa di bambola di Ibsen. Nel 1954 debutta in teatro, di cui presto diventerà una delle massime interpreti italiane, accanto a Valentina Cortese, Rossella Falk, Ilaria Occhini. Presto si lega professionalmente a Giorgio Strehler e diverrà una presenza costante presso il Piccolo Teatro di Milano. Straordinaria la sua leggerezza e la natura aerea del suo movimento, che ne faranno interprete memorabile di Ariel nella
Tempesta di Shakespeare e di Winnie in
Giorni felici di Beckett. Con Giulia Lazzarini Ariel avrà nel mondo un’immagine e un volto incancellabili.
Chi è Ariel? Non so chi sia Ariel. Può essere tutto. Incorporeo, invisibile, ubiquo, onnipresente. Ma anche capriccioso, umbratile, fedele al dovere e al suo compito, ma animato da un venticello assolutamente libero. Soprattutto invisibile, così lo vide, Strehler, così lo scrisse Shakespeare. È tutto, «perché è Aria», ripeteva Strehler, che nutre alimenta e dona vita e respiro. È con come Caliban, una parte di Prospero. duca di Milano usurpato, esule e Mago –in quell’isola che non c’è – dove tutto avviene, tutto è possibile: sollevare tempeste, creare naufragi. Poiché
La tempesta è un luogo della mente, dove Prospero costruisce e alimenta il suo proposito di vendetta. Avvalendosi di Ariel, suo complice e al suo servizio, per tutte le sue illusioni teatrali. Ma sarà proprio Ariel, alla fine, con il suo commosso e inspiegabile "sentire" a farlo desistere da quel proposito di vendetta e a toccargli il cuore con quel soffio delicato e lieve, e a condurlo per mano attraverso la compassione, sulla via del perdono (e questo è molto femminile). Prospero libera i suoi nemici, libera Ariel, dice addio alla magia, spezza la sua bacchetta restituendo la "sapienza" al mistero del fondo del mare. E resta soltanto un uomo-solo a vivere la realtà con le proprie forze. Consapevole, si rivolge al pubblico – agli spettatori – chiedendo la loro comprensione e benevolenza! Da quel momento Prospero e Shakespeare non conoscono più magie.
Il sesso di Ariel?Notoriamente i demoni non hanno sesso. Ma Strehler volle il mio Ariel biondo, biancovestito, con il mio corpo e la mia voce. Sì, Ariel è femminile. Non avrà sesso, ma la sua anima è femminile. Se così non fosse, perché quei capricci, da bambino e da donna, quelle premure e quella fedeltà indefessa unita ai rimproveri e a piccole rivendicazioni? Atteggiamento femminile. Sono convinta che al Globe, alla prima di
The tempest, Shakespeare avesse scelto tra gli attori maschi, come era obbligatorio e canonico, un ragazzo leggero, femmineo. Abituato a interpretare le parti di Giulietta, Ofelia, cordelia, Desdemona.
Che cos’è la magia della scena?La parola.
La parola? Scusi signora Lazzarini, certo il suo grande Beckett, e tante prove di teatro di parola. Ma Ariel, bionda, bianca, che danza nell’aria, luci magiche…Tutto è reso visibile, possibile, solo dalla parola. Ariel è la parola che rende lo spettacolo un atto vero, in cui tutte le illusioni sono possibili, anche dal nulla. Sì, la magia della scena è la parola, intesa come poesia: che fa vedere immediato, e in tempo reale, ciò che prima ti pareva impossibile, o inaudito. La parola fa entrare le visioni, quindi rende visibile, cioè interiore, all’istante, ciò che accade in scena. La parola fa volare: Ariel vola grazie alla parola. Il resto, il movimento, i colori, la luce, sono gli elementi che la parola fa vivi all’istante e per sempre, nell’immaginazione dello spettatore. Io certo amo il teatro e sono di parte, ma penso che questa magia sia esclusiva del palcoscenico. Il cinema, che mi piace e seguo, è molto più ricco di immagini e potenzialità d’immagine. Ma non ha la parola, che è viva, immediata, effimera, muore mentre viene detta, ma mentre viene detta s’imprime e non ti abbandona più.