giovedì 1 settembre 2016
Il musical del giovane regista conquista e commuove il pubblico e prenota un posto ai prossimi Oscar: «Porto sul grande schermo tutto quello che ho amato». Protagonisti Emma Stone e Ryan Gosling Damien Chazelle ed Emma Stone.
«La La Land», l'inno alla gioia di Chazelle apre la Mostra
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Un inno alla gioia e al romanticismo, alla speranza, all’amore, ai sogni. E i sogni possono cominciare anche nel traffico di un’assolata autostrada di Los Angeles, all’inizio di un nuovo giorno carico di promesse e delusioni.  La La Land, il musical del giovane regista Damien Chazelle, ha aperto ieri in concorso tra applausi e lacrime di commozione la 73esima Mostra del Cinema di Venezia  spingendo senza timore sul pedale dell’emozione e prenotando un posto in prima fila ai prossimi Oscar, dopo i tre già vinti per il precedente Whiplash. Interpretato da Emma Stone e Ryan Gosling, il film è la storia di un’aspirante attrice che lavora come cameriera negli studios della Warner e di un talentuoso jazzista che sbarca il lu- nario suonando jingle di Natale, decisi entrambi a raggiungere il successo nella Città degli Angeli, «che venera ogni cosa e non dà valore a nulla», dove i sogni hanno un prezzo, ma non si può fare a meno di inseguirli. Mia e Sebastian si incontrano, si detestano, si innamorano, si sostengono a vicenda, si allontanano, si ritrovano, tra balletti e bellissime canzoni che rendono omaggio alla vecchia Hollywood, ma al tempo stesso reinterpretano la tradizione in chiave contemporanea, adattandola a un mondo dove il lieto fine non è d’obbligo, ma il cinismo è bandito.  «Mai come in questo momento storico la gente ha bisogno di romanticismo e speranza – dice il regista, che si è conquistato il primo applauso a soli tre minuti dall’inizio del film – ma sarebbe un errore rimanere legati al passato. La sfida era portare sullo schermo tutto quello che ho amato e con cui sono cresciuto, dal cinema di Stanley Donen alla musica, ma offrire al pubblico uno sguardo personale. Il musical è il luogo dei nostri sogni, dove è possibile violare le regole del reale, ma al tempo stesso volevo calare questo genere cinematografico, oggi così poco frequentato, nella realtà di oggi, dove l’amore forse non dura per sempre, ma l’amarezza lascia il posto alla malinconia per quello che poteva essere e non è stato. In fondo c’è sempre un po’ di tristezza quando Fred Astaire e Ginger Rogers smettono di danzare e tornano alla vita quotidiana». E tra le migliori invenzioni di regia c’è quella di ripercorrere in un paio di minuti l’intero film immaginando che le cose siano andate diversamente, una sorta di sliding doors accelerato che per qualche breve istante aggiunge sogno al sogno. Mescolando coreografie che sarebbero piaciute a Gene Kelly, omaggi a Charlie Parker e Thelenious Monk, canzoni che brindano al coraggio dei sognatori, ai fallimenti di chi sbaglia e a quel pizzico di follia che permette di cogliere le sfumature della realtà, il film, in arrivo nelle nostre sale il 26 gennaio distribuito da 01, è anche una lettera d’amore a Los Angeles, amata e odiata, dipinta attraverso i cliché che l’hanno resa celebre, restituita come fosse un quadro di Edward Hopper, ma anche addobbata dalla fantasia, dipinta di rosso da romantici tramonti che fanno battere il cuore e illuminata da luci che brillano più delle stelle. La Stone, che ha iniziato la carriera a soli quindici anni, confessa di essere stata umiliata da terribili provini, proprio come il personaggio che interpreta.  «Non sono mai arrivata a pensare di mollare tutto – racconta – ma è stata dura. Spero che questo film riesca a parlare anche ai più giovani, apparentemente lontani da questo genere: potrebbe insegnare loro con quanta passione e impegno è necessario perseguire i propri sogni, mettendo da parte il cinismo e abbracciando la speranza». 
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