martedì 2 gennaio 2024
Nel 2024 cade il centenario del grande scrittore praghese. Esce una nuova edizione della raccolta di racconti “Un medicodi campagna”, in cui il filo rosso è una dimensione temporale da incubo
Franz Kafka

Franz Kafka - Elaborazione grafica di Massimo Dezzani

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Anno nuovo, nuovi anniversari. A qualcuno l’enfasi sugli anniversari fa storcere il naso: c’è bisogno dei 700 anni dalla morte di Dante (2021) o dei 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini e di Italo Calvino (rispettivamente 2022 e 2023) per leggere (o rileggere) questi grandi autori? Naturalmente no. Ma se l’occasione dell’anniversario è all’origine di nuove iniziative editoriali, scientifiche, divulgative o didattiche, tutto sommato è cosa buona. Naturalmente si tratta di evitare la retorica celebrativa fine a se stessa, che – essa sì – non serve a molto. Dunque, uno dei primi anniversari che si stagliano all’orizzonte del nuovo anno è quello del centenario della morte di Franz Kafka (1883-1924), che cadrà il prossimo 3 giugno. Se cominciamo a parlarne ora (ma avremo certamente modo di tornarci sopra nei prossimi mesi) è perché Mondadori ha già dato inizio, a fine 2023, a un ambizioso progetto che offrirà tutta l’opera di Kafka nei “Meridiani”. Non esiste attualmente nel mondo un’edizione complessiva commentata delle opere di Kafka. Nonostante il pregevole lavoro critico-filologico delle principali edizioni tedesche, nessuna di esse ha ancora sviluppato un discorso critico-interpretativo capace di tenere conto dei risultati degli studi più recenti. La direzione dell’impresa editoriale è stata affidata a Luca Crescenzi, ordinario di Letteratura tedesca all’Università “Ca’ Foscari“ di Venezia, uno dei più autorevoli germanisti in àmbito internazionale, vincitore della prestigiosa “Thomas Mann Medaille”, già curatore, sempre nei “Meridiani”, dei due tomi dei “Romanzi“ di Thomas Mann. Il “Meridiano” di Kafka sarà articolato nei seguenti cinque volumi: “Romanzi“, “Racconti editi e inediti”, “Diari”, “Lettere a Felice / Lettere a Milena”, “Lettere ai familiari e agli amici”. Nuove le traduzioni a cura di studiosi guidati dallo stesso Crescenzi, che ha coordinato un commento di carattere storico-critico ed ermeneutico, teso a portare alla luce le caratteristiche precipue dei testi e a sottrarre così l’autore e la sua biografia ai molti arbitrii che si è trovato a subire, soprattutto in Italia, a causa della parcellizzazione delle diverse edizioni delle singole opere. La messe di studi investigati, oltre alle ultime scoperte testuali e critiche, preannunciano un lavoro originale e di sicuro valore.

Ciò trova già conferma in quella che possiamo considerare un’anticipazione dell’edizione completa, una sorta di “mini-Meridiano” in brossura dal titolo Un medico di campagna (edizione commentata a cura di Luca Crescenzi, Mondadori, pagine XLIV-148, euro 20,00). Un medico di campagna è il titolo di una folgorante e visionaria raccolta di racconti apparsa per la prima volta nel 1919. Sono quattordici testi che, se si considerano tutti i segnali sparsi al loro interno, «si vede bene che essi danno forma a un disegno coerente», scrive Crescenzi. Coerenza interna alla raccolta e coerenza (o, se si preferisce, rispondenza) tra questa raccolta e le opere maggiori di Kafka. Due racconti come Davanti alla legge e Un messaggio dell’imperatore contengono in embrione i principali temi dei romanzi Il processo e Il castello. C’è una meta a cui l’uomo è indirizzato, ma il suo raggiungimento viene continuamente impedito da forze indecifrabili e ostili: un timido contadino si ferma davanti alla prima porta della legge («decide che è meglio aspettare finché non otterrà il permesso di entrare»); l’imperatore morente non ha grandi speranze che il suo messaggio possa davvero arrivare al suddito che lo aspetta, perché il messaggero, come prigioniero di un sortilegio, sembra non riuscire ad avanzare («I suoi sforzi sono inutili; sta ancora attraversando le stanze del palazzo più interno; mai riuscirà a superarle; e se anche ci riuscisse, non avrebbe ottenuto nulla; dovrebbe lottare per scendere le scale; e se anche ci riuscisse, non avrebbe ottenuto nulla; avrebbe da percorrere i cortili; e dopo i cortili il secondo palazzo che li circonda; e di nuovo scale e cortili; e ancora un palazzo; e così via per millenni»). Nel racconto, brevissimo (neanche mezza pagina) intitolato Il più vicino villaggio, la voce narrante rievoca il discorso sapienziale del nonno, un discorso che risuona come una sorta di parabola riferita alla nostra esistenza e ai suoi limiti insanabili: «La vita è sorprendentemente breve. Ora, nel ricordo, mi pare contrarsi a tal punto che mi è difficile capire, per esempio, come un giovane possa decidere di cavalcare fino al più vicino villaggio senza temere – a prescindere da eventi infausti – che il tempo di una normale vita dal felice decorso non sia di gran lunga insufficiente per una cavalcata». Bertolt Brecht riteneva questo racconto una variazione sul tema del celebre paradosso di Zenone e la tartaruga, mentre Walter Benjamin considerava essenziale nel testo la prospettiva a ritroso della memoria, che riduce la vita alle dimensioni di un attimo. Comunque lo si voglia considerare, il racconto – scrive il curatore – «appare quasi paradigmatico per la concezione kafkiana del tempo».

Inquietante è la vicenda di Un sogno: Joseph K., durante una passeggiata in un cimitero, si adagia in una tomba vuota e a quel punto il marmista incide il suo nome sulla lapide; ma, trattandosi di un sogno, in quel momento il protagonista si sveglia. Anche Un medico di campagna, il testo che dà il titolo alla raccolta, narra una vicenda da incubo: un medico condotto, che parla in prima persona, racconta tutta una serie di fatti singolari che gli sono accaduti. Trovatosi a visitare, in una buia notte d’inverno, un malato al quale scopre una piaga incurabile, viene costretto a giacere nello stesso letto dell’infermo; riesce a fuggire, ma, in un lentissimo viaggio di ritorno , dispera di riuscire a rientrare a casa: «Nudo, esposto al gelo di questa infelicissima epoca, con una carrozza terrena e cavalli che terreni non sono, mi aggiro, vecchio, all’intorno». Toni più lievi presenta invece Una relazione per un’Accademia, in cui assistiamo a una metamorfosi al contrario (che sintetizza, forse ironicamente, le teorie darwiniane): una scimmia diventa uomo e capisce che imparare a imitare il comportamento umano è il modo più sicuro per sfuggire alla reclusione in uno zoo.

Le opere di Kafka in generale, e questi racconti lo confermano nello specifico delle vicende rappresentate, evocano esperienze di inquietante assurdità attraverso una scrittura lucida, straordinariamente precisa e realistica nei dettagli e nel tratteggiare fatti inauditi come se fossero momenti della più normale quotidianità. Kafka rifiuta ogni intento edificante, mirando piuttosto ad analizzare l’esistenza con tutto ciò che di negativo, di angoscioso, di tragico essa comporta. Questi suoi racconti offrono rappresentazioni paradossali e grottesche, i cui significati profondi restano spesso oscuri. Proprio per tale motivo, l’interpretazione dell’opera di Kafka presenta numerose difficoltà e le varie proposte ermeneutiche sono fra loro anche fortemente contraddittorie. Alcuni hanno puntato su una lettura in chiave psicanalitica, che vede nello scrittore la vittima e insieme il testimone di un complesso di colpa. La critica esistenzialista vi legge invece l’avventura dell’uomo che, senza difese, si affaccia sugli abissi del nulla e dell’angoscia. Di contro, la critica teologica ravvisa in Kafka una simbolizzazione dell’infinita distanza fra l’uomo e Dio. Su quest’ultimo punto l’opinione di Luca Crescenzi è piuttosto netta, almeno per quanto concerne la raccolta di racconti di cui ci stiamo occupando: «Certamente Un medico di campagna disegna un orizzonte senza trascendenza e senza trascendimenti: il tempo finisce, ma il mondo ricomincia esattamente come prima. Non c’è alcun disegno superiore, non c’è accesso possibile a una realtà trasfigurata dal manifestarsi di una potenza liberatrice». Forse anche da ciò, il senso di cupezza e di disperazione che pervade molte pagine (anche dei romanzi) dello scrittore praghese.

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