domenica 4 agosto 2024
L'azzurro campione olimpico uscente si ferma a un pur buon quinto posto nella gara più attesa
Marcell Jacobs e Noah Lyles in gara

Marcell Jacobs e Noah Lyles in gara - Reuters/Kai Pfaffenbach

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Avanzando lenti e non a passo di Jacobs, Da Place d’Italie allo Stade de France la metropolitana sosta alla fermata Saint Marcell. E allora blasfemamente viene da pensare che se Jacobs riuscisse nel “miracolo” (anche un bronzo) domani mattina (lunedì 5 agosto) chiederemo alla sindaca di Parigi Hidalgo di intitolare quella stazione a “San Marcell”, in omaggio al nostro più grande campione di sempre nella corsa regina dell’atletica. Ma la storia insegna che, quando si ripete due volte, di solito è drammatica o ridicola. In questo caso nessuna delle due, ma dopo i fasti di Tokyo era difficile ripetersi su quei livelli stratosferici, nonostante un po’ Jacobs ci avesse illuso con quel suo ottimistico “ho fatto un test in allenamento con fotocellule e non ho mai corso così forte in frazione questi 100 metri che abbiamo fatto. È per questo che sono molto sereno e contento di essere qui”. Anche noi siamo contenti di assistere alla sua seconda finale olimpica consecutiva. Ma quanta sofferenza. Il pathos fa parte del gioco, e questo è il più bello e quindi il più seguito dei Giochi. Un evento planetario ancor prima che la sfida tra i nove uomini più veloci del pianeta. L’evento sportivo dell’anno, non c’è calcio e mondiale che regga, con 2 miliardi di telespettatori collegati anche dall’ultimo villaggio del Botswana (patria dell’astro nascente Tebogo) il Cio gongola e conquista tutti gli ori a disposizione grazie alla finale dei 100. Ma a questa per arrivarci bisogna battere una concorrenza di 26 uomini razzo, tutti potenzialmente medagliabili. “Se vuoi salire sul podio non devi sbagliare niente”, insegna il saggio Marcell alla vigilia della battaglia. Il suo fratellino d’Italia Chituru Ali qualcosa sbaglia e il giorno più lungo dei centometristi azzurri comincia subito male. Ali dai capelli rossi conferma il dato fuorviante che essere vicecampione d’Europa non garantisce affatto un scampolo di gloria olimpica. Chiude solo 7° a 10’’14 in una batteria dove giganteggia il giamaicano Seville che stampa un 9’’81 che è il tempo dell’oro dello zio Bolt a Rio 2016. L’americano campione del mondo dei 100, Lyles, si aggiusta alla grande a 9’’83. Sotto con la semifinale di Jacobs. Marcell parte dalla corsia 8. Soliti colpetti, petto, coscia e prima di mettere i piedoni sui blocchi i classici tre colpi in testa alla Lino Banfi quando invoca la sua “noce di cocco”. Al tramonto brilla il collanone al collo di Jacobs e il monile gli va alla bocca che sbava un po’ dietro all’esperto sudafricano Simbine che come a Tokyo entra in finale con un buon 9’97 seguito dalla rivelazione Tebogo che fa comodamente anche i 200 e per l’atto finale dei 100 si presenta con il biglietto del 9’’ 91. Un centesimo meglio di Jacobs che deve attendere la terza semifinale per sapere se farà parte dei magnifici nove. Ce la fa, ma da ottavo per niente comodo costretto a inseguire il suo spettro. “Thompson è l’uomo da battere” aveva detto giorni fa a chi gli chiedeva degli americani. E Thompson c’è e fa lo stesso tempo di Marcell a Tokyo, 9’’80. Occhi al tabellone con suspence: magic Kerley ferma il cronometro a 9’’84. Ora se il terzo classificato farà meno di 9’’92 la storia dell’italiano a Parigi campione in carica dei 100 finisce qui. Pronti via con i peana da italici piangenti che sbattono la stella nella stalla e gridano al fallimento nazionale. Scenario apocalittico scampato. Per fortuna Richardson sbatte sui 9’’95 e Marcell è dentro. Tre dei nove finalisti sono gli stessi di Tokyo: Kerley, Simbine e il nostro Marcell che nei novanta minuti di riflessione tra la semifinale e la finalissima deve aver ripensato a quelle parole profetiche “non è che perché sono il campione olimpico meriti di più rispetto agli altri, anzi”. Nessuna cortesia infatti all’ingresso della prova dei nove. Thompson ruggisce, Lyles zompetta felice e Jacobs saluta il pubblico da re per l’ultima notte. Poi...Lo sparo e il flash di una vita che scatta la foto finale: il nuovo re al fotofinish è Lyles con 9’’79, secondo Thompson e sul podio sale ancora Kerley, argento a Tokyo e bronzo a Parigi con 9’’81. E Jacobs? Quinto, a 9’’85. Stasera è senza trono, ma fra cinque giorni si corre la 4x100 e con la squadra azzurra potrebbe riconquistare almeno quello.

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