martedì 19 marzo 2024
Da diverse analisi importanti novità sul polittico di Sant'Agostino di Sansepolcro, i cui elementi sono stati riuniti nel museo di Milano per la prima volta dopo 555 anni
Le tavole riunite del Polittico di Sant'Agostino di Piero della Francesca

Le tavole riunite del Polittico di Sant'Agostino di Piero della Francesca - Museo Poldi Pezzoli, Milano

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Tecniche di diagnostica per immagini ad alta risoluzione, ultravioletto, vicino infrarosso, radiazione X, analisi di microscopia e spettroscopia puntuale. Questa volta si può parlare davvero di “Indagini su Piero” (per citare il celebre saggio di Carlo Ginzburg dedicato a Piero della Francesca) svolte in occasione della mostra inaugurata al museo Poldi Pezzoli di Milano: Il Polittico agostiniano riunito (aperta fino al 24 giugno) vede riaccostate otto tavole della grande pala che il celebre artista dipinse per la chiesa di Sant’Agostino nella sua Sansepolcro a metà del '400, ma poi smontata e divisa già un secolo dopo. Sette pannelli raffigurano santi, l’ottavo una Crocifissione; all’appello ne mancano almeno altri venti, ma si tratta comunque di un’operazione importante, vista la complessità nel mettere d’accordo vari musei internazionali: la Frick Collection di New York, il Museo Nacional de Arte Antigua di Lisbona e le National Gallery di Londra e Washington. Ed è stato merito della direttrice del Poldi Pezzoli, Alessandra Quarto che, approfittando della chiusura temporanea della Frick di New York – dove si conservano quattro tavole del polittico – è riuscita a convincere al prestito gli altri musei.
Per l’occasione sono state condotte quindi diverse tecniche per studiare questi capolavori. A occuparsi delle indagini è stata Fondazione Bracco, main partner della mostra (con Intesa Sanpaolo partner istituzionale) che ha promosso gli esami sulla tavola raffigurante San Nicola da Tolentino (di proprietà del Poldi Pezzoli), eseguiti da un team di ricercatori della Statale di Milano dello spinoff Iuss Pavia DeepTrace Technologies, in collaborazione con il Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale coordinato da Isabella Castiglioni. Esami che si sono rivelati importanti per capire meglio le tecniche di lavorazione della tavola (in pioppo), capolavoro della maturità del Piero della Francesca “pittore di luce”, capace di utilizzare l’olio come i colleghi fiamminghi della sua epoca, e in contemporanea con Antonello da Messina. In particolare, è emerso che applicò delle velature semitrasparenti in modo sottilissimo e ricercato, che gli consentì di creare la prospettiva atmosferica del cielo sullo sfondo e altri particolari di grande effetto come gli effetti del cristallo di rocca del pastorale nella tavola con il Sant’Agostino o delle pietre preziose luccicanti sulla lorica di San Michele Arcangelo.
Una delle novità principali riguarda la tavola centrale, andata perduta, che finora si credeva raffigurasse una Vergine con Bambino. Adesso, dagli studi condotti sulla tavola raffigurante San Michele, è emerso che nell’angolo in basso a destra si vede un gradino in porfido con sopra drappi di un prezioso broccato di velluto. Con lo stereomicroscopio è stato possibile vedere anche un piede, e da qui si è compreso che siano il piede e l’abito di una Madonna inginocchiata per ricevere la corona da Cristo: una Incoronazione della Vergine sul modello delle due Incoronazioni “Maringhi” e “Marsuppini” di Filippo Lippi, oggi rispettivamente agli Uffizi e ai Vaticani. E sempre con la diagnostica per immagini è stato possibile vedere che due ali di angelo dipinte, una nella tavola di San Michele e una in quella di San Giovanni, furono cancellate dopo la divisione del polittico per dare coerenza alle opere smembrate (e per rivenderle meglio sul mercato).
Confermato, infine, che Piero si trovò costretto a riadoperare una struttura di polittico medievale, trecentesco: dagli studi condotti, è emerso che sia nella predella (ovvero la parte in basso rispetto alle tavole principali) che nei pilastri, il pittore stese il gesso preparatorio al di sopra di una preparazione preesistente. Adesso c’è così la prova tecnica di un raro caso di riutilizzo di un’antica struttura, noto finora solo dai documenti. E forse è proprio per il fatto di apparire presto così antiquato che questo polittico in pieno Rinascimento venne smontato: le tavole finirono in alcune collezioni locali per poi finire sul mercato antiquario nel 1800, e vendute al migliore offerente. Si trattava in origine di una macchina complessa, alta oltre sei metri: per motivi di spazio, nella mostra è stato proposto un accostamento prospettico nell’allestimento di Italo Rota e dello studio Carlo Ratti associati, mentre un video nella sala laterale propone la ricostruzione virtuale di come doveva apparire in chiesa, quando fu terminato nel 1468.
Da Sansepolcro a Milano, 555 anni dopo, si può tornare ad ammirare un capolavoro che sembrava perduto. E chissà che da qualche parte nel mondo non spunti il pezzo principale, l’Incoronazione della Vergine che secondo i curatori fece da modello a quella della Pala Pesaro di Giovanni Bellini (che per una fortunata coincidenza, sempre a Milano, nel museo Diocesano, si può ammirare, virtualmente, ricomposta alla parte superiore, raffigurante il Compianto sul corpo di Cristo).

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