Oggi, quando si parla di Giorgio La Pira, si tende a definirlo «sindaco santo», non solo per come ha guidato a suo tempo l’amministrazione fiorentina, ma anche per il fatto di essere ora avviato realmente verso la gloria degli altari. Papa Francesco lo ha già dichiarato venerabile. E pensare che lui, il diretto interessato, a suo tempo replicava: «Non sono un sindaco santo. Mi chiamano santo per farmi passare per grullo. Ma la mia vocazione è una sola, strutturale direi: pur con tutte le deficienze e le indegnità che si vuole, io sono, per la grazia del Signore, un testimone del Vangelo».
Ce lo ricorda molto bene Monica Mondo, passeggiando nel Chiostro di San Marco a Firenze, in una delle inquadrature del suo documentario La santa follia in programma su Tv2000 domani sera alle ore 21,40. E lì, nel convento domenicano, c’è ancora la cella con letto, scrittoio e poltrona in finta pelle dove “il professore” viveva in assoluta povertà. Girato l’angolo c’è anche la sede della Fondazione Giorgio La Pira dove il presidente Mario Primicerio conferma che il suo predecessore in Palazzo Vecchio, nonché maestro e amico, era un vero testimone, un esempio per tutti i cristiani. Con Primicerio, che accompagnò La Pira in Vietnam nel 1965, l’autrice del documentario ripercorre i viaggi del “professore” e il suo impegno per la pace, mentre con il costituzionalista Ugo De Siervo parla dell’apporto alla Costituente.
Tra gli intervistati il governatore della Toscana Eugenio Giani e l’attuale sindaco di Firenze Dario Nardella, che parlano del rapporto con le altre forze politiche e dell’amore per la città ideale, ma anche il presidente della Cei Gualtiero Bassetti e l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, che invece si soffermano sulla presenza dei cristiani nella vita politica. A fare da filo conduttore, insieme ad altre interessanti immagini di repertorio, l’ultima intervista televisiva di La Pira rilasciata nel 1976 all’amico Luigi Bardelli, direttore di TvLibera Pistoia e oggi anche presidente del Corallo, l’associazione delle emittenti cattoliche. Il documentario, a cura di Cecilia Pronti con la regia di Maurizio Carta (produttore esecutivo Concetta Malatesta), racconta, con sintesi esauriente, l’impegno di un uomo che si trovò a vivere e operare in anni di grandi passioni contrapposte: gli anni della guerra fredda. Professore di diritto romano, terziario domenicano, nato nel 1904 a Pozzallo in provincia di Ragusa, dopo gli studi in giurisprudenza all'Università di Messina, La Pira arrivò a Firenze nel 1926. Venuto per laurearsi, ci rimase tutta la vita (fino alla morte nel 1977) diventandone il sindaco più amato. Fervente cattolico, intransigente pacifista, seppe unire all’attività di amministratore (note le sue battaglie per il lavoro e per la casa) quella di ambasciatore di pace.
L’attualità del suo operato, l’urgente verità del suo messaggio emergono, insieme alla sua grande concretezza, nella ricostruzione di Monica Mondo, che definisce La Pira «un innovatore aperto in umanità e un testardo cercatore di dialogo». «Il mondo è il luogo della sua santità, e questo – spiega Betori – è importante per l’oggi, per capire che i cristiani non possono separarsi dal mondo: si diventa cristiani nella storia in cui il Signore ci ha gettati». La Pira, a giudizio di De Siervo, era «un politico moderno, che prendeva iniziative sociali molto aperte e poneva il Comune e le strutture pubbliche a servizio della popolazione». «Con la sua visione tomista la politica – aggiunge Bassetti – era il massimo dell’esperienza umana e del genio umano, perché la politica voleva dire mettere la propria intelligenza e tutte le proprie energie, tutti i propri mezzi anche materiali a servizio della Polis».
Per Nardella, il suo illustre predecessore «era un visionario: amava sempre dire che il sindaco di Firenze deve cambiare le lampadine dell’illuminazione pubblica e promuovere la pace nel mondo». La grandezza di La Pira, in questo prezioso lavoro di Tv2000, emerge anche dagli aneddoti che raccontano soprattutto Primicerio e Bassetti. Ad esempio quando La Pira nel 1959 arrivò all’aeroporto di Mosca la delegazione di benvenuto intendeva imporgli il programma della visita. Lui replicò che la prima cosa che voleva fare il giorno dopo era andare a Messa nella chiesa di San Luigi dei Francesi. Ci andò e vi si fermò a lungo in preghiera tanto da arrivare in ritardo all’incontro con il Soviet supremo al quale avrebbe poi detto di essere più materialista dei marxisti in quanto credeva in un Dio incarnato, fatto uomo.