martedì 30 maggio 2017
È il primo olandese a entrare nell’albo d’oro centenario della corsa: è il volto moderno di questo sport. Quintana è il grande sconfitto. Fatale per Nibali la prima settimana
L'olandese Tom Dumoulin, 26 anni, vincitore del Giro d'Italia numero 100

L'olandese Tom Dumoulin, 26 anni, vincitore del Giro d'Italia numero 100

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Tutti contro tutti, fino alla fine. Ma a vincere è solo uno, e questo è un ragazzo olandese di Maastricht, la città del trattato dell’Unione Europea, anche se Tom Dumoulin l’Europa e il mondo non l’ha assolutamente unito, ma diviso e battuto, su ogni terreno, con forza e lucidità. Il Giro Cento si è chiuso domenica all’ombra di piazza Duomo, con la vittoria di Dumoulin. Ha conquistato la rosa, lui che viene dalla terra dei tulipani. È il primo olandese della storia centenaria del Giro. Per lui il primo successo in un Grande Giro. Per l’Olanda il primo trionfo nella corsa che batte da sempre bandiera “Gazzetta”. Ha superato di slancio, grazie all’ultima cronometro da Monza a Milano di domenica, un cast stellare. Mai nella storia del Giro si era assistito ad una corsa così asciutta, così clemente, con quattro corridori a giocarsi tutto in 53”. Sei in un minuto e mezzo. «Mi ha telefonato il re d’Olanda in persona Guglielmo Alessandro – racconta ancora estasiato Tom –, che lo scorso anno al via da Apeldoorn mi consegnò la prima maglia rosa. Era entusiasta, mi ha fatto un sacco di complimenti, mi ha detto cose che preferirei tenere per me, ma posso dirvi che si è detto orgoglioso di avere finalmente il primo olandese in rosa. Io di questo sono grato e fiero. Mi sembra di vivere una fiaba».

Il grande sconfitto è però Nairo Quintana, lo scalatore colombiano che qui al Giro c’era venuto per bissare il successo ottenuto nel 2014 e tentare l’accoppiata con il Tour nello stesso anno. Era il grande favorito della vigilia, ma ha fatto ben poco per vincere, se non speculare sulla pelle degli altri. L’altra faccia della medaglia è proprio Tom Dumoulin, il vincitore, che ha meritato di vincere. È lui l’uomo nuovo del ciclismo mondiale (27 anni a novembre), che rischiò di vincere nel 2015 la Vuelta di Fabio Aru, il sardo che riuscì a ribaltare tutto nella penultima tappa. Per l’olandese una sconfitta amara, e un sesto posto finale nella generale. «Come dice Landa – spiega Dumoulin – quando si perde s’impara, e io da quella sconfitta ho imparato tanto. Ora mi alleno meglio, soprattutto ho allenato la testa alla sofferenza. Ho imparato a non sentirmi mai arrivato, ma anche mai sconfitto: fino alla fine».

L’olandese è stato il più forte a cronometro, ma è stato anche il più resiliente in salita. Ha tenuto botta, mantenendo la calma quando la sfortuna sembra averlo preso di mira. Come nella tappa di Bormio, quella del Mortirolo e della doppia scalata dello Stelvio. Quella vinta dal nostro Vincenzo Nibali (unica vittoria italiana in 21 tappe). Dumoulin in crisi improvvisa di dissenteria si ferma in un campo, perde più di un minuto, ma quel giorno non è lui a perdere, sono gli altri, perché l’olandese non crolla, ma resiste come un vero combattente. Rischia solo il patatrac quando si fa trovare in fondo al gruppo mentre si affronta una lunga discesa (Sappada, tappa di Piancavallo), con il simpatico dettaglio che i suoi gregari sono davanti a fare l’andatura. Ma anche in questa circostanza, si difende e salva la pelle. Sul podio, alle spalle di “DueMulini” e Quintana, il nostro Vincenzo Nibali. Il signore dei Grandi Giri (tredici disputati, con 9 podi e 4 vittorie) è certamente più forte di quello dell’anno scorso, ma perde troppo sul Blockhaus e anche ad Oropa. Perde il Giro per 40”, niente, se solo fosse stato più in palla anche nella prima settimana e in quelle salite secche che gli hanno tolto il respiro, e in parte l’hanno tolto anche a noi.

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