sabato 27 novembre 2010
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Non era la scena di un film d’azione quella che ieri mattina ha visto una trentina di persone arrampicarsi all’ingresso degli Studios e, da un altezza di dieci metri, srotolare uno striscione con la scritta: «Salviamo Cinecittà». «Abbiamo fatto un blitz nel giorno in cui Abete ha presentato il suo piano edilizio per Cinecittà» spiega Sandro Luparelli, esponente di Action, il quasi cinematografico "commando" di manifestanti di via Tuscolana. Poco prima, infatti, Luigi Abete, presidente di Cinecittà Studios, la società che dal ’97 gestisce gli stabilimenti dopo la loro privatizzazione, aveva esposto alla stampa il contestato progetto di rilancio della Hollywood nostrana. «Pura cementificazione» è infatti l’imperante slogan anti Abete. «Cinecittà Studios è una società che funziona, che assume e paga gli stipendi dei suoi lavoratori e che ora ha un progetto per attrarre il cinema internazionale, aiutando anche quello italiano. Chi dice il contrario fa disinformazione» sbotta subito l’ex numero uno di Confindustria. E, dopo aver sottolineato l’attività di Cinecittà Studios («con tre centri produttivi in Italia e uno in Marocco e un giro d’affari complessivo di 87 milioni di euro»), Abete spiega che si tratta di un progetto in due fasi, dal costo totale di 150-200 milioni di euro per trasformare «vecchie aree abbandonate» interne al perimetro degli Studios in due zone di servizi all’avanguardia. Niente multisala o centri commerciali, insomma. L’idea portante sarebbe piuttosto di rendere Cinecittà più competitiva a livello internazionale. Ma gli oppositori non ci credono. «A quanto ci risulta – dice infatti Luparelli –, si apprestano a fare a Cinecittà una colata di cemento di 400 mila metri cubi. E la cosa più grave è che avrebbero anche i diritti edificatori. Oltre a questo, rischierebbero il posto di lavoro 400 persone. Noi ci aspettiamo invece un vero e proprio piano di rilancio della produzione cinematografica». «L’andamento occupazionale – rassicura però Abete – è stabile dal 1996, anzi abbiamo assunto 120 nuovi dipendenti a tempo indeterminato, senza licenziarne neanche uno, nonostante la crisi del settore».Nella prima fase, dunque, il progetto (costo 70 milioni), esecutivo entro il 2011, vedrebbe in un’area di 30mila mq la costruzione di un teatro di posa grande quanto lo storico teatro 5, uffici per le produzioni, parcheggi interrati, un punto ristoro e un albergo quattro stelle da 200 camere per tecnici e attori delle troupe («perché Julia Roberts va al Grand Hotel, ma gli altri no» dice Abete). La seconda fase partirà nove mesi più tardi e vedrà nascere un distretto multimediale con uffici e laboratori per piccole-medie imprese dell’audiovisivo. «E questo vorrebbe dire uccidere Cinecittà – si chiede Abete –? Qui c’è un’azione specifica di una parte del sindacato aziendale che fa volantini ignobili. Io non discuto un progetto come questo con loro, ma con le persone competenti e con chi di dovere». Immediate le reazioni: «Cinecittà è patrimonio di tutti  – replicano la Slc/Cgil di Roma e Lazio e il responsabile della cultura del Pd, Matteo Orfini –: Si discuta il piano industriale pubblicamente con le parti sociali e con le istituzioni. Non siamo nella repubblica della banane».
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