“Il nuovo parto gemellare di Federer”. Alla fine, lo hanno descritto così, un po’ tagliando corto e un po’ (un bel po’) pasticciando su quali siano i compiti predisposti da madre natura. Forse per comodità di titolazione, chissà… O perché, di questi tempi, persino la comunicazione tende a fare un po’ di confusione. Fatto sta che papà Federer il 6 maggio scorso ha presentato al pubblico i suoi Leo e Lenny, neonati già famosi quanto le sorelline Myla Rose e Charlene Riva, nate quattro anni fa. Estenuato dal lungo travaglio, il mondo del tennis ha festeggiato l’evento, e ha subito voltato pagina, disponendosi disciplinatamente in attesa del prossimo. Il piccolo Djokovic.Per stare accanto alla moglie in questo splendido e impegnativo momento, Federer ha deciso di ritirarsi dal Masters 1000 di Madrid. E per la medesima ragione, potrebbe non presentarsi agli Internazionali di Roma, al via oggi con le qualificazioni, dove dovrebbe debuttare lunedì. Resta il fatto che il campione “in attesa”, a quanto pare, è il nuovo status degli sportivi celebri. E più l’attesa è condivisa, annunciata, partecipata, più il campione alloggerà nei piani alti dello star system. Se sia un privilegio, è tutto da vedere, ma nella società dei cinguettii a centoquaranta caratteri, dove si sa tutto di tutti nella misura in cui tutti ritengono di aver qualcosa da far sapere, l’evento privato è un valore cui tengono in pochi, per lo più confinati in una riserva di stravaganti demodé. Di lieto evento in lieto evento, è un fatto, il tennis si sta trasformando - alla vigilia del trittico forte della stagione, Roma, Parigi, Wimbledon - in una schiamazzante pouponnière. Al punto che i più attenti già ipotizzano, per i prossimi tempi, un sostanzioso aumento di assunzioni fra le balie. E da parte dei tornei, l’organizzazione di parchi giochi a tema riservati ai figli dei tennisti. Laddove manchino, perché qualcuno, avveduto, li ha già predisposti negli anni passati. Succede, di fatto, che con i cambiamenti imposti dal divenire dei tennisti simili ad aziende, alcuni paragonabili a multinazionali e come tali padroni del mercato, altri più vicini a società per azioni, la maggior parte invece assimilabili a ditte di tipo familiare, ognuna di esse con pochi ma indispensabili dipendenti a carico (vuoi il fisioterapista, vuoi il preparatore atletico), oltre al coach che interpreta il ruolo di direttore generale e qui e là un manager, la carriera dei giocatori abbia subito un imprevisto prolungamento. Ci si cura meglio, si ottimizzano le energie per le attività del campo, gli allenamenti vengono studiati di modo che il prodotto tennistico (lui, il giocatore) duri nel tempo. Rapidamente così si è passati da un tennis ribollente di bambinacce ululanti a caccia di soldi e di affermazioni personali, a un circuito di mamme e di babbi, non meno ululante ma più posato, più maturo. E i campioni sono diventati prodotti a lunga conservazione.Logico, in un circuito di over trenta (appena quattro under 23 nell’ultima classifica dei primi cento uomini), che qualcuno avverta con insistenza il ticchettio dell’orologio biologico. Essere padri e madri con racchetta è diventato, oggi, ancor più che una moda, una necessità. Più difficile (e raro) per le signore mamme, perché il fisico ha bisogno dei suoi tempi (la sospensione dell’attività, la gravidanza, il recupero della forma) e il bambino anche di più, ma nemmeno loro si sono tirate indietro e da qualche tempo la figura della mamma tennista con prole al seguito ha preso piede e non rappresenta più soltanto una lieta novità, ma un modo diverso di interpretare il proprio mestiere.Ecco allora Sybille Bammer con la piccola Tina, Lindsey Davenport e il biondo Jagger, e più di tutti Kim Clijsters, vincitrice degli Us Open al suo ritorno dalla maternità, festeggiata sul campo da una scatenata Jada, la primogenita, che pretendeva per sé tutta l’attenzione dei fotografi.Di più nel maschile. "My Daddy play tennis better than your Daddy", c’era scritto sulla maglietta del neonato Bobby Junior, figlio del Bryan doppista (famosa la foto di Micaela, la primogenita, adagiata dentro la Coppa del Roland Garros, a mo’ di culla). Il mio papà gioca a tennis meglio del tuo. Possono dirlo anche Cruz, Mia e Ava, i figli di Lleyton Hewitt, e Valentina, la figlia di Tommy Haas. E certo anche Jaden Gil e Jaz Elle, che di genitori tennisti ne hanno due, ed entrambi ex numero uno del mondo, Andre Agassi e Steffi Graf. Potranno dirlo, quando sarà il momento, anche Leo e Lenny Federer, e fra qualche mese anche il giovane Djokovic, che nessuno sa come si chiamerà e se sarà maschio o femmina, ma che ha già strappato al futuro padre un’impegnativa dichiarazione: «Quando avrò un figlio, il tennis non sarà più la priorità». Ma state tranquilli, non appenderà la racchetta al chiodo. Assumerà una balia. La più premurosa e aziendalista possibile.