Il 15 giugno del 1955, al lugubre suono di una sirena che annunciava un imminente attacco nucleare, l’intera popolazione di New York si precipitò a nascondersi nelle cantine e nelle stazioni della metropolitana della città. Era la prima di una lunga serie di esercitazioni annuali programmate dalla protezione civile, e a detta delle autorità fu un «grande successo». Ma non andò propriamente così. Una donna di mezza età dai capelli bianchi, assieme ad altre ventisei persone, si rifiutò di prendere parte a quel “gioco alla guerra”. Invece di cercare rifugio, Dorothy Day e i suoi compagni rimasero seduti a City Hall Park, dove furono arrestati e successivamente condannati al carcere.
La Day aveva fondato il “Catholic Worker” poco più di vent’anni prima di quel limpido giorno di primavera del 1955. Nato come rivista mensile, era successivamente diventato un vero e proprio movimento politico, sociale e religioso a cui facevano capo numerose “case di ospitalità” nei quartieri poveri di New York e in tutto il resto del Paese. In quelle comunità, all’esercizio delle “opere di misericordia” – dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini – si univano un forte impegno per la giustizia sociale e l’idea che fosse possibile costruire una società diversa, basata sui valori di generosità, compassione e solidarietà.
Erano in molti ad ammirare il lavoro della Day con i poveri e gli emarginati, e tra i primi abbonati al suo giornale, fondato al culmine della Grande Depressione, c’erano persone che condividevano la sua critica a un sistema economico iniquo e ingiusto. Tuttavia, durante quei primi anni, pochissimi cattolici si unirono alla Day nel dichiarare come l’insegnamento di Cristo fosse incompatibile con qualsiasi forma di uccisione – una presa di posizione controversa che mantenne anche durante la seconda guerra mondiale. Il “Catholic Worker” rappresentò da parte sua un tentativo di vivere le implicazioni radicali della via di Gesù su questa terra: ciò che facciamo all’ultimo dei nostri fratelli e delle nostre sorelle – che sia rifocillarli, incarcerarli o bombardarli – lo facciamo direttamente a lui.
Per quasi cinquant’anni, fino alla sua morte nel 1980, Dorothy visse secondo quelle convinzioni. In cambio ricevette una discreta dose di critiche; la definirono antiamericana, l’accusarono di essere debole, irrilevante, stupida. Altri ancora la tacciarono di essere segretamente comunista, tanto che nel 1950 J. Edgar Hoover, l’allora direttore dell’Fbi, inserì il suo nome in una lista di pericolosi radicali che sarebbero dovuti essere arrestati nel caso di un’emergenza nazionale.
Fortunatamente i tempi sono cambiati. Nel 2000 la Day venne dichiarata serva di Dio. Nel 2012 i vescovi americani, assieme all’arcivescovo di New York Timothy Dolan, diedero il loro nullaosta al proseguimento della sua causa di canonizzazione, in un lungo processo che potrebbe portarla un giorno a essere proclamata santa. Se così fosse, sarebbe sicuramente una santa con una storia personale decisamente fuori dagli schemi! Già arrestata per aver partecipato a una manifestazione in favore del suffragio femminile, aveva lavorato come giornalista per varie testate socialiste e per altre organizzazioni di sinistra. Senza dimenticare l’aborto che decise di avere in seguito a una storia d’amore finita male (fatti che, tuttavia, avvennero prima che diventasse cattolica). Persino la sua conversione rimarrà unica negli annali dei santi: viveva a Staten Island con un uomo che amava profondamente anche se non erano sposati, quando scoprì di essere nuovamente incinta. Questa volta, con sua grande gioia, si trovò a pregare e a desiderare ardentemente che sua figlia fosse battezzata: un desiderio che si sarebbe avverato di lì a breve.
Il “Catholic Worker” nacque cinque anni dopo, quando Dorothy aveva 35 anni, al termine di un lungo e solitario cammino di ricerca della sua vocazione. Oltre alla dolorosa separazione dal padre della bambina – un anarchico che non credeva nel matrimonio –, Dorothy sentiva di aver subito un’altra perdita: con la sua entrata nella Chiesa ufficiale, così spesso roccaforte dello status quo, temeva di aver tradito la causa degli oppressi a lei tanto cara. Perciò nel dicembre del 1932, mentre seguiva da cronista una manifestazione di disoccupati a Washington, si recò a pregare al santuario dell’Immacolata Concezione affinché Dio le indicasse una strada per mettere i suoi talenti al servizio dei più poveri. Quando tornò a New York incontrò Peter Maurin, un nomade francese la cui filosofia personalista parve a Dorothy la risposta alle sue preghiere: egli le suggerì di fondare un quotidiano che promuovesse l’insegnamento sociale del Vangelo. E nelle case di ospitalità che ne seguirono, la Day e i Catholic Workers misero in pratica ciò che predicavano: vivere con i poveri, esercitare le opere di misericordia, cercare di vivere le implicazioni radicali dell’amore di Dio e del prossimo. (Traduzione di Chiara Brivio)