giovedì 12 novembre 2020
La band salentina pubblica il decimo album. Il leader Giuliano Sangiorgi: «Resteremo in piedi solo se rimetteremo al centro l'umanità»
La band salentina Negramaro pubblica il suo decimo album, Contatto

La band salentina Negramaro pubblica il suo decimo album, Contatto - foto Pietro Pappalardo

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Nonostante tutto, noi resteremo in piedi. A patto di abbandonare l’odio dei social e di ritrovare una nuova centralità dell’essere umano, rendendoci conto che nessuno si salva da solo e che occorre dare fiducia ai giovani perché loro sono il futuro. Il Contatto dei Negramaro è un manifesto programmatico della band che, arrivata al suo decimo album e a un ventennio di vita, propone un lavoro di resistenza musicale. Il nuovo disco contenente 12 inediti, che uscirà domani in formato fisico e su tutte le piattaforme per Sugarmusic, è un vero “concept album”, di quelli che si facevano una volta, con una unità ideale, pur nella varietà musicale, che racconta il sogno di tornare ad abbracciarci, toccarci, sentirci esseri umani senza differenze.

Stamattina la band salentina guidata da Giuliano Sangiorgi ha presentato la sua nuova fatica, che verrà lanciata stasera da un miniconcerto ipertecnologico online. Anche se Sangiorgi ha precisato chiaro e tondo: «Contatto è la parola chiave di questo momento. Io non credo che i concerti saranno così, solo in streaming. Se fra due anni non torniamo in contatto, cambio mestiere e canterò solo per mai figlia». Il pensiero di Sangiorgi va a sua figlia Stella, che gli ha ispirato il gioioso brano Devi solo ballare, ai figli dei suoi compagni di viaggio e a tutti i giovani: «La mia preoccupazione più grande è che mia figlia possa avere diffidenza nei confronti dell’altro: mia figlia deve amare tutti e non avere paura. La mascherina serve ed è sacrosanta, ma spero che i bambini la dimenticheranno. Tutto quello che facciamo non ha senso se non si sta insieme, ci salviamo solo stando insieme. Se non c’è l’umanità, il pianeta non ha senso».

Noi resteremo in piedi, in vetta alle classifiche radio da tre settimane, è un manifesto che contiene le voci campionate dei manifestanti durante le proteste del movimento black lives matter: «E’ un germoglio di crisi da cui parte tutto l’album – aggiunge Sangiorgi che replica agli odiatori del web -. C’è chi mi dice che devo solo cantare e non esprimere opinioni. E quindi io canto quello che penso: voglio dare spazio ad una umanità che non ha mai avuto i riflettori, contro ogni razzismo, a favore di quelli che migrano, non chiamiamoli migranti, perché qualcuno li caccia via a calci dai loro Paesi. Oggi non puoi cantare “io voglio la Maserati e chi se ne importa degli altri”» aggiunge riferendosi ai testi maggiormente in voga nella trap.

I Negramaro tornano quindi, a distanza di tre anni dal successo del precedente disco “Amore che torni”, con un nuovo album che racconta di come ogni piccolo gesto di ciascuno di noi, qui e ora, può cambiare il mondo. Un album combattente (Noi resteremo in piedi) ma pieno di speranza (“Non è mai per sempre”, “La cura del tempo”). E’ viva la speranza di una Terra di nessuno (in cui è contenuto un omaggio a Lucio Dalla) da ripopolare e restituire agli esseri viventi, all’uomo e alla natura, perché se la terra è di tutti.

Un invito ad abbracciare l’altro da noi arriva in una preghiera laica Dalle mie parti”che immagina il dialogo tra una persona che si arrocca entro i propri confini nazionali ed un uomo che sta rischiando la vita in mare, che è fuggito perché “dalle mie parti chi crede in Dio/ deve provare in quale Dio”. L’album, prodotto da Andrea Mariano, si conclude appunto con l’arioso e lungo finale orchestrato di Dalle mie parti con le orchestrazioni arrangiate dal maestro Stefano Nanni, storico collaboratore di Luciano Pavarotti, che ha diretto per l’occasione l’Orchestra Roma Sinfonietta del maestro Ennio Morricone. «Abbiamo registrato con l’orchestra di Morricone quando lui era ancora vivo. Quando il maestro è mancato, ci è sembrato il minimo dedicargli l’ultimo brano con la versione lunga orchestrale – spiega Sangiorgi che lancia un appello a favore dei lavoratori dello spettacolo -. Quando siamo entrati in sala di registrazione era il primo giorno dopo il lockdown. L’orchestra ci ha ringraziato al nostro arrivo con un lungo applauso. “Pensavamo di non lavorare più” ci hanno detto. Vorrei uno Stato che inizi a considerare la cultura, l’arte, la letteratura, i dischi e quant’altro non un bene di lusso, ma un bene di necessità primaria, perché l’anima va alimentata come il corpo».

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