Buenos Aires (Argentina) - Le stelle del San Lorenzo de Almagro brillano sotto il cielo di Buenos Aires. Il "Ciclón", così è chiamata la squadra per cui fa il tifo anche papa Francesco, vince la sua prima Copa Libertadores, la Champions League del Sudamerica, e ora sogna di sfidare il Real Madrid al mondiale per club. Servirà un’altra impresa: ma chi fino a un anno e mezzo fa si trovava sull’orlo di una retrocessione nella serie B argentina, e oggi ha raggiunto il punto più alto della propria storia, non vuole porsi troppi limiti.
L’attesa è finita: la “Santa Copa” - come già la chiamano alcuni giornali - entra nelle bacheca del club di Boedo, che finalmente vede ridursi il gap con le squadre che conquistarono almeno una volta il trofeo più ambito: dal Boca Juniors al River Plate, dall’Independiente al Velez. Tra le grandi adesso c’è anche il "Ciclòn". O i “Cuervos”, i corvi, appellativo non proprio elegante riferito alla veste nera dei preti (il fondatore fu il salesiano padre Lorenzo Massa), ma che i tifosi hanno fatto proprio, cucendoselo al petto come una medaglia. Al punto da convincere il giornalista del Clarin Pablo Calvo a intitolare un libro sulla sua squadra del cuore “Dios es cuervo”.
A ripercorrere la Copa Libertadores, viene il sospetto che sia proprio così. Dalla qualificazione nella fase a gironi, avvenuta per il rotto per la cuffia, alla finale di ritorno iniziata tra i brividi, con il palo colpito, dopo appena un minuto di gioco, dai paraguayani del Nacional. Alla fine, dopo l’1-1 dell’andata, a segnare (su rigore) è Néstor Ortigoza, paraguayano anche lui, ma con indosso la camiseta azulgrana. Al triplice fischio, si scioglie di felicità Ignacio Piatti, due brevi parentesi in Italia, nelle giovanili della Roma e nel Lecce. È stato appena tesserato per il Montreal Impact, la squadra di Nesta e Di Vaio, e gli è stato concesso solo di giocare la finale di andata. I giornalisti di Fox Sports lo mettono in collegamento telefonico con i suoi ex compagni: «Questa vittoria è anche tua», gli dicono in diretta tv. Non una formula di cortesia: senza i suoi gol a Cruzeiro e Botafogo, il "Ciclòn" non sarebbe andato lontano.
Così, a trascinare gli argentini è il capitano Leandro Romagnoli, anche lui in partenza, destinazione Bahia. Un guerriero sul campo che si scioglie in lacrime quando viene sostituito. Lui, bandiera del San Lorenzo, appare già pentito di partire per il Brasile, ma intanto non si perde la bolgia della festa, che contagia gli spalti (44mila gli spettatori) e trasforma il barrio di Boedo in un immenso oceano di bandiere azulgrana. «Il club lo meritava. Ci sono tifosi che attendevano questo momento da una vita - commenta il numero 10 “cuervo” -. Alcuni hanno più di 80 anni, e mai avevano vissuto un’emozione simile». Neppure papa Francesco, socio e tifoso numero uno.
Giovedì o venerdì della prossima settimana, ha assicurato il vicepresidente Marcelo Tinelli, una delegazione del San Lorenzo porterà la coppa Libertadores da Bergoglio. E il Santo Padre quando ha saputo della vittoria «era felice», secondo quanto riferito a due radio argentine da monsignor Guillermo Karcher, il prelato che si occupa del protocollo vaticano: ora «aspetta i campioni a Roma - ha aggiunto - e li riceveremo con una grande festa». Il "Ciclòn", che solo un anno fa lottava per non affondare in seconda divisione, ha vinto il Torneo Inicial e ora il trofeo più importante del continente. Il San Lorenzo de Almagro, come dicono ora i telecronisti, è diventato San Lorenzo de América.