venerdì 29 settembre 2023
Il teologo e filosofo ceco propone una prospettiva di ampio respiro che reinterpreta l’istanza ecumenica alla luce della riforma che questo tempo di crisi domanda a tutte le Chiese. Il nuovo ebook
Tomáš Halík

Tomáš Halík - Epa

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Proponiamo qui un estratto dell’ebook gratuito Verso una nuova riforma del cristianesimo? di Tomáš Halík pubblicato da Vita e Pensiero (disponibile QUI), nel quale il teologo e filosofo ceco propone una prospettiva di ampio respiro che reinterpreta l’istanza ecumenica alla luce della riforma che questo tempo di crisi domanda a tutte le Chiese. L’unità dei cristiani, afferma Halík, sarà possibile solo nella cornice «dello sforzo teso a riunificare la famiglia umana tutta», assumendo la comune responsabilità nei confronti delle ferite che oggi affliggono il nostro mondo: cambiamento climatico, guerre, disuguaglianze. Una riforma che assicuri una rinnovata vitalità al cristianesimo esige insieme «un’incarnazione creativa della fede dentro la cultura viva, dentro il modo di pensare e di vivere della gente», la riscoperta della relazione tra dimensione spirituale e dimensione esistenziale della fede. Come si vede, prospettive e sensibilità che caratterizzano una Chiesa che trascende se stessa, in linea con la riforma sinodale promossa da papa Francesco.

Il cristianesimo si trova alle soglie di una nuova riforma. Non è né la prima, né la seconda, né l’ultima. La Chiesa, secondo le parole di Sant’Agostino, deve costantemente riformarsi, semper reformanda. Ma è soprattutto nei momenti di crisi e di grande cambiamento del mondo che la Chiesa deve assumersi il compito profetico di riconoscere e rispondere alla chiamata di Dio in relazione a tali segni dei tempi. [...]

Il cristianesimo ha bisogno di trascendere gli attuali confini mentali, istituzionali, confessionali, culturali e sociali per essere in grado di compiere la sua missione universale. Dobbiamo essere più aperti e recettivi nei confronti della chiamata di Dio, nascosta nelle «gioie e le speranze, le tristezze e le angosce» (Gaudium et spes, 1) delle persone con le quali abitiamo l’oikoumene, il mondo condiviso. Contribuiremo con la nostra testimonianza a trasformare questo mondo in una civitas ecumenica o ci renderemo complici, con la nostra indifferenza e il nostro egocentrismo, di un tragico scontro tra civiltà? Le comunità di fedeli diventeranno parte della soluzione alle difficoltà che al giorno d’oggi ci troviamo ad affrontare o diventeranno piuttosto parte del problema? La storia del mondo e quella della Chiesa non rappresentano né un progresso a senso unico né un declino permanente o un’alienazione da un passato idealizzato, quanto piuttosto un dramma sempre aperto, una costante battaglia tra grazia e peccato, tra fede e miscredenza, che si consuma in ogni cuore umano. [...]

Nella nostra parte di mondo, molte delle chiese che un tempo erano piene adesso sono vuote. Nei nostri paesi – ebbene sì, anche nei paesi tradizionalmente cristiani come la Polonia – il numero dei nones (così vengono denominate le persone che, nelle ricerche sociologiche, rispondono «nessuna» alla domanda circa la loro identità religiosa) sta crescendo rapidamente. In molti paesi il numero di persone che si identificano pienamente nelle Chiese e che partecipano attivamente alle loro attività è sempre più basso. Mentre il numero degli ex-cattolici ed ex-protestanti è sempre più alto. Tra i nones (coloro che non appartengono a nessuna religione), molti sono rimasti delusi e spesso scandalizzati dallo stato in cui versano le loro Chiese. Tra questi si annoverano coloro che si sono rivolti alle Chiese per trovare risposte alle loro serie domande esistenziali, ma che non hanno trovato altro che triti stereotipi religiosi.

Ci sono poi gli ‘apatei’, cioè gli indifferenti alla fede perché non hanno mai incontrato un cristianesimo che parli una lingua che possano capire e in cui possano credere. Altri sono stati cresciuti nella fede da bambini, ma una volta superata la sua forma infantile nessuno è stato in grado di offrirne loro una versione più matura. Quando Gesù ci porta a esempio i bambini, non ci sta invitando a cercare una religiosità infantile, ma ad essere aperti, spontanei, entusiasti e disinibiti, nonché a coltivare la capacità di crescere e di imparare tipica dei bambini.

Eppure in certe parti del mondo, a differenza dell’Europa e del Nord America, il numero di cristiani è in costante crescita. E questa notizia dovrebbe rallegrarci. Qui in Europa dovremmo ascoltare di più e capire le no- vità che le esperienze dei cristiani in Africa e in Asia portano alla teologia, alla liturgia e alla spiritualità. D’altro canto, non possiamo non chiederci se quelle stesse Chiese che oggi sono colme dell’entusiasmo di un cristianesimo giovane non rischino in futuro di subire lo stesso destino cui è andato incontro il cristianesimo in Occidente. [...]

L’obbiettivo della ‘nuova riforma’ è quello di trasformare e unificare il cristianesimo, tendendo all’unità di tutta la famiglia umana. È una meta escatologica, certo, ma noi, qui e oggi, abbiamo un passo importante da compiere. Dobbiamo riconoscere e accettare – con tutte le implicazioni del caso – che tutti gli esseri umani sono nostri fratelli, che hanno il diritto di veder riconosciuta la propria dignità e di essere accettati con rispetto, amore e solidarietà. In questo mondo lacerato i popoli, le nazioni, le culture e le Chiese sono alla ricerca della loro identità e di nuova speranza.

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